Festival Ecco le pagelle di Sanremo visto dal mio divano: Fiorello e Amadeus al capolinea?

Paolo Beretta

11.2.2024

Fiorello e Amadeus, mattatori dell'ultima serata.
Fiorello e Amadeus, mattatori dell'ultima serata.
KEYSTONE

Comodamente seduto sul mio divano mi sono guardato le cinque serate del Festival di Sanremo. Cosa m'è piaciuto? Cosa meno? Quali co-conduttori e ospiti hanno spaccato? Quali potevano far meglio? È l'ultima edizione di Amadeus? Dopo la gaffe con Travolta la carriera di Fiorello è finita? Mengoni presenterà il Festival fra 15 anni? Cuccarini dall'anno prossimo? 

Paolo Beretta

11.2.2024

Trenta cantanti in gara, in arrivo da generi così diversi, sono troppi? Sì, per chi come me vuole dare dei voti con cognizione di causa. Ecco perché mi limito, qui di seguito, a giudicare le performances dei personaggi che hanno gravitato attorno alla musica e che hanno reso piacevole il Festival. O almeno ci hanno provato.

Le serate: 8, lunghe e riuscite, ma migliorabili

Le cinque serate sulle quali è spalmato il Festival hanno lasciato buone sensazioni, ma possono essere migliorate. Tutte di alta qualità musicale e teatrale, sono però nel complesso risultate troppo lunghe per chi, come molti di noi, hanno una vita normale e il giorno dopo devono comunque andare a lavorare.

So che i vari collegamenti esterni sono praticamente obbligatori per dar visibilità agli sponsor, ma a me danno molto fastidio. Che sia il palco esterno o quello sulla nave, mi piacerebbe non ci fossero.

Certo, a livello logistico sono delle ottime soluzioni per dare il tempo per il grandissimo lavoro dietro le quinte che devono fare i tecnici dell'Ariston, visti anche i ben 30 concorrenti in gara.

Visti gli ascolti vertiginosi il palco di Sanremo è molto importante per promuovere i programmi della RAI, soprattutto per le fiction con una parata di stelle come Edoardo Leo e Sabrina Ferilli. Forse troppe? 

La speranza è che in futuro le serate siano meno lunghe o che inizio prima. Le oltre cinque ore di diretta sono sicuramente ghiotte occasioni per raccogliere soldi con la pubblicità, ma forse il popolo di Sanremo sarebbe contento di un'oretta di sonno in più. Io di sicuro sarei favorevole.

Amadeus: 9, è quasi perfetto, difficile fare di meglio

Amadeus, fatto salvo il mezzo passo falso del balletto del qua qua, non sbaglia praticamente nulla. Alla quinta edizione del suo Festival potrebbe presentarlo a occhi chiusi.

Mai sopra le righe, è molto bravo a disinnescare praticamente ogni possibile polemica. Basti pensare che con una semplice frase, e senza fare tanti grandi discorsi o arrabbiarsi eccessivamente, ha messo tutti d'accordo sul «caso John Travolta»: «A mio parere oggi si è parlato troppo di John Travolta e davvero troppo poco del ritorno alla musica del Maestro Giovanni Allevi».

Amadeus in questa edizione raccoglie poi il frutto di un intenso lavoro dietro le quinte, che dura ormai cinque anni. Ha saputo instaurare un clima positivo, lasciando da parte scontri e polemiche. Ha dimostrato che il Festival non ne ha bisogno per farsi guardare e apprezzare.

Anzi, grazie all'idea (sua o dei suoi autori?) di far diventare i cantanti presentatori per una sera, ha messo quasi tutti d'accordo. Poteva non funzionare, ma invece è stato divertente e ha permesso di mostrare artisti che, almeno sul palco, si apprezzano. Che poi magari dietro le quinte non è manco vero. Ma almeno davanti alle telecamere sì.

E nella nostra società iper tecnologica, molto individualista, conflittuale, dove sembra che a contare sia solo la competizione, vedere quest'umanità, non è scontato. Un invito, forse nemmeno troppo voluto, a essere più uniti.

Amadeus ha quindi avuto la capacità di riportare al centro di tutto la musica e i suoi protagonisti. Ha dato spazio a realtà musicali molto diverse. E questa diversità ha dato ritmo alle lunghissime serate, facendo trovare praticamente agli ascoltatori di tutti i tipi almeno un elemento da apprezzare.

Insomma con Amadeus il Festival è diventato un punto di incontro anche tra le diverse generazioni, grazie al fatto che c'è un buon mix sul palco di veterani dello spettacolo e giovani cantanti che portano in dote il pubblico sui social (che così magari amplia i suoi orizzonti musicali?).

Sanremo ha il pregio di riunire la gente davanti alla TV. Gli ascolti stratosferici e i record di visualizzazioni sul web lo dimostrano. Aiuta molto, in questo senso, la serata «karaoke» delle cover. Vecchie e consolidate glorie che hanno ancora qualcosa da dare e da dare alle giovani generazioni, che non mostrano eccessivo timore reverenziale. Con buona pace di chi pensa sia kitsch o trash.

Da mai dimenticare è che il Festival è un programma di varietà, di musica e divertimento, mica un corso di filosofia. 

Amadeus (e il suo team) ha poi azzeccato i conduttori e le conduttrici di serata. Tutti hanno fatto in positivo la differenza, non snaturando la loro identità e sfruttando le loro unicità. Menzione speciale a Mengoni (vi dirò poi perché).

Ammesso, e non concesso, che sia stata l'ultima edizione di Amadeus, chi verrà dopo di lui avrà un compito davvero difficile. Una sola speranza: che la persona scelta, sia un uomo o una donna, sia competente e non sia messa lì solo per giochi politici o calcoli strategici. 

Marco Mengoni: 8,5, timidezza, simpatia e voce spettacolare

In Marco Mengoni ho visto il presentatore del Festival del futuro. Ora ha troppo lavoro, deve mandare avanti una carriera (pure internazionale) che promette di essere stratosferica e deve farsi ancora un po' di esperienza. Ma tra una quindicina d'anni non è da escludere che le redini di Sanremo potrebbero dargliele per davvero. O no?

Tornando al presente, la sua timidezza iniziale, la sua naturale simpatia esaltata con dei siparietti che hanno funzionato visivamente e comicamente molto bene, coniugati con le sue esibizioni, gli hanno permesso di indossare a meraviglia i, per lui inediti, panni del conduttore.

Giorgia: 8, la sua voce incanta tutti

È la co- conduttrice che mi è apparsa la meno a suo agio sul palco quando si è trattato di presentare i colleghi e nel duettare con Amadeus. In questo senso non è stata aiutata a sufficienza nelle battute scrittegli.

Ma onestamente? Non me ne frega nulla.

Ci ha deliziati con la sua voce e con un medley dei suoi successi più grandi da far venire la pelle d'oca. Penso che se fosse stata in gara avrebbe vinto, senza nulla togliere a Angelina Mango, pure con una vecchia canzone. Sarebbe bello torni sul palco come concorrente.

Teresa Mannino: 8,5, vitalità da vendere, dà ritmo e fa ridere

Mannino ha portato una ventata d'aria fresca. Anche se probabilmente tutte le gag delle sue entrate "sbagliate" erano preparate a tavolino, ha dato pepe, ritmo. Che sarebbe stata una serata un poco diversa dalle altre s'era capito sin dal primo siparietto con lei che si rifiuta di scendere da una delle due scalinate principali «con la curva poi».

Il monologo finale fa forse ridere meno del previsto, ma nel complesso Mannino mi/ci ha fatto sorridere parecchio. Da un suo intervento nasce poi uno dei momenti più esilaranti di tutte le serate... aiutata da Russell Crowe, che ha civettato il collega John Travolta, facendo scoppiare la platea in quella che mi è sembrata la risata più genuina del Festival. 

Lorella Cuccarini: 8,5, canta, balla e presenta, la futura Amadeus?

Già dalla sua entrata con lo show nello show si capisce che sarà una bella serata per noi e per la co-conduttrice. Si auto celebra un poco, con quasi 40 anni di carriera alle spalle, ma il tutto non stona. Una grande professionista (ma non lo scopriamo oggi) che fa tutto giusto.

La butto là: abbiamo forse assistito, inconsapevoli, a un passaggio di consegne tra lei e Amadeus? Potrebbe darsi, anche perché in molti vorrebbero vedere una donna al timone di Sanremo. Ma non sono in tante a vantare un'esperienza così completa.

Rosario Fiorello: 9, da anni il più innovativo showman della TV

Quando Fiorello arriva non sai mai bene cosa aspettarti, ma sai che sarà qualcosa che apprezzerai e che quindi passerai un bel momento. È un vulcano di idee, che al 99% sono molto buone e funzionano anche alla TV.

Non è stato il caso con la trovata del ballo del qua qua. Ma ne è uscito alla grande con la sua auto-ironia, senza nascondersi, già subito dopo, durante il dopo Festival. Anche perché in seguito a una simile sbavatura non era possibile far finta di nulla.

Ma buttar via tutto per una sola idea sbagliata su mille? No. Non mi sembra proprio il caso. Anche perché con tanta mediocrità nel mondo televisivo, Fiore è uno dei pochi che prova a innovare un mezzo sostanzialmente vecchio.

 «Confinato» al dopo Festival, con il concetto del programma mattutino «Viva Rai 2!» che riscuote un successo fenomenale da due anni, Fiorello ha comunque fatto le sue incursioni all'Ariston, con gag riuscite, a partire dalla prima, quella del robot creato a sua immagine e somiglianza dall'AI, l'Intelligenza Artificiale, «che però è uscito stupido».

Leggerci una critica o una preoccupazione per l'AI forse è troppo, ma ha avuto perlomeno il pregio di portare, seppur per pochi istanti, il tema sul palco. Segno che è, a 60 anni suonati, è ancora sul pezzo e che sa ancora «leggere» a meraviglia le attualità per riproporle a modo suo. Intramontabile.

Visivamente piacevole la sua entrata in scena nell'ultima sera, quella in cui ha fatto da co conduttore e non solo. E con lui sul palco è davvero tutta un'altra cosa. Fa lo show dall'inizio alla fine ed è solo gioia per tutti.

Amico di Amadeus da una vita, contribuisce a ravvivare il Festival, che giocoforza con ben 30 cantanti in gara, può correre il rischio di perdersi per strada. E lo fa mettendo anche il dito sulle cose che ritiene ridicole, quelle imperfezioni che di solito si tende a nascondere davanti alle telecamere. Basti pensare al tira e molla: «Cito le marche? Non le posso citare? Le cito? Armani? Ma Armani ormai... ».

Giovanni Allevi: 10, la perfezione nella fragilità

Che coraggio ha avuto Giovanni Allevi a tornare a suonare in pubblico dopo due anni di assenza per la malattia proprio sul palco dell'Ariston, che mette paura a chiunque. E che coraggio a raccontare con tanto pudore e delicatezza il suo tumore, i suoi dolori e, in fondo, anche le sue speranze, che grazie alla sua testimonianza diventano quelle di milioni di malati.

In tanti ci siamo commossi di fronte al suo talento e al suo racconto. 

«Senza certezze sul futuro, vivo il presente più intensamente». E prima di presentare il nuovo brano «Tomorrow», scritto nelle lunghe giornate di sofferenza, avverte: «Non potendo più contare sul mio corpo, suonerò con tutta l'anima».

All'Ariston, tutti in piedi per lui. Anche l'orchestra. A casa, anche noi.

John Travolta: 6, una smorfia di troppo, ma non è tutta colpa sua

Il protagonista del momento più brutto del Festival è l'attore John Travolta a cui Fiorello ha fatto ballare il ballo del qua qua. Ancora adesso il mondo intero si chiede perché. Se lo chiede pure Fiore. Se lo chiede pure John. Non convinto di quello che gli hanno proposto, la stella hollywoodiana non ha nemmeno fatto buon viso a cattivo gioco. Il suo imbarazzo dipinto in faccia l'abbiamo visto tutti.

Da grande attore però non avrebbe potuto fare altro? Tipo sorridere? A sbagliare però sono stati soprattutto gli autori, che non hanno saputo sfruttare meglio la miriade di spunti che un personaggio del suo calibro offre. Peccato. Uno spreco di tempo (e pare, pure di molti soldi per il cachet).

Eros Ramazzotti: 7, 40 anni di Terra Promessa

Il cantante romano torna sul palco di Sanremo che 40 anni fa, con la canzone «Terra promessa», ne ha lanciato la carriera, dapprima in patria e poi a livello internazionale.

La sua prestazione canora è stata osannata dalla stragrande maggioranza dei media italiani ma sinceramente a me è sembrato a corto di voce. Ha fatto perciò cantare la platea, sfruttando così la sua grande esperienza.

Meritevole è stata l'idea di fare un appello allo stop ai conflitti, per tutti i bambini che non hanno una Terra Promessa. «Basta sangue, basta guerre. Pace!» con in sottofondo la sua canzone cantata dalle coriste e dai coristi.

Russell Crowe: 8,5, musica e simpatia a chili

Dopo l'imbarazzante ospitata di John Travolta della sera precedente, il Gladiatore si presenta recitando in italiano la battuta mitica (che nel film è detta con la voce di Luca Ward): «Al mio segnale scatenate l'inferno». Ed è subito un'altra musica, quella della sua band, che vorresti poter votare al posto di alcuni cantanti in gara. 

Mezzo punto in più perché quando Teresa Mannino cita le altre star con origini italiane, il buon Russell suggerisce a mezza voce, ma comunque in modo udibile, che in quella lista ci può stare pure «Travolta, what the f**k!» e nel citarlo mima il ballo del qua qua, scatenando l'ilarità all' Ariston. È, se possibile, ancora più mitico di prima.

Gianni Morandi: una presenza rassicurante che non ha bisogno di voti

Amadeus ne sente la mancanza e quindi, come ha spiegato lui stesso, anche se non era prevista la sua presenza, lo chiama. Lui risponde e arriva. L'eterno ragazzo Gianni Morandi fa felici tutti. È un po' come quel parente che ti piace avere intorno perché regala allegria, spensieratezza e un tocco di nostalgia. Un valore sicuro. Il tutto in alta qualità.

Gigliola Cinquetti: anche lei senza voto, non ne ha bisogno

In questi casi è utile la formula 76 anni e non sentirli. Festeggia i 60 anni di «Non ho l'età» e sembra ancora quella ragazzina che nel 1964 vinse prima il festival e poi l'Eurovision. Signora della canzone, elegante e raffinata. Che bell'omaggio a se stessa e alla musica.

Roberto Bolle: l'eleganza non ha bisogno di voti

La meraviglia del Bolero di Ravel e la bellezza statuaria di un corpo scolpito da impegno e fatica di tutta una vita. Vera star internazionale, Roberto Bolle riesce sempre a portare grazia ed eleganza, anche a chi la danza non piace.

Chi non guarda il Festival: libertà di scelta, va bene anche così

A notte fonda è calato il sipario su Sanremo 2024 e sull'era Amadeus. Per la gioia di pochi e la tristezza di molti. Ma anche nell'indifferenza di tantissimi. E va assolutamente bene anche così.

Ma per settimane del Festival ne sentiremo ancora parlare. Per settimane ne vedremo ancora le immagini. Per settimane ne sentiremo ancora le canzoni alla radio.

Con (forse) buona pace di chi continua a sbraitare ai quattro venti (ma perché?) che non è interessato al Festival.

Arrivederci a febbraio 2025. O no?