«Era difficile essere il suo coach» Ivanisevic spiega i veri motivi che l'hanno spinto a lasciare Djokovic

fon

6.4.2024

Novak Djokovic, destra, e Goran Ivanisevic non lavorano più assieme.
Novak Djokovic, destra, e Goran Ivanisevic non lavorano più assieme.
Imago

L'ex allenatore di Novak Djokovic, Goran Ivanisevic, ha svelato in un'intervista le ragioni dietro la fine della loro lunga e positiva collaborazione, riflettendo sugli anni passati e il presente.

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  • Goran Ivanisevic ha parlato della fine della sua collaborazione con Novak Djokovic, evidenziando che sono stati cinque anni intensi, influenzati dalla pandemia e da una reciproca saturazione.
  • Il croato ha citato la sconfitta di Djokovic a Wimbledon come un momento chiave, seguita dalla vittoria agli US Open, che ha accentuato la sensazione di un imminente addio.
  • Ivanisevic ha descritto la loro relazione come positiva, nonostante le critiche esterne, e ha rivelato di aver discusso personalmente con Djokovic della decisione di terminare la loro proficua partnership.

L'ex allenatore di Novak Djokovic, Goran Ivanisevic, ha rivelato i motivi che l'hanno portato alla recente separazione con l'attuale numero uno del tennis mondiale.

«Sono stati davvero cinque anni difficili e intensi. Le persone dimenticano il periodo legato al coronavirus, dimenticano che è stato etichettato come il più grande cattivo del pianeta. Non ci era permesso di entrare in un Paese, poi in un altro... eravamo sempre in una sorta di limbo», ha spiegato l'ex tennista croato in un'intervista rilasciata a Sasa Ozmo, giornalista di «SportKlub» e «Tennis Majors».

«Siamo arrivati a un certo livello di saturazione - ha rivelato il 52enne - in fondo, io mi sono stancato di lui e lui si è stancato di me. In ogni caso, sentivo di non poterlo più aiutare».

«La sconfitta nella finale di Wimbledon ha fatto male»

«La prima volta che ho avuto la sensazione che fossimo vicini alla fine è stato negli Stati Uniti lo scorso anno - ha proseguito l'uomo di Spalato - Wimbledon ha rappresentato un duro colpo: quella sconfitta ha colpito anche me come allenatore. Ovviamente vanno fatti i complimenti a Carlos Alcaraz, alla fine è stato il migliore, ma la partita sarebbe potuta cambiare con uno o due scambi giocati diversamente».

«Non era facile essere il suo allenatore: tutti lo guardavano come se fosse il cattivo»

Goran Ivanisevic

«Negli Stati Uniti la finale di Cincinnati è stata incredibile (Djokovic ha sconfitto Alcaraz dopo una vera e propria battaglia, ndr.); poi la vittoria agli US Open. È in quel momento che ho provato quella sensazione. Era solo questione di stabilire quando», ha continuato Ivanisevic, che come tennista ha conquistato 22 tornei ATP, raggiungendo il culmine nel ranking nel 1994 con il secondo posto alle spalle del solo Pete Sampras.

«Molte persone descrivevano la nostra relazione come turbolenta, ma non è vero. Novak è così: si è sempre comportato allo stesso modo con me, come con Marian Vajda o Boris Becker. Il suo modo di comunicare in campo, durante le partite, non mi ha mai disturbato. Sentivo a mala pena la metà delle sue urla».

«Abbiamo riso e parlato»

Infine Ivanisevic è andato nei dettagli di come ha avvicinato il suo ex assistito per comunicargli l'intenzione di chiudere la loro proficua collaborazione. Insieme, dal 2018 al 2024, hanno messo le mani su 12 titoli del Grande Slam.

«Ci siamo seduti insieme il giorno dopo la sconfitta subita a Indian Wells (avvenuta ai sedicesimi di finale contro il giovane italiano Luca Nardi ndr.). Sono davvero felice di averlo fatto di persona. Dopo tutte le cose affrontate insieme in questi cinque anni, era l'unico modo giusto per chiudere. Non sarebbe stato corretto farlo tramite un messaggio o una telefonata», ha ammesso il coach, che in carriera oltre al serbo ha allenato Marin Cilic, Tomas Berdych e Milos Raonic.

«Abbiamo riso e parlato. Io gli ho detto come mi sentivo e lui ha fatto lo stesso. Sono stato sempre vicino a lui in questi anni: nel bene o nel male. Novak, quando le telecamere sono spente, riesce a essere ancora di più sé stesso. È una brava persona e ha un grande cuore. Ero pronto anche a morire per lui se fosse stato necessario», ha infine concluso il gigante di 193 centimetri.