Russia L'Occidente condanna il voto russo: «Né libero né equo»

SDA

17.3.2024 - 21:39

Il copione era già scritto ed è stato rispettato. All'atteso plebiscito per Vladimir Putin ha fatto seguito la ferma condanna dell'Occidente per un voto considerato completamente fasullo.

Vladimir Putin ha stravinto un elezione definita dall'Occidente «fasulla».
Vladimir Putin ha stravinto un elezione definita dall'Occidente «fasulla».
KEYSTONE

A Bruxelles, Washington, Londra, le elezioni in Russia sono considerate importanti esclusivamente per le prossime mosse dello zar sulla guerra in Ucraina, in un contesto che vede Kiev in crescente difficoltà e gli alleati sempre più inquieti per guerra della quale non si vede l'epilogo.

Da un punto di vista elettorale, in Ue si guarda, con una certa apprensione, a due altre tornate elettorali: le Europee di giugno e le presidenziali americani di novembre.

Lunedì, nella riunione del Consiglio Affari Esteri alla quale parteciperà il segretario di Stato Usa Antony Blinken si parlerà innanzitutto di Russia e si comincerà con una dichiarazione comune proprio sul voto che ha incoronato per la quinta volta Putin.

La messa a punta del testo è meno scontata del previsto, visto che per avere una dichiarazione unitaria l'Ue necessita del placet dell'Ungheria, che su Mosca gioca da sempre una partita diversa da quella di Bruxelles.

Condanna unanime degli Europei, Italia per ora silente

La condanna dei leader occidentali, tuttavia, è stata già espressa in maniera netta nei minuti successivi ai primi exit poll.

«Non sono state elezioni né libere né eque», ha sottolineato il ministro degli Esteri David Cameron. Le elezioni in Russia «non sono state chiaramente né libere, né giuste. Putin ha imprigionato gli oppositori politici prevenendo così che corressero contro di lui», è stato il primissimo commento della Casa Bianca.

In Europa tra i primi a condannare il voto sono stati innanzitutto i Paesi dell'Est. Le elezioni si sono svolte «in un contesto di repressione» e di «violazione del diritto internazionale», ha protestato Varsavia. «Elezioni, quali elezioni?», ha twittato sarcastico il presidente della Lettonia, Edgars Rinkēvičs.

A urne ancora aperte il ministero degli Esteri tedesco, su X, aveva invece già bocciato il voto in Russia in due concetti: «Queste pseudo-elezioni non sono né libere né corrette, nei territori occupati sono invece nulle».

Per la diplomazia europea uno dei maggiori rischi legati alla tornata elettorale è il consolidamento del potere di Mosca sulle quattro regioni ucraine occupate e annesse da Putin, regioni dove – stando agli exit poll – il consenso per lo zar è stato perfino superiore alla media nazionale.

I ministri degli Esteri Ue reagiranno con un nuovo pacchetto di sanzioni, tutto incentrato sulla violazione dei diritti umani e legato alla morte di Alexei Navalny. E, nei prossimi giorni, è attesa la proposta sull'uso dei fondi congelati russi per l'invio di armi a Kiev.

L'escalation è imminente?

L'impressione è che, alla vigilia della primavera, ci si stia preparando ad una nuova escalation, dai risvolti ancora imprevedibili. E con l'ipotesi, per ora remota, della presenza di truppe occidentali in Ucraina.

Il presidente francese Emmanuel Macron, che per primo ne ha parlato, tornando dal vertice con Olaf Scholz e Donald Tusk ha di fatto ribadito il concetto, nonostante le polemiche innescate. «Può darsi, che a un certo momento – non me lo auguro e non prenderò io l'iniziativa – bisognerà portare avanti operazioni sul terreno per far fronte alle forze russe», ha detto Macron.

Non è l'unico, nell'Ue, a pensarlo. La premier estone Kaja Kallas, in un'intervista alla Bbc, non è arrivata ad evocare i boots on the ground ma ha sottolineato che con il Cremlino essere prudenti serve a poco: «Putin usa la trappola della paura ma dobbiamo ricordare ciò di cui Putin stesso ha paura, e lui ha paura di andare in guerra con la Nato», sono state le sue parole.

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