Medio OrienteIsraele spara su Hezbollah, Beirut non ci sta: «violata la tregua»
SDA
28.11.2024 - 21:42
La tregua scricchiola. A neanche 48 ore dall'entrata in vigore del cessate il fuoco, l'esercito israeliano ha fatto sapere di aver lanciato un attacco aereo nel Libano meridionale per colpire un magazzino di missili a medio raggio di Hezbollah, dopo aver individuato attività dentro il sito. Qualche ora prima, Israele aveva sparato colpi di avvertimento contro dei sospettati che si avvicinavano alle zone di confine, e usato un drone nel villaggio di Markaba contro un veicolo (provocando due feriti).
28.11.2024, 21:42
SDA
L'esercito libanese ha accusato le Forze di difesa israeliane (Idf) di aver «ripetutamente violato il cessate il fuoco», avvertendo i cittadini che cercano di tornare nei loro villaggi e nelle città del confine meridionale del Paese – principalmente nei distretti di Tiro, Bint Jbeil e Marjayoun – di non avvicinarsi alle aree in cui si trova l'Idf.
A sua volta il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha minacciato «una guerra intensa» se la tregua sarà violata dai miliziani sciiti.
Fase confusa
I media libanesi hanno dichiarato che il fuoco israeliano ha colpito sei aree: Markaba, Wazzani e Kfarchouba, Khiyam, Taybe e le pianure agricole intorno a Marjayoun (tutte entro due chilometri dalla Linea blu che segna una sorta di confine tra i due Paesi).
Una fonte dell'esercito del Paese arabo ha affermato che i militari stanno «effettuando pattugliamenti e allestendo posti di blocco» a sud del fiume Litani senza avanzare nelle aree occupate da Tsahal.
L'Idf, anche questo giovedì, ha dichiarato il coprifuoco dalle 5 del pomeriggio alle 7 del mattino, mentre gli oltre 60mila sfollati israeliani non hanno ricevuto indicazioni su quando potranno tornare (sebbene una piccola parte sia già rientrata mercoledì senza aspettare decisioni ufficiali da Gerusalemme).
Di rientro i fuggitivi
Il documento siglato martedì sera prevede uno stop al fuoco di due mesi, durante i quali i miliziani sostenuti dall'Iran devono ritirarsi a circa 20 chilometri dal confine e le truppe israeliane devono lasciare il territorio gradualmente. Il confine deve essere pattugliato dall'esercito regolare di Beirut e dai caschi blu dell'Onu.
Giovedì migliaia di persone hanno cercato di attraversano la frontiera tra Siria e Libano. Al valico di Jousieh, nella provincia siriana di Homs, i veicoli si sono messi in fila in attesa dell'autorizzazione per passare. In totale, dei sei valichi tra i due Paesi, solo due rimangono operativi dopo i raid dell'Iaf.
Si stima che oltre 600 mila persone fuggite in Siria per la guerra dovrebbero fare ritorno in Libano. Solo dal sud sono stati sfollati in 300 mila. In totale circa 1,2 milioni di persone si sono dovute allontanare da casa.
Ora tocca a Gaza
L'esercito israeliano nel frattempo ha reso noto che in 14 mesi sono stati uccisi 3500 membri di Hezbollah.
Dopo la firma della tregua in Libano, alcuni funzionari statunitensi hanno riferito al «New York Times» che Hamas potrebbe rinunciare alle richieste fatte finora, e accettare un accordo di cessate il fuoco a Gaza che Israele potrebbe recepire.
Una delegazione del gruppo fondamentalista che governa la Striscia si recherà a breve al Cairo, mentre i negoziatori egiziani hanno raggiunto Tel Aviv per i colloqui.
Secondo il notiziario di al-Akhbar, il piano prevede una tregua iniziale di un mese o due e il rilascio graduale degli ostaggi. Oltre a un rapido ripristino della funzionalità del valico di frontiera di Rafah tra Egitto e Gaza, sotto la supervisione dell'Autorità nazionale palestinese e del Cairo.
A Israele verrebbe concesso il diritto di porre il veto su coloro che lo attraversano. Secondo il report, inizialmente all'Idf sarà consentito anche di mantenere le sue posizioni all'interno di Gaza.
Netanyahu indaffarato
Il «Wall Street Journal» ha riferito che i funzionari egiziani sono stati in contatto in questi giorni con lo staff di Donald Trump per valutare se intende lavorare ad un ammorbidimento della posizione di Netanyahu.
Quest'ultimo, da parte sua, come fanno notare i media nazionali, è particolarmente impegnato sul caso dei mandati d'arresto della Corte penale internazionale (Cpi) per lui e l'ex ministro della Difesa Yoav Gallant. Decisione contro cui è stato presentato appello mercoledì.
In un'intervista radiofonica all'emittente «Kan», il portavoce della Corte, Fadi El Abdallah, ha affermato che i mandati di arresto per Netanyahu e Gallant potrebbero essere revocati se in Israele verrà avviata un'indagine seria e approfondita sulle loro responsabilità.