Dopo il cessate il fuocoSabato verranno rilasciate da Hamas quattro soldatesse, in cambio di 200 superterroristi
SDA
24.1.2025 - 20:56
Dopo drammatiche ore di riflessione, il premier israeliano Benyamin Netanyahu e la Sicurezza del paese hanno accettato la lista di quattro ostaggi che torneranno a casa sabato, senza mandare a monte l'intero piano, nonostante le accuse al movimento islamista Hamas, al potere a Gaza, di aver violato l'accordo siglato a Doha (Qatar).
Keystone-SDA
24.01.2025, 20:56
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A uscire dalla Striscia saranno infatti quattro soldatesse osservatrici 20enni, coloro che lanciarono inascoltate l'allarme sui movimenti di Hamas prima del 7 ottobre. Mentre restano escluse da questo secondo gruppo della prima fase le uniche due donne civili.
Il piano che l'organizzazione terroristica si era impegnata a rispettare prevedeva invece l'obbligo di liberare per prime tutte le donne ancora in vita e non militari.
In una dichiarazione al notiziario del canale televisivo israeliano Channel 12 (Keshet 12), un funzionario israeliano ha detto che Israele «non ripeterà l'errore commesso nell'accordo precedente, del novembre 2023», quando decise di riprendere i combattimenti dopo che Hamas aveva violato i termini dell'accordo su chi avrebbe rilasciato il settimo giorno.
Lo scambio di liste delle persone che verranno liberate
Come era stato concordato, prima delle 16.00 Hamas ha consegnato al Qatar la lista delle quattro rapite tenute in cattività a Gaza da 476 giorni, in cambio di decine di detenuti palestinesi.
Il primo ministro Mohammed ben Abdelrahmane al Thani ha inoltrato i nomi al direttore del Mossad – il servizio segreto israeliano focalizzato sulle operazioni all'estero – David Barnea e l'ufficio di Netanyahu lo ha annunciato, mentre ai media è stato indicato di non pubblicare le identità prima che le famiglie venissero informate.
Contemporaneamente Hamas ha diffuso i nomi delle soldatesse, portate via dall'avamposto militare di Nahal Oz, al confine con Gaza, il 7 ottobre 2023. Una doccia fredda per Israele, che ha subito fatto filtrare sui media la protesta ai mediatori per la violazione dell'accordo firmato con Hamas.
In cambio delle soldatesse, ora Gerusalemme dovrà scarcerare per ognuna 50 detenuti palestinesi, 30 dei quali sono terroristi condannati all'ergastolo, che si sono macchiati di attentati con morti civili israeliani. In totale si stima che nel secondo round escano di cella 200 detenuti.
Israele si aspettava la liberazione di una 29enne, ma...
Ieri i negoziatori avevano fatto sapere ad Hamas che Israele si aspettava la liberazione di una 29enne, presa in ostaggio insieme con il fidanzato dalla loro casa nel kibbutz Nir Oz, dove il fratello di lei è stato ucciso dai terroristi mentre difendeva la comunità. I suoi resti sono stati identificati il 3 giugno 2024.
L'organizzazione fondamentalista ha ammesso indirettamente in giornata che non tutti i sequestrati sono nella sua disponibilità con una dichiarazione: «Le fazioni della resistenza palestinese» consegneranno l'elenco dei nomi degli ostaggi che saranno rilasciati domani.
La 29enne, secondo i servizi segreti, è in mano a una fazione legata alla Jihad islamica (un altro movimento islamista palestinese).
I media riferiscono che la giovane non verrà rilasciata sabato proprio a causa di contrasti dentro il gruppo jihadista. Il premier del Qatar ha trasmesso a Israele la garanzia che l'ostaggio escluso oggi sarà rilasciato la prossima settimana.
Ad oggi 91 dei 251 ostaggi rapiti da Hamas rimangono a Gaza
Lunedì scorso, Israele ha rilasciato 30 prigionieri per ciascuna delle tre rapite civili liberate. A oggi, 91 dei 251 ostaggi rapiti da Hamas il 7 ottobre rimangono a Gaza, compresi i corpi di almeno 34 morti confermati dall'esercito dello stato ebraico.
Hamas sta anche trattenendo due civili israeliani entrati nella Striscia nel 2014 e nel 2015, così come il corpo di un soldato ucciso nel 2014. Il corpo di un altro soldato, anch'egli ucciso nel 2014, è stato recuperato a Gaza domenica.
Israele non completerà il ritiro dall'est del Libano meridionale entro i 60 giorni
In giornata un altro fronte ha registrato una nuova decisione. Netanyahu ha dichiarato che Israele non completerà il suo ritiro dal settore est del Libano meridionale entro la scadenza di 60 giorni stabilita dall'accordo di cessate il fuoco con l'organizzazione paramilitare islamista sciita e antisionista libanese Hezbollah, che cade lunedì.
Nella prima conferma pubblica del ritardo, l'ufficio del premier ha dichiarato che «il processo di ritiro delle forze armate israeliane è condizionato», poiché l'esercito libanese «non ha ancora pienamente applicato» i suoi obblighi, cioè non si è dispiegato completamente nella zona orientale, ma solo in quella occidentale.
E nel mentre Hezbollah non si è spostato del tutto a nord del fiume Litani, a 30 chilometri dal confine con Israele, come è scritto nell'impegno di cessate il fuoco. «Il processo di ritiro graduale continuerà, in pieno coordinamento con gli Stati Uniti», ha fatto comunque sapere l'ufficio di Netanyahu.