«Bötschi domanda» Rüdiger Nehberg: «Non sono mai stato disperso»

Bruno Bötschi

23.1.2020

Rüdiger Nehberg sui suoi addestramenti alla sopravvivenza: «Non volevo solo leggere sull’argomento, volevo anche mettere in pratica il tutto io stesso ed esplorare posti nuovi. Volevo sapere come si costruisce un igloo e anche come fuggire da una casa in fiamme.»
Rüdiger Nehberg sui suoi addestramenti alla sopravvivenza: «Non volevo solo leggere sull’argomento, volevo anche mettere in pratica il tutto io stesso ed esplorare posti nuovi. Volevo sapere come si costruisce un igloo e anche come fuggire da una casa in fiamme.»
Nehberg

Rüdiger Nehberg, 84 anni, ha conquistato foreste vergini e oceani. Nel corso degli anni, l’avventuriero è diventato un attivista per i diritti umani. Una conversazione sulla vita nella natura selvaggia, la lotta contro le mutilazioni genitali femminili e la morte.

Signor Nehberg, le confesso che quando ero giovane la odiavo.

E perché mai?

Nel 1989, durante la trasmissione «Eins zu Eins: Steinzeit-Survival» ha mangiato insetti e vermi in una diretta televisiva svizzera. Ho avuto gli incubi.

Ah, ecco cosa intende.

All’epoca si trovava nello studio televisivo in qualità di moderatore e da lontano dava consigli ai candidati, tre donne e due uomini, su come sopravvivere al meglio in un bosco nel Canton Giura. Tra le altre cose, ha raccontato che le cavallette sanno di noccioline. Perché allora stava seduto nello studio anziché essere all’aperto a esplorare i boschi?

Ha ragione, me lo sono chiesto anch’io. Avrei preferito stare all’aria aperta in mezzo alla natura. Purtroppo questa non era l’idea della trasmissione. I candidati dovevano essere lasciati soli e sopravvivere due settimane senza alcun aiuto della civiltà.

Oggi ci sono addirittura cavallette fritte, tarme della farina e larve di tarme in vendita al supermercato: mangia anche questi?

Di recente mi trovavo nel Canton Vallese per una conferenza. Lì ho incontrato un uomo che gestisce un allevamento di insetti a Zurigo. Mi ha fatto assaggiare biscotti alle tarme della farina.

E?

Ne ho mangiato subito 500 grammi, per quanto erano buoni.

Rüdiger Nehberg sui serpenti: «Già da bambino ne ero affascinato. Mi colpiva come questi esseri viventi potessero farcela magnificamente senza braccia e gambe.»
Rüdiger Nehberg sui serpenti: «Già da bambino ne ero affascinato. Mi colpiva come questi esseri viventi potessero farcela magnificamente senza braccia e gambe.»
Nehberg

Quali insetti sono per lei delle prelibatezze e quali consiglierebbe per un consumo regolare?

I miei preferiti sono le tarme della farina e le cavallette. Durante i miei viaggi in Amazzonia mi sono spesso nutrito anche di noci cadute dalle palme. Ogni tanto dentro c’erano anche dei bruchi grossi come un dito...

… e ha mangiato anche quelli?

Sì, ovviamente ed erano buoni esattamente come le noci dentro cui si trovano, ma più teneri, cremosi, dolci e unti.

Cosa la affascina della vita selvaggia?

In natura si vede il funzionamento di tutte le cose e le relazioni tra loro, dalla zanzara alla balena. Questo mi affascina fin da quando ero bambino. Da piccolo ero particolarmente attratto dai serpenti. Mi colpiva come questi esseri viventi potessero farcela magnificamente senza braccia e gambe. È stato mio padre a farmi conoscere per primo i serpenti.

Suo padre le ha anche spiegato il mondo?

No, non direi che mi abbia spiegato il mondo. Mio padre era un funzionario ma io preferivo stare all’aria aperta in mezzo alla natura. Se avesse fatto a modo suo, sarei diventato un bancario. Ho fatto anche un periodo di prova in banca ma già dopo una settimana mi è venuta un’emicrania terribile e riuscivo a malapena a parlare. Confrontare numeri e occuparmi della ricchezza di altre persone non faceva per me. Successivamente ho deciso di lavorare nell’industria alimentare e ho appreso la pasticceria.

Glielo richiedo: chi le ha spiegato la natura?

Andavo spesso a passeggiare con i miei genitori. Durante queste gite, mio padre o mia madre mi spiegavano alcune cose. Ho avuto modo di conoscere il mondo vegetale e quello animale solo quando, da adulto, mi sono occupato per la prima volta del tema della "sopravvivenza".

Lei ha lavorato come pasticcere ad Amburgo ed era il proprietario di un negozio con 50 dipendenti. Come è arrivato al tema "sopravvivenza"?

Tramite dei libri che avevo comprato negli Stati Uniti. Tuttavia mi resi subito conto che gli autori spesso non avevano proprio testato i loro consigli. Uno copiava dall’altro e non si andava oltre l’abbiccì della sopravvivenza. Ma non volevo solo leggere sull’argomento "sopravvivenza", volevo anche mettere in pratica il tutto io stesso ed esplorare posti nuovi. Volevo sapere come si costruisce un igloo e anche come fuggire da una casa in fiamme o quanto tempo potessi sopravvivere senza mangiare.

Rüdiger Nehberg (insieme a un indiano waiãpi nella foresta vergine del Brasile) sulla sua vita da esploratore: «Mi ha soddisfatto molto. E se riesco a realizzare qualcosa che è socialmente accettabile, allora mi rende persino felice. Ma l’ho capito troppo tardi. All’inizio ero troppo fissato con il mio lavoro ereditario.»
Rüdiger Nehberg (insieme a un indiano waiãpi nella foresta vergine del Brasile) sulla sua vita da esploratore: «Mi ha soddisfatto molto. E se riesco a realizzare qualcosa che è socialmente accettabile, allora mi rende persino felice. Ma l’ho capito troppo tardi. All’inizio ero troppo fissato con il mio lavoro ereditario.»
Nehberg

Cosa è successo in seguito?

Ho iniziato ad allenarmi. Ad esempio, ho guidato verso un lago ghiacciato, ho fatto dei fori nel ghiaccio e mi sono tuffato da un buco all’altro. Quando ci si interessa di qualcosa, si conoscono abbastanza in fretta anche specialisti che sono disposti a condividere il loro sapere. Anche se non sono mai stato un soldato, mi è stato permesso di partecipare a molti allenamenti delle forze armate. Ho sempre ricambiato il favore con lezioni di "sopravvivenza" durante le quali ho raccontato di come abbia rischiato di farmi stritolare da un serpente gigante.

Cosa l’ha spinta a farlo?

Forse soffro della sindrome della crocerossina, mi piace l’avventura e ho sempre voluto avere una vita emozionante. Come ho detto all’inizio: non sono fatto per stare seduto in ufficio a guardare che companatico mangiano gli altri. Ho sempre voluto fare qualcosa, volevo stare all’aperto in mezzo alla natura.

Ha iniziato la sua carriera di "Papa della sopravvivenza", come l’ha definito una volta lo Spiegel, quasi 50 anni fa: all’epoca attraversò il Nilo Azzurro in Etiopia a bordo di una zattera. Durante un’altra spedizione sul fiume nel 1975, lei fu aggredito e il suo cameraman sparato e ucciso. Questa disgrazia non le ha impedito di vivere altre avventure?

No, neanche per un secondo - all’epoca eravamo in tre in viaggio ed eravamo tutti ben consapevoli del fatto che una cosa del genere potesse accadere. Si verificano incidenti stradali mortali tutti i giorni, eppure continuiamo ad attraversare la strada.

Sembra un tipo impavido. Ci sono animali, piante o eventi atmosferici di cui ha paura o per i quali ha almeno rispetto?

In tutti questi anni ho capito che gli animali e il tempo atmosferico sono prevedibili quasi al 100%. L’unica cosa che rimane incalcolabile è l’essere umano: lo si può valutare correttamente solo se ci si aspetta il peggio e si è felici quando le cose vanno meno male.

Quindi non c’è nessun animale al mondo di cui ha paura?

Paura no, rispetto sì. Ignorare la paura può uccidere rapidamente.

Nel corso degli anni, lei è passato da avventuriero ad attivista per i diritti umani. Si potrebbe dire che lei sia uno dei predecessori di Greta Thunberg. La pensa così anche lei?

Sì e no. Greta è molto più radicale di me e questo è legato al fatto che lei si trova in un’altra situazione di emergenza. I giovani d’oggi devono pagare le conseguenze dei pasticci in cui noi, le generazioni più anziane, li abbiamo cacciati.

È un fan di Greta?

Greta mi piace e trovo la sua perseveranza esemplare. Dovrebbe essere un monito per tutti i politici che oggi continuano a parlare di obiettivi climatici per il 2030 o 2050. In quegli anni, probabilmente queste persone non saranno più in vita e pertanto non potranno più essere ritenute responsabili. È chiaro che il nostro pianeta andrà in rovina più velocemente rispetto alle previsioni e che anche l’intervento dei politici non possa contrastare questo fenomeno. I politici sono integrati nella lentezza della democrazia. A mio parere, i problemi maggiori sono la sovrappopolazione e gli eccessi dell’uomo. Ciò va contro la natura di ogni essere vivente di migliorarsi, per la sopravvivenza del più forte.

Rüdiger Nehberg: «Greta è molto più radicale di me e questo è legato al fatto che lei si trova in un’altra situazione di emergenza. I giovani d’oggi devono pagare le conseguenze dei pasticci in cui noi, le generazioni più anziane, li abbiamo cacciati.»
Rüdiger Nehberg: «Greta è molto più radicale di me e questo è legato al fatto che lei si trova in un’altra situazione di emergenza. I giovani d’oggi devono pagare le conseguenze dei pasticci in cui noi, le generazioni più anziane, li abbiamo cacciati.»
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Per lei che cos’è l’attivista svedese per il clima? Un’icona o un burattino?

Come ho già detto, penso che l’impegno di Greta sia fantastico. E no, per me non è un burattino. Ascoltando le sue interviste si percepisce la sua prontezza di parola. Greta è una donna giovane, intelligente e responsabile. Durante il suo discorso all’ONU ho applaudito di fronte alla televisione.

Anche lei smuove sempre l’opinione pubblica con azioni spettacolari. Ad esempio, nel 1989 ha attraversato l’Atlantico con un pedalò per attirare l’attenzione sul destino del popolo indiano Yanomami in Amazzonia, in Brasile.

Dopo aver trovato gli Yanomami nella loro gigantesca foresta, ho capito che loro e il loro spazio vitale erano minacciati dai cercatori d’oro. Sono diventato testimone oculare di un genocidio imminente: a un certo punto mi sono reso conto che gli indigeni non possono aiutarsi da soli, l’aiuto deve venire da fuori. Se non avessi fatto nulla, mi sarei reso complice. In seguito ho scritto un libro sugli Yanomami, ma non ho ottenuto grossi risultati. Mi serviva più attenzione. I fallimenti non mi hanno mai depresso, anzi: hanno stimolato la mia creatività.

Il problema nell’organizzazione del suo viaggio su un pedalò era che non sapeva nulla di navigazione…

… ma come succede spesso nella vita, ho avuto fortuna. Vicino a casa mia abitava un vecchio capitano che mi spiegò tutto. Poiché all’epoca non esisteva il GPS, la navigazione era possibile solo con un sestante. E quell’uomo mi diede anche altri consigli pratici: gettò alcuni pezzi di polistirolo nel WC e tirò lo sciacquone. Una volta che l’acqua tornò calma, i pezzi di polistirolo galleggiavano in superficie intatti. Secondo lui, la mia barca avrebbe dovuto funzionare allo stesso modo, niente sarebbe dovuto affondare.

Rüdiger Nehberg sugli Yanomami: «Dopo averli trovati, ho capito che loro e il loro spazio vitale erano minacciati dai cercatori d’oro. Sono diventato testimone oculare di un genocidio imminente - a un certo punto mi sono reso conto che gli indigeni non possono aiutarsi da soli, l’aiuto deve venire da fuori. Se non avessi fatto nulla, mi sarei reso complice.»
Rüdiger Nehberg sugli Yanomami: «Dopo averli trovati, ho capito che loro e il loro spazio vitale erano minacciati dai cercatori d’oro. Sono diventato testimone oculare di un genocidio imminente - a un certo punto mi sono reso conto che gli indigeni non possono aiutarsi da soli, l’aiuto deve venire da fuori. Se non avessi fatto nulla, mi sarei reso complice.»
Nehberg

Cosa l’affascinava degli Yanomami?

Gli Yanomami non conoscono l’idea di progresso e profitto. Non c’è sovrappopolazione e non esistono sprechi. Non pensano in continuazione al domani ma vivono alla giornata. Mi affascinava il loro stile di vita e probabilmente è per questo che mi piacciono così tanto.

Grazie al suo contributo, nel 2000 gli Yanomami, uno degli ultimi popoli indigeni della foresta pluviale brasiliana, ottennero riconoscimento e protezione. Com’è la situazione degli Yanomami oggi?

Gli Yanomami continuano a vivere in condizioni di pace accettabili. Nella regione ci sono comunque dei cercatori d’oro, ma si tratta di un numero nettamente inferiore rispetto a quello degli anni 80. Gli Yanomami hanno un capo molto saggio: Davi Kopenawa quest’anno è stato insignito del Premio Nobel per la pace alternativo. Kopenawa è ben consapevole che la pace non durerà per sempre, perché l’avidità dall’esterno continuerà a crescere. Ecco perché continua ad abbandonare la zona di protezione: per conoscere i suoi avversari ed essere preparato nel caso in cui questi in futuro dovessero riprendere a fare pressione.

Nel 2003 è stato in viaggio in Amazzonia e per 25 giorni è risultato disperso. Questa è stata la sua maggiore esperienza al limite?

Continuano a dire che ero disperso. Questo è sensazionalismo da parte di alcuni media e per me è solo imbarazzante. All’epoca sapevo sempre dove mi trovavo. Nelle mie zone preferite non ci sono cassette postali e non mi piace viaggiare con il telefono satellitare.

E invece?

Per me quella non era una situazione particolare, perché sapevo dove mi trovavo per tutto il tempo.

Si è fatto calare da un elicottero a 50 metri d’altezza con una fune e quasi senza attrezzatura per conquistare la foresta vergine con tutti i suoi pericoli, ad esempio le piante e gli animali velenosi.

Ad essere sincero, ero persino contento di aver perso un pannello solare dopo pochi giorni e che quindi il mio telefono non funzionasse più. Infatti il mio scopo era quello di farcela senza aiuti tecnologici.

E la macchina fotografica che aveva dentro un sacchetto di gomma?

Per me questo è sempre stato un compromesso per poter portare a casa alcuni documenti.

Come sapeva quali animali e quali piante si possono mangiare?

Lo sapevo dalle nozioni di sopravvivenza. La maggior parte è commestibile. In generale, i coleotteri non lo sono, non sanno di nulla, invece le zanzare e i vermi sì. Quando il fango si diradò, la riva era piena di vermi - sembravano come spaghetti sul piatto.

Rüdiger Nehberg: «Al Cairo, nel 2006, abbiamo organizzato un convegno internazionale di studiosi all’Università al-Azhar. Il Gran Muftì dell’Egitto, Ali Gum’a, ha persino patrocinato l’evento. Il successo è stato che questi alti luminari religiosi hanno emanato una fatwa, un responso giuridico islamico»
Rüdiger Nehberg: «Al Cairo, nel 2006, abbiamo organizzato un convegno internazionale di studiosi all’Università al-Azhar. Il Gran Muftì dell’Egitto, Ali Gum’a, ha persino patrocinato l’evento. Il successo è stato che questi alti luminari religiosi hanno emanato una fatwa, un responso giuridico islamico»
Nehberg

Da quasi 20 anni, lei e sua moglie Annette, con la vostra associazione Target, vi battete per porre fine alle mutilazioni genitali femminili. Cosa vi ha spinto a intraprendere questa battaglia?

Quando finalmente gli Yanomami dell’Amazzonia ebbero pace, dovevo avere una nuova missione. Nel 1977, quindi già anni prima, avevo viaggiato con una carovana nel Deserto dei Dancali. In Eritrea, in quel periodo, incontrai una giovane donna che mi parlò apertamente della sua mutilazione genitale. Ma a quel tempo non potevo immaginare che un estraneo potesse opporsi a una tale tradizione. Grazie all’esperienza con gli Yanomami ho capito che le cose sono cambiate. Ho imparato che nessuno è troppo piccolo per cambiare il mondo. Per questo, nel 2000 ho osato prendere posizione contro le mutilazioni genitali per la prima volta.

Anche altri popoli hanno usanze brutali. Perché non si può accettare la circoncisione come usanza di un’altra cultura?

Oh, per favore, si tratta di tutta un’altra dimensione. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità OMS ci sono da 6'000 a 8'000 vittime. Molte ragazze muoiono per infezioni, emorragie o per lo shock e quelle che riescono a farcela soffrono per tutta la vita e sono private della loro dignità. A proposito, non sono solo i musulmani a circoncidere le loro donne, lo fanno anche i cristiani.

Finora qual è il suo più grande risultato nel campo delle mutilazioni genitali?

Al Cairo, nel 2006, abbiamo organizzato un convegno internazionale di studiosi all’Università al-Azhar. Il Gran Muftì dell’Egitto, Ali Gum’a, ha persino patrocinato l’evento. Il successo è stato che questi alti luminari religiosi hanno emanato una fatwa, un responso giuridico islamico: «La mutilazione genitale femminile è un crimine punibile che viola i più alti valori dell’Islam.» Purtroppo, questo non si è diffuso in tutto il mondo come sperato. La vergogna di parlare degli organi genitali femminili supera la razionalità. In seguito abbiamo documentato la conferenza nel cosiddetto "Libro d’oro", un modello di sermone per gli imam delle moschee.

Anche nelle sue conferenze, la mutilazione è un tema importante.

Si immagini questa situazione: davanti ai vostri occhi, in una capanna, un mutilatore tradizionale taglia i genitali esterni di una bambina, senza anestesia, con una lama di rasoio fissata dalle mani della madre e da quelle delle zie. Non può fare nulla perché si tratta di una tradizione ineluttabile che risale a migliaia di anni fa. Il compito di mia moglie Annette è stato quello di documentare tutto ciò. È stato così terribile che ancora oggi ha gli incubi. Tuttavia è riuscita a filmare questa tragedia, questo insulto all’Islam. E le è stato permesso di mostrare questo film durante la conferenza degli studiosi di al-Azhar nel 2006. È stato un evento senza precedenti. Le immagini convincono.

Rüdiger Nehberg: «Ho ancora tantissimi progetti. E quando il mio ottimismo mi abbandona, c’è Annette a venire in mio aiuto con il suo, e allora torna tutto a posto.»
Rüdiger Nehberg: «Ho ancora tantissimi progetti. E quando il mio ottimismo mi abbandona, c’è Annette a venire in mio aiuto con il suo, e allora torna tutto a posto.»
Nehberg

Qual è il suo prossimo obiettivo?

Il mio ultimo obiettivo è la cooperazione con l’Arabia Saudita. Lì le donne non vengono mutilate, ma se a La Mecca, il luogo natio del Profeta e dell’Islam, venisse proclamato a tutti i pellegrini: «Mutilando le vostre donne, voi insultate la religione, insultate Allah, il Creatore di tutti noi» allora questo avrebbe un potere incredibile, ma solo il re saudita potrebbe fare un simile annuncio. Tuttavia non siamo ancora riusciti ad arrivare a lui con la nostra richiesta, nonostante l’importante sostegno.

È già stato in Arabia Saudita?

Sì, siamo addirittura arrivati fino al Segretario generale del Gran Muftì e fino all’OIC, l’ONU islamica, finora senza successo. Chissà, forse c’è qualcuno tra i lettori di «Bluewin» che ci può procurare un contatto con la casa reale.

Una volta ha affermato di essere un tipo maldestro che ha avuto molta fortuna. Perché proprio lei ne ha avuto così tanta?

Alla fine la fortuna c’è sempre. Tuttavia preferirei una vita breve e intensa piuttosto che una vita lunga e noiosa. Infatti ero anche pronto ad accettare un’eventuale morte prematura.

L’anno prossimo compirà 85 anni…

… ci arriverà anche lei.

Guardando indietro: cosa avrebbe voluto fare di diverso nella sua vita?

La vita da avventuriero è molto soddisfacente. E se riesco a realizzare qualcosa che è socialmente accettabile, allora mi rende persino felice. Ma l’ho capito troppo tardi. All’inizio ero troppo fissato con il mio lavoro ereditario. Come proprietario di una pasticceria avevo delle responsabilità e ovviamente non volevo nemmeno fallire. La vendetti nel 1990. A proposito, la pasticceria esiste ancora, fu acquistata da un ex dipendente. Quindi, col senno di poi, dico: avrei dovuto farlo 20 anni prima, così avrei avuto 20 anni di vita più significativa.

Una volta ha detto che stare fermo non fa per lei. A 84 anni continua a tenere regolarmente conferenze. Come ci riesce?

Oh, ho già degli acciacchi. Le mie forze sono ridotte e devo tenere conto di quelle che mi sono rimaste. Di recente ho avuto una distorsione alla gamba e attualmente sto usando una stampella. Quando tornerò ad Amburgo, dovrò sottopormi a un’operazione al ginocchio.

Presto verrà anche pubblicato un suo libro.

Dovrebbe avvenire nella primavera 2020. Il libro si intitola «Dem Mut ist keine Gefahr gewachsen» (Il coraggio non è sinonimo di pericolo). È un vecchio detto beduino e credo che mi si addica parecchio. Il libro sarà una sorta di curriculum.

Rüdiger Nehberg: «Sono molto occupato con il nostro grande progetto "Clinica ostetrica" nella regione di Afar, in Etiopia, un rifugio per donne che sono state violate.»
Rüdiger Nehberg: «Sono molto occupato con il nostro grande progetto "Clinica ostetrica" nella regione di Afar, in Etiopia, un rifugio per donne che sono state violate.»
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Chi intraprende avventure così rischiose deve inevitabilmente affrontare anche l'idea della propria morte. Come si immagina la fine della sua vita?

Finché potrò, farò del mio meglio per realizzare la mia missione a La Mecca. E a un certo punto, si spera inaspettatamente e improvvisamente, il mio tempo sarà finito.

A proposito della sua morte, nel 2014 lei ha detto che non vorrebbe mai vivere in una casa di riposo.

È ancora così.

Inoltre ha detto: «Voglio anche avere la morte sotto controllo…»

Basta! Non voglio più parlare della morte. Parliamo della vita. Ho ancora tantissimi progetti. E quando il mio ottimismo mi abbandona, c’è Annette a venire in mio aiuto con il suo, e allora torna tutto a posto.

Durante le sue conferenze si percepisce che lei ha ancora molta forza. Dove la trova?

La mutilazione genitale, un crimine terribile, ha scatenato una rabbia, un’impotenza, ma anche molta fantasia e creatività in me e in mia moglie. Abbiamo detto alle ragazze rese invalide che non avremmo potuto salvarle ma abbiamo giurato loro che fin quando avremo vita lotteremo affinché le loro figlie e nipoti non debbano più essere sottoposte a questa tortura. Questa battaglia mi dà forza. Inoltre sono molto occupato con il nostro grande progetto "Clinica ostetrica" nella regione di Afar, in Etiopia, un rifugio per donne che sono state violate. Questi sono i compiti per i quali cerchiamo sostegno da parte dei nostri seguaci. Altrimenti sarei stato pensionato già da un pezzo e probabilmente mi starei chiedendo quando il prossimo numero dell’oroscopo e dei cruciverba arriverà nella mia cassetta delle lettere.

Trovate ulteriori informazioni sulla vita di Rüdiger Nehberg e i progetti della sua associazione qui.

Il redattore di «Bluewin» Bruno Bötschi intervista regolarmente personalità famose con il gioco domanda-risposta «Bötschi fragt». Bötschi vanta notevole esperienza nelle interviste. Per la rivista «Schweizer Familie», ha seguito per molti anni la serie «Traumfänger». A tal proposito, ha posto a oltre 200 persone la domanda: Da bambini si hanno tanti sogni – se ne ricorda? Il libro della serie «Traumfänger» è uscito presso la casa editrice Applaus Verlag, Zurigo. È disponibile in libreria.
Il redattore di «Bluewin» Bruno Bötschi intervista regolarmente personalità famose con il gioco domanda-risposta «Bötschi fragt». Bötschi vanta notevole esperienza nelle interviste. Per la rivista «Schweizer Familie», ha seguito per molti anni la serie «Traumfänger». A tal proposito, ha posto a oltre 200 persone la domanda: Da bambini si hanno tanti sogni – se ne ricorda? Il libro della serie «Traumfänger» è uscito presso la casa editrice Applaus Verlag, Zurigo. È disponibile in libreria.
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