Nutrizione La fame nel mondo non potrà essere sradicata: il bilancio

Philipp Dahm

27.12.2020

Secondo il Programma alimentare mondiale, per quanto riguarda la fame nel mondo il 2021 potrebbe essere un anno peggiore di quello che sta finendo. Non è solo la classe politica che deve agire, ci sono alcune cose che ognuno di noi può fare.

Sfide mondiali

Il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite si è aggiudicato quest'anno il premio Nobel per la pace. Ma per quale ragione? Nel 2019, circa 690 milioni di persone soffrivano di sottoalimentazione – e questo numero potrebbe persino raggiungere gli 840 milioni tra dieci anni. L’ONU non riuscirà probabilmente nel suo obiettivo di sradicare la fame entro il 2030. E questo, malgrado i progressi estremi profusi nella lotta contro la povertà ai quattro angoli del globo. La nostra serie in quattro parti intitolata «Sfide mondiali» mette in luce i fattori decisivi. La prima parte trattava il fattore demografico, questa seconda parte il fattore umano, mentre la terza parte affronterà il fattore climatico, prima dell’ultima sezione, che sarà un bilancio conclusivo.

La prima parte di questa serie riguardava l’evoluzione demografica mondiale. Anche se questo fattore potrebbe provocare crisi alimentari locali legate al cambiamento climatico, nel complesso le tendenze demografiche non devono destare preoccupazione.

Come è stato spiegato nella serie, gli Stati attraversano una specie di ciclo demografico durante il loro sviluppo. I ricercatori quindi pensano di poter prevedere a quale livello si stabilizzerà la popolazione e ritengono che nel 2050 il pianeta sarà popolato da 9,74 milioni di persone, a cui si sommerà un altro miliardo entro il 2100.

Lo Zio Sam in una pubblicità per l’arruolamento della Prima Guerra mondiale.
Lo Zio Sam in una pubblicità per l’arruolamento della Prima Guerra mondiale.
Dominio pubblico

La grande domanda quindi è questa: il nostro pianeta può nutrire dieci miliardi di persone? Sì, risponde l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO). Dunque è sbagliato scrivere che la produzione alimentare dovrà essere aumentata del 70%, come si continua a ripetere.

Infatti la cifra stimata dalla FAO si attesta solo al 50% e include la produzione agricola, cioè anche gli alimenti per il bestiame e i biocarburanti. Tuttavia sembra escluso che in futuro i terreni agricoli potranno essere persi, nella proporzione attuale, a vantaggio della produzione di biocarburanti e cibo per gli animali destinati all’alimentazione umana.

Quello che ciascuno può fare nel proprio piccolo

Come vuole dimostrare questa serie, il fatto che la fame nel mondo resti un problema ha varie cause. Per cominciare a cambiare le cose nel proprio piccolo, conviene innanzitutto dichiarare guerra allo spreco. Alcuni attivisti stimano che in Svizzera un terzo del cibo si perda nel corso della catena alimentare. Ciò rappresenta circa 330 kg a persona, ovvero 2,8 milioni di tonnellate all'anno su scala nazionale.

I dati mostrano un «problema del primo mondo»: in Svizzera, dove solo il 7% del reddito viene speso per il cibo, le famiglie contribuiscono per il 28% allo spreco alimentare. In Camerun, dove la spesa per l’alimentazione tocca il 45%, lo spreco arriva solo al 5%. La fotogallery dà dei consigli per evitare di usare male le risorse.

Alcuni Progetti di lotta contro lo spreco: iniziative come Äss-Bar (aess-bar.ch) raccolgono cibo come il pane avanzato e permettono di salvare gli alimenti dall’eliminazione.
Alcuni Progetti di lotta contro lo spreco: iniziative come Äss-Bar (aess-bar.ch) raccolgono cibo come il pane avanzato e permettono di salvare gli alimenti dall’eliminazione.
Keystone

Oltre alle famiglie, quali sono i fattori che impediscono al cibo di finire nel piatto? Un 20% si perde in agricoltura, per esempio quando il raccolto non ha la forma adatta. Un altro 35% viene sprecato durante la lavorazione, per esempio quando le frattaglie vengono separate durante la macellazione. Il 10% si disperde nel commercio al dettaglio, mentre il 7% delle perdite avviene nel settore della ristorazione con porzioni e buffet troppo abbondanti.

Petto o coscia?

Ridurre gli avanzi nella propria sfera di influenza è una cosa. Contribuire alla sovraproduzione a livello internazionale è un’altra. E un tale squilibrio può, nel peggiore dei casi, portare alla rovina di altri mercati, come dimostra chiaramente il caso della carne di pollo di provenienza europea.

Poiché i consumatori europei mangiano prevalentemente il petto del pollo, questo comporta un’eccedenza di cosce ed ali. Con il sostegno della UE, queste parti vengono esportate verso paesi come il Ghana, dove la carne importata viene venduta a prezzi che rendono il commercio nazionale del pollo non redditizio per i produttori locali.

Mercato di Accra, in Ghana: quando i prodotti economici importati dalla UE sostituiscono i produttori locali.
Mercato di Accra, in Ghana: quando i prodotti economici importati dalla UE sostituiscono i produttori locali.
Keystone

Chiunque ritenga che non si possa nutrire il pianeta senza concentrarsi sui prodotti locali di stagione non può sostenere in modo durevole tali politiche. I sussidi, le politiche dell’esportazione, il pagamento del debito e le dogane hanno un impatto enorme sulla produzione alimentare mondiale.

A livello politico, il potere del voto

Cosa si può fare a livello individuale? Ogni consumatore può scegliere, ovviamente. Per tornare all’esempio della carne di pollo, si possono acquistare parti diverse dal petto. Ma sul medio e lungo termine, la società può dire la sua sul modo in cui le cose vengono fatte a livello burocratico – attraverso le urne.

La crescita dei Verdi, osservata recentemente in occasione delle elezioni federali del 2019, è solo la punta dell’iceberg: oltre alle elezioni federali svizzere segnate da una presa di consapevolezza sul clima, negli ultimi quarant’anni, gli ecologisti sono entrati nei parlamenti di tutta l’Europa. Che si sia sostenitori o no del partito, si può osservare che i Verdi hanno influenzato gli altri schieramenti politici con i loro programmi orientati verso l’ecologia.

L’«onda verde» ha effetti anche sugli altri partiti: la presidente del partito e consigliera nazionale, Regula Rytz, e Natalie Imboden (a sinistra), membro del Gran Consiglio del canton Berna, sono soddisfatte dei risultati delle elezioni federali del 20 ottobre 2019.
L’«onda verde» ha effetti anche sugli altri partiti: la presidente del partito e consigliera nazionale, Regula Rytz, e Natalie Imboden (a sinistra), membro del Gran Consiglio del canton Berna, sono soddisfatte dei risultati delle elezioni federali del 20 ottobre 2019.
Keystone

Oggigiorno, sono pochi i partiti che evitano di impegnarsi, in un modo o nell’altro, nella tutela dell’ambiente, della natura e del clima. Il merito va anche agli elettori dei Verdi: benché per certi cambiamenti ci voglia tempo, i cittadini delle democrazie hanno una voce e la possibilità, anche se modesta, di influire sulle scelte.

La prospettiva di una guerra

Infine, la situazione dell’alimentazione è influenzata anche dal consumo mondiale di carne: oltre al terreno sul quale il loro mangime viene coltivato, gli animali consumano anche molta acqua, producendo però decisamente più anidride carbonica.

Per esempio, un chilo di carne comporta un consumo di 50'000 litri d’acqua ed emissioni equivalenti a un viaggio in macchina di 250 km. Un solo giorno alla settimana senza carne permette di risparmiare 50 kg di CO2 all’anno a persona.

Emissioni di gas effetto serra per kg di prodotto alimentare, secondo il settore della catena di approvvigionamento.
Emissioni di gas effetto serra per kg di prodotto alimentare, secondo il settore della catena di approvvigionamento.
Our World in Data/Hannah Richter

Il futuro della catena di approvvigionamento alimentare mondiale è descritto nel documento «Welternährung 2030», una presa di posizione dedicata all’alimentazione mondiale sostenuta da iniziative che vanno da Azione contro la fame a World Vision, passando per Oxfam. Il documento invita a puntare sull’agroecologia piuttosto che sull’agrobusiness, a privilegiare un’agricoltura che sia non solo sostenibile e rispettosa dell’ambiente, ma anche responsabile sul piano sociale, poiché la fame colpisce soprattutto le popolazioni povere.

E il Programma alimentare mondiale (PAM)? L’organizzazione sa perfettamente quali sono i temi caldi in materia di lotta contro la fame ed è stata insignita del premio Nobel per la pace, anche se l’obiettivo di eliminare la fame entro il 2030 è lontano dall’essere raggiunto. Come il PAM ripete nuovamente, la tendenza è ancora negativa.

«Stiamo perdendo la guerra contro la fame, come mai prima d’ora», ha dichiarato al «Guardian» David Beasley, direttore esecutivo del PAM. «Nello Yemen c’è la situazione peggiore.» Ben 270 milioni di persone sono in pericolo e l’anno 2021 rischia di essere anche peggiore di questo – la guerra deve continuare.

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