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Intervista Joaquin Phoenix: «Non sono certo di sapere cosa è reale...»
Di Marlène von Arx, Los Angeles
17.10.2019
Critica e pubblico sono unanimi: in «Joker», Joaquin Phoenix ci regala un'interpretazione magistrale. Durante l'intervista rilasciata a Bluewin, l'attore racconta come si sia calato nei panni del complesso personaggio che si nasconde dietro la maschera da clown, ciò che detesta di lui e perché ritiene di dovere la sua carriera a suo fratello River.
Jack Nicholson ha ricevuto una candidatura ai Golden Globe per la sua versione di Joker, e Heath Ledger ha ottenuto addirittura un Oscar postumo per la sua performance nello stesso ruolo. Le loro interpretazioni hanno influenzato la sua?
No, avevo visto entrambi i film quando uscirono al cinema, ma in seguito non li ho più rivisti. Volevamo fare il nostro film, senza alcun legame con le precedenti interpretazioni né con i fumetti. Io ho cercato di ancorare il più possibile il personaggio alla realtà.
Com'è avvenuta la sua trasformazione?
Il punto di partenza è stata la risata. Prima ancora che leggessi la sceneggiatura, il regista Todd Phillips mi ha mostrato dei video di persone in preda a crisi di riso incontrollato. Il processo è iniziato quattro mesi prima dell'avvio delle riprese, e due mesi prima ho cominciato a concentrarmi anche sui movimenti con l'aiuto di un coreografo. Di solito non mi piace condividere le mie idee in tempo reale con altre persone oltre al regista, ma Michael Arnold mi ha davvero introdotto al linguaggio della danza e del movimento. Giravamo già da sette settimane quando mi sono truccato per la prima volta. Non so esattamente cosa sia accaduto, ma questo ha dato vita a Joker.
«Ho perso massa muscolare ed ero più vulnerabile alle ferite.»
Per il ruolo di Joker ha perso 23 chili. Questo come ha influito sulla sua interpretazione?
Ha influito sui movimenti. Ci si sente più leggeri e, in un certo senso, più forti perché si ha il controllo del proprio corpo e si è padroni dei propri impulsi. Dall'altro lato, mi sentivo invece più debole fisicamente: avevo perso massa muscolare ed ero più vulnerabile alle ferite. Si tratta di elementi tangibili ed alla fine è proprio ciò di cui ho bisogno: qualcosa di visibile per il personaggio. Non deve venire tutto dall'immaginazione o basarsi su ricerche. Una parte deve anche venire dalla sperimentazione.
Qual è la prima cosa che ha mangiato una volta conclusa la sua dieta?
Non me lo ricordo. Probabilmente è stato all'aeroporto. Per un certo periodo prima di iniziare la dieta, ho mangiato tutto ciò di cui avevo voglia, come se in seguito dovessi rinunciare a chissà che. Quando ho iniziato la dieta, ho preso quattro chili, è stato folle!
Quando ha sentito di padroneggiare effettivamente il ruolo di Arthur e di Joker?
All'epoca non mi sono mai sentito così. Ogni volta che avevo l'impressione di comprendere le sue motivazioni, questo sentimento svaniva sempre in un modo o nell'altro. Ma c'era anche qualcosa di eccitante nel non comprendere. E del resto non sono mai stato neppure sicuro al 100% di ciò che è reale nel film e di ciò che non lo è.
Non è necessariamente negativo…
No, e anche questo mi piace. Forse non volevo veramente comprenderle… (riflette) No, non è vero. In quanto attore, fa parte del mio lavoro capire le motivazioni. Ma non siamo sempre in grado neppure di comprendere noi stessi. La psicologia umana è molto complessa.
Le capita spesso di non capire un personaggio?
Non ho sempre bisogno di avere tutte le risposte, ma non mi è mai accaduto in maniera tanto estrema come per questo ruolo.
Arthur viene escluso dalla società. Lei è cresciuto in una famiglia di hippie. Le è già capitato di sentirsi emarginato?
No, non mi è mai capitato. E da questo punto di vista, Arthur potrebbe quasi suscitare simpatia. Lo capisco e anch'io lo compatisco, ma lo trovo anche atroce. Dopotutto abbiamo anche una responsabilità. Fin dall'inizio, non è innocente: è il tipico narcisista. Vuole essere compreso e adorato. Lo trovo detestabile e non penso che le cose sarebbero andate diversamente se la gente lo avesse trattato meglio.
Durante le riprese, com'è andata con le persone che la circondano, la sua famiglia, la sua fidanzata Rooney Mara?
Ero molto isolato, poiché non ha idea di quanto mangiare o bere facciano parte dell'ambiente sociale. E non potevo farne parte. Onestamente, non sto insieme alla gente durante le riprese di un film in generale. La troupe diventa il mio ambiente sociale e il film la mia vita. Ma è così anche per altri. I miei amici attori non parlano d'altro quando lavorano. È penoso per chi non è coinvolto nel progetto. Non voglio imporlo a nessuno.
«Mia madre è probabilmente la persona che più mi ha influenzato ed ispirato.»
Arthur/Joker è molto vicino alla propria madre. Nel suo caso, sua madre come ha influenzato la sua vita?
Mia madre è probabilmente la persona che più mi ha influenzato ed ispirato. È davvero una donna incredibile: mentre io mi diverto ai festival cinematografici e cambio il mondo (ride), lei lo fa sul serio in Europa dell'Est con la sua ONG che porta il nome di mio fratello. Il «River Phoenix Center for Peace Building» promuove soprattutto la comunicazione non violenta e la giustizia riparatrice (alternativa alla prigione). Lei ha 75 anni, ha consacrato la sua vita a questa organizzazione ed è riuscita a smuovere le acque.
Suo fratello River Phoenix, oggi scomparso, un giorno le ha fatto vedere il film «Raging Bull» convincendola a non abbandonare il cinema. Perché all'epoca dubitava del suo futuro ad Hollywood.
Avevo smesso di recitare per un certo periodo. I ruoli che mi venivano offerti non erano molto interessanti. Non c'era molto lavoro per gli adolescenti ed io non volevo fare film per bambini. Ma lui mi ha detto «adesso, ti ci metti», e mi ha predetto un bell'avvenire. Mia madre ed io ci siamo guardati, non capivamo da dove tirasse fuori tutto questo. Ma ricordo che le sue parole mi hanno trasmesso la fiducia necessaria per continuare.
Il film «Joker» è attualmente nelle sale cinematografiche.
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