RussiaCondannati al carcere i 3 legali di Navalny, la repressione di Mosca diventa sempre più aspra
SDA
17.1.2025 - 22:04
La macchina repressiva del Cremlino non si ferma. Tre avvocati che in passato hanno difeso il principale oppositore del regime di Putin, Alexey Navalny, sono stati condannati a pene dai tre anni e mezzo ai cinque anni e mezzo di reclusione in un processo ritenuto di chiara matrice politica.
Keystone-SDA
17.01.2025, 22:04
SDA
Ufficialmente sono accusati di «estremismo». E si tratta – non a caso – della stessa imputazione che il Cremlino continua a rivolgere a Navalny e alle sue organizzazioni nonostante la morte del dissidente.
Governi occidentali chiedono il rilascio
Accuse infondate e il cui unico obiettivo è quello di colpire chi contesta il governo russo, assicurano i difensori dei diritti umani, che hanno aspramente criticato la sentenza e hanno chiesto l'immediato rilascio dei tre avvocati definendoli senza indugio «prigionieri politici». E lo stesso hanno fatto alcuni governi occidentali, come quelli di Londra e Berlino, ma anche la vedova di Alexei, Yulia Navalnaya.
I tre avvocati di Navalny
Vadim Kobzev (condannato a 5 anni e mezzo), Alexey Liptser (5 anni) e Igor Sergunin (3 anni e mezzo) sono stati arrestati nell'ottobre del 2023 e accusati di aver fatto da tramite tra Navalny e il mondo esterno mentre l'oppositore si trovava ingiustamente dietro le sbarre.
Per Mosca si tratta di «estremismo»
In pratica, secondo le autorità, avrebbero fatto avere ai suoi alleati lettere e testimonianze in cui l'oppositore denunciava terribili soprusi in carcere e si schierava apertamente contro l'invasione dell'Ucraina ordinata da Putin.
Denunce che poi venivano pubblicate sui profili web ufficiali del dissidente, che anche da detenuto era probabilmente il più in vista tra i rivali di Putin.
Tanto è bastato al regime russo per accusare i tre avvocati di «estremismo». E per condannarli in un processo svoltosi in gran parte a porte chiuse e conclusosi – chissà se sia una coincidenza oppure no – proprio nel quarto anniversario dell'arresto di Alexey Navalny all'aeroporto Sheremetyevo di Mosca.
Il 17 gennaio del 2021, pur sapendo che sarebbe stato probabilmente arrestato, l'oppositore numero uno di Putin tornò infatti in Russia dalla Germania, dove era stato curato per un avvelenamento per il quale si sospetta l'intelligence del Cremlino. Finì subito in carcere. E tre anni dopo morì in circostanze poco chiare nel penitenziario sopra il circolo polare artico. Familiari e collaboratori accusano il regime di averlo ucciso.
Repressione politica sempre più dura
La repressione politica in Russia si fa sempre più aspra, e i principali oppositori del Paese sono quasi tutti in carcere o costretti a vivere all'estero. O sono morti, come Navalny e Boris Nemtsov. Il giornale MediaZona denuncia che stamattina la polizia ha fermato quattro giornalisti e una quinta persona che intendevano seguire l'udienza finale del processo agli avvocati di Navalny nel tribunale di Petushki, circa 100 chilometri a est di Mosca.
Tutti e cinque sarebbero però stati poi rilasciati senza accuse. «Le autorità stanno sostanzialmente vietando la protezione delle persone perseguitate politicamente», ha denunciato l'ong per la difesa dei diritti umani Ovd-Info.
Ma nonostante questo clima politico, i tre imputati – scrive la Reuters sul suo sito web – sono stati applauditi in aula dai loro sostenitori subito dopo la condanna. «Ragazzi, siete i nostri eroi», ha urlato una donna.