Medio Oriente Tank israeliani nel centro di Khan Yunis, l'ONU: «Situazione apocalittica»

SDA

5.12.2023 - 20:40

I primi carri armati israeliani sono stati visti questa mattina nel centro di Khan Yunis, dove tra l'altro si ritiene sia nascosto il capo di Hamas nella Striscia, Yahya Sinwar.
I primi carri armati israeliani sono stati visti questa mattina nel centro di Khan Yunis, dove tra l'altro si ritiene sia nascosto il capo di Hamas nella Striscia, Yahya Sinwar.
Keystone

L'esercito israeliano si è saldamente arroccato con tank e truppe a Khan Yunis, città chiave di Hamas nel sud della Striscia, allargando l'offensiva.

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  • L'esercito israeliano si è arroccato con tank e truppe a Khan Yunis allargando l'offensiva.
  • Dalla fine delle pause della scorsa settimana, i combattimenti si sono intensificati a sud.
  • Il segretario generale dell'Onu per gli affari umanitari Martin Griffiths ha lanciato l'allarme su una situazione diventata ormai «apocalittica».

Al tempo stesso stesso ha preso il controllo di altre due roccaforti della fazione islamica a Jabalya, nel nord, e a Shuyaia, ad est di Gaza City, nel centro dell'enclave palestinese.

Dalla fine delle pause della scorsa settimana, i combattimenti (82 i soldati uccisi ad oggi, martedì) si sono intensificati a sud, mentre il segretario generale dell'Onu per gli affari umanitari Martin Griffiths ha lanciato l'allarme su una situazione diventata ormai «apocalittica». Dove, ha denunciato, i civili sono costretti a fare «una scelta impossibile dopo l'altra» in un territorio dove «nessuno luogo è sicuro» e «nessuno è al sicuro».

Un inferno che riguarda anche gli ostaggi israeliani, che secondo il premier Benyamin Netanyahu «sarà difficile riportare a casa».

Israele vuole frammentare la continuità territoriale di Hamas

I primi carri armati israeliani sono stati visti martedì mattina nel centro di Khan Yunis, dove tra l'altro si ritiene sia nascosto il capo di Hamas nella Striscia, Yahya Sinwar. Poi hanno bloccato la strada che unisce la città a Rafah, a ridosso del confine con l'Egitto.

Il comandante del Fronte sud di Israele, generale Yaron Finkelman, ha spiegato che si è «nel mezzo dei giorni più intensi dall'inizio dell'operazione di terra in termini di terroristi uccisi, di scontri a fuoco e di uso della potenza di fuoco terrestre e aerea. Intendiamo continuare a colpire e raggiungere i nostri risultati».

Nella roccaforte di Jabalya le truppe israeliane hanno fatto irruzione nel centro di comando della sicurezza interna di Hamas trovando «armi e mappe». Quindi hanno distrutto postazioni della Nukhba, l'unità di élite responsabile dell'attacco ai kibbutz del 7 ottobre scorso.

«Ci siamo mossi verso la terza fase dell'operazione di terra – ha sintetizzato il capo di stato maggiore Herzi Halevi – e abbiamo messo in sicurezza molte roccaforti di Hamas nel nord di di Gaza. Adesso stiamo operando contro le sue roccaforti nel sud». La strategia è quella di frammentare sempre di più la continuità territoriale di Hamas nella Striscia, isolando i miliziani. Ma di questo ovviamente a farne le spese sono anche i civili.

Aiuti umanitari difficili

L'Unrwa – l'agenzia dell'Onu per i rifugiati palestinesi che ha denunciato la morte dall'inizio del conflitto di 130 suoi dipendenti nella Striscia – ha affermato che si prevede che più di un milione di sfollati palestinesi arriveranno a Rafah.

«Le condizioni necessarie per portare aiuti alla popolazione di Gaza non esistono. Se possibile – ha incalzato la coordinatrice umanitaria dell'Onu, Lynn Hastings – sta per aprirsi uno scenario ancora più infernale, in cui le operazioni umanitarie potrebbero non essere in grado di rispondere».

Il capo dell'ospedale Shuhada al Aqsa di Deir al-Balah (nel centro della Striscia) Eyad Al-Jabri ha detto che la struttura ha ricevuto nelle ultime ore «45 uccisi da un bombardamento israeliano sulle case di tre famiglie» della città. I morti a Gaza, secondo il ministero della sanità retto da Hamas, hanno oramai superato le 16mila unità (16'248).

Quale sarà il destino degli ostaggi israeliani?

Resta il nodo dei circa 138 ostaggi israeliani il cui destino, ogni giorno che passa, si complica sempre di più. Martedì in un clima molto teso il gabinetto di guerra, presieduto da Benyamin Netanyahu, ha incontrato le famiglie dei rapiti. «Allo stato attuale – ha ammesso il premier – non è possibile riportarli tutti indietro. Qualcuno può davvero pensare – ha aggiunto – che se questa fosse un'opzione, qualcuno la rifiuterebbe?».

Ma la posizione non è piaciuta alle famiglie che chiedono la ripresa immediata dei negoziati con Hamas a «qualsiasi costo». Che per la fazione palestinese, come ha chiarito un suo esponente alla Reuters, significa «la fine dell'aggressione contro Gaza».

A gettare un'ombra sinistra anche sul rilascio delle scorse settimane sono arrivate poi le parole di un portavoce del ministero della Sanità israeliano, che ha raccontato alla Knesset come Hamas abbia dato agli ostaggi tranquillanti e altre «vitamine» per «apparire felici» durante la scorta dalla prigionia al territorio israeliano.

SDA