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Transgender, Parte 2 «Da quando vivo da donna trans e sono più risoluta, sto molto meglio»
Bruno Bötschi
13.2.2020
Già da bambine, Jenny, Lena e Nadia si sentivano diverse, non sentivano di essere dei ragazzi. Un’intervista in due parti sulle offese verbali nella vita di tutti i giorni, l’elevato tasso di suicidi e le donne trans famose.
La prima parte dell’intervista è stata pubblicata nei giorni scorsi e può essere letta qui.
Jenny, Lena e Nadia, l’estate scorsa abbiamo fatto una gita in barca insieme ad alcuni amici. Durante il viaggio si è verificata una situazione spiacevole.
Tutti: (in silenzio)
Sto parlando del momento in cui una persona del nostro gruppo ha detto: «Ah, voi travestiti!» Cosa ha suscitato in voi questa osservazione?
Lena: Personalmente quest’affermazione non mi ha turbato sebbene sia stata fatta in modo inaspettato e improvviso, tra l’altro da una persona che fino a quel momento avevo reputato di ampie vedute.
Nadia: L’affermazione mi ha scioccato, ma personalmente non mi sono sentita toccata. Infatti ho capito subito che questa persona stava facendo del male soltanto a se stessa. E mi sono chiesta: questa persona è così insensibile da non capire che la sua osservazione è del tutto inappropriata nel nostro gruppo? Nella mia scala delle simpatie, questa persona è precipitata sotto lo zero nel giro di un secondo.
Jenny: Ovviamente non va bene. Tuttavia mi sono trattenuta perché era un viaggio con amici e non volevo che la situazione degenerasse, ma sarebbe stato più opportuno rivolgersi a questa persona, sottolineare il suo comportamento irrispettoso e chiederle che tipo di problema avesse. Non mi avrebbe dato fastidio se avesse detto direttamente al gruppo: «Io non vi capisco. Non ci arrivo proprio, spiegatemelo di nuovo.»
In seguito, ho rimproverato questa persona dicendole che un’osservazione simile era del tutto fuori luogo e molto offensiva.
Lena: Sono stata molto contenta dell’obiezione fatta. Inoltre ho pensato che sia stato un bene aver discusso in seguito su questa dichiarazione denigratoria.
Jenny: So per esperienza che tali situazioni si traducono spesso in conversazioni che portano alla comprensione. Se invece si tratta di un attacco verbale, cioè di qualcuno che vuole solo sfogarsi e ferire ciò che è estraneo, allora diventa difficile e fa male, perché non posso difendermi adeguatamente in una situazione del genere.
Come affrontate le offese verbali nella vita di tutti i giorni?
Lena: In passato mi feriva profondamente quando qualcuno mi urlava qualcosa di offensivo in un ristorante o in strada. Tuttavia, ciò era legato anche al fatto che all’epoca mi sentivo ancora insicura e non sapevo esattamente chi fossi. Oggi penso il più delle volte che se una persona è così sciocca e intollerante, non vale la pena arrabbiarsi per le sue stupide affermazioni.
Quindi, in sostanza: come vivete la situazione attuale dei transgender in Svizzera?
Nadia: Grazie a Dio abitiamo a Zurigo, una città tollerante. Fortunatamente, qui al giorno d’oggi le reazioni malvagie contro i transgender sono rare.
Jenny: Purtroppo però anche a Zurigo continuano a verificarsi aggressioni. Ad esempio, la scorsa estate, è stato danneggiato uno stand autorizzato di attiviste trans. Questo non va affatto bene.
Lena: Ci sono però anche belle esperienze. Di recente sono andata a trovare una coppia di miei amici sposati e con dei figli. Dopo essere stata invitata da loro ho chiesto: «Posso venire come “Lena”?»
E cosa le hanno risposto?
Lena: «Ma certo! Così i nostri figli impareranno già da piccoli che esistono anche i transgender.» L’ho trovato fantastico.
Ciò che è evidente è che nei transgender la sfera intima viene violata molto più rapidamente. Vengono quasi costretti a dare informazioni sui loro genitali ed eventuali operazioni.
Lena: Purtroppo è vero e inoltre veniamo costantemente interrogati sul nostro comportamento sessuale. Anche questo non è affare di nessuno e sicuramente non di una persona che non conosco davvero bene.
Nadia: Se proprio dovessi farlo, parlerei di questi argomenti solo con gli amici più stretti.
Lena: Oh, ma è chiaro da molto: l’identità di una persona non viene definita esclusivamente dalle caratteristiche sessuali esterne.
Jenny: Mi piace attenermi a ciò che dice lo psicologo Udo Rauchfleisch. Una volta, durante una conferenza, disse che l’affermazione «Solo quando si fa il cambio definitivo di sesso allora è tutto davvero a posto» sarebbe un punto di vista ormai antiquato e assolutamente sbagliato. Oggi si sa che una persona può sentirsi donna senza sottoporsi necessariamente a un intervento per modificare il proprio sesso. L’importante è solo che l’individuo si senta a proprio agio.
Il pubblico è stato fortemente sensibilizzato sulla tematica della transessualità grazie al coming out di Caitlyn Jenner nel 2015 come donna trans. La signora Jenner, un tempo Bruce Jenner, fu campionessa olimpica di decathlon e oggi è una star della TV statunitense in quanto membro del clan Kardashian. Cosa ha significato personalmente per voi questo coming out?
Nadia: È stato un messaggio forte. Molti stati americani sono molto più avanti in termini di diritti dei transgender rispetto alla Svizzera, il che è probabilmente legato al fatto che gli statunitensi sono più attratti dallo sfarzo e dal glamour. Tuttavia, la Svizzera è stata protagonista di un episodio che ha attirato l’attenzione di noi transgender.
Quale?
Nadia: La transessuale bernese Coco – il documentario su di lei trasmesso nel 1991 dalla televisione svizzera fece conoscere il tema «trans» in tutto il Paese, suscitando molte discussioni.
Lena: Qui in Svizzera, Coco è stata la prima donna trans famosa e la sua vita è stata in parte fonte di ispirazione anche per me.
Oggi le donne con la barba vincono gare canore (Conchita Wurst). Gli eroi delle serie interpretano padri di famiglia transessuali («Transparent»). E ora esistono persino romanzi per bambini («George») sull’argomento. Visibilità non significa però affatto accettazione.
Jenny: Scusi, ma per me Jenner e co. appartengono all’alta società. Noi invece siamo solo persone che vogliono vivere normalmente. Personalmente penso che sia più importante aver festeggiato «50 anni di Stonewall» l’anno scorso. A New York, nel 1969, un gruppo di transgender, lesbiche e omosessuali, sistematicamente discriminati, oppose per la prima volta resistenza a una perquisizione. Pertanto l’evento è considerato dal movimento lesbo-gay come un punto di svolta nella lotta per l’uguaglianza e il riconoscimento. La battaglia è stata condotta essenzialmente da transgender, tra cui Sylvia Rivera e Marsha P. Johnson.
Lena: Hai ragione, Jenny. Allo stesso tempo, in quest’epoca dei social media, non voglio banalizzare la storia di Bruce/Caitlyn Jenner. È semplicemente fantastico quando una persona simile si alza in piedi e dice ai suoi seguaci su Instagram ecc: «Io sono quello che sono ed esistono molte altre persone che sono come me.»
Nadia: Penso anche che Caitlyn Jenner possa certamente essere un modello da seguire. Così come penso che sia fantastico che oggi i trans siano interpretati nei film da attori e attrici fantastici che sono trans loro stessi.
Eppure accade anche oggi che le persone che stanno attraversando una fase di transizione perdano il lavoro.
Nadia: Questo è vero, ma fortunatamente la maggior parte di loro riesce ad andare avanti senza grossi problemi. E a volte le difficoltà sorgono non tanto a causa dell’ambiente, quanto piuttosto della persona stessa.
Cosa intende?
Nadia: Mi è già capitato di vedere che durante la loro transizione, alcune persone si comportano come elefanti in un negozio di porcellane.
Suppongo che, come in qualsiasi altro gruppo sociale, tra i transgender ci siano tante persone complicate.
Nadia: Anch’io la penso così.
Lena: Sì, il che probabilmente ha anche a che fare con il fatto che, come per le persone cisessuali, ci sono persone trans molto diverse. L’essere trans non conosce nessuna componente professionale o sociale. Continuo a incontrare persone transgender con cui non ho niente in comune, a parte il fatto di essere transessuale, ma questo non è un male.
Un sondaggio condotto nel 2012 da «Transgender Network Switzerland» (TGNS) ha rivelato risultati spaventosi: si dice che il tasso di suicidio tra i trans sia 40 volte superiore alla media dell’intera popolazione nel suo complesso.
Lena: A essere sincera, questo numero spiacevole non mi sorprende. Quando una persona esce dai «normali schemi» della società, può diventare difficile, specie per una persona transgender. Quando nella vita familiare o lavorativa ci si trova improvvisamente davanti a un rifiuto, prima o poi si inizia a litigare, fin quando non si sa più come andare avanti.
Anche voi avete avuto questi pensieri?
Jenny: Credo che ognuno di noi viva dei momenti difficili da sopportare. Nel mio caso invece si è sviluppata più energia su cui ho potuto fare affidamento quando le circostanze della vita minacciavano di diventare difficili. In questi momenti sono stata contenta del fatto che esista il TGNS o il centro sanitario Checkpoint di Zurigo. Sapevo che lì non sarei rimasta sola con le mie preoccupazioni perché ci sono altre persone nella mia condizione e con cui posso confrontarmi. In queste situazioni consiglio vivamente a tutti di chiedere il supporto di un professionista.
Anche la vita di coppia e la famiglia del transgender risentono della transizione, ossia passare da un sesso a un altro.
Nadia: È vero, se ci si trova in una classica relazione uomo-donna, ci si deve aspettare che questa non sopravviva al cambiamento.
Jenny: Alcune relazioni però durano, ma si tratta di eccezioni.
Lena: Avevo due partner donna con cui convivevo ed entrambe sapevano che fossi una donna trans. È stato difficile, ma allo stesso tempo stimolante. La mia ultima compagna era inizialmente riluttante, ma quando una sera tornai a casa come Lena e lei era già a letto, mi disse: «Non struccarti, ora voglio fare sesso con Lena.» È stata una nuova esperienza emotiva per entrambe.
Si legge molto spesso che essere trans va di moda. L’icona transgender Laverne Cox tuttavia ha affermato in un’intervista allo «Spiegel»: «In generale, ho un problema con le cosiddette tendenze: la diversità non è una tendenza, l’uguaglianza e la giustizia non dovrebbero essere tendenze.»
Nadia: Sottoscriverei immediatamente questa affermazione.
Jenny: Forse noi transgender siamo un po’ esotici agli occhi di un cittadino medio, ma non siamo una tendenza. Ci assicuriamo invece che la società dimostri quell’apertura necessaria.
Qual è la richiesta più frequente dei transgender?
Lena: Non essere ignorati.
Jenny: Accettazione è la prima parola che mi viene in mente …
Nadia: … e che possiamo vivere come vogliamo.
Che consigli date alle persone che, come voi, sentono di vivere nel corpo sbagliato? ...
Jenny: ... No, la domanda non può essere fatta in questo modo, io non vivo «nel corpo sbagliato».
Mi scusi, come porrebbe la domanda?
Jenny: Avete consigli per le persone che si sentono come voi ma che non sanno a chi rivolgersi?
E cosa suggerite?
Jenny: Come già detto, si può ricevere supporto e consulenza presso Checkpoint e TGNS, il quale organizza regolarmente anche degli incontri per persone con le stesse opinioni. Inoltre è importante prendere coraggio, diventare visibili e imparare assolutamente a esprimersi.
Nadia: Un transgender deve assolutamente assecondare i suoi bisogni e capire ciò che è bene per lui. Sì, esistono centri di supporto fantastici e il TGNS mi ha sempre aiutato.
Lena: Secondo la mia esperienza spesso siamo noi stessi a essere il nostro più grande ostacolo.
In che senso?
Lena: Spesso ci preoccupiamo troppo di cosa pensano gli altri e delle loro reazioni. Ci orientiamo in base alla pressione della società. Quando però ci liberiamo delle nostre barriere, improvvisamente sperimentiamo un’accettazione dove non ce l’aspettavamo e vediamo nuove vie e nuove porte aprirsi.
Potete leggere la prima parte dell’intervista qui.
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