Federer ha cercato di mettere le cose in chiaro durante il suo discorso di laurea, tenuto all'esterno della Dartmouth University. Ha così respinto l'ipotesi che il suo gioco era «senza sforzo». Ma ha anche raccontato diversi aneddoti dentro e fuori dal campo e dispensato molti consigli alla giovane generazione nella sua lezione di... tennis.
Hai fretta? blue News riassume per te
- Roger Federer, a 42 anni, è stato insignito di un «dottorato onorario» dalla Dartmouth University.
- Nello Stato americano del New Hampshire, davanti ai giovani laureati, l'ex tennista ha tenuto il discorso d'apertura della cerimonia dei diplomi.
- Dopo aver scherzato e aver condiviso il suo nervosismo, ha detto: «Ho dovuto lavorare molto duramente, non sono arrivato qui solo grazie al talento».
- Nel suo lungo e apprezzato discorso ha poi parlato delle sue paure, delle sue esperienze e delle lezioni che ha imparato.
- Non ha mancato di dispensare consigli, validi nello sport, come nella vita.
Roger Federer è uno dei tennisti di maggior successo di tutti i tempi, forse il più popolare, il Maestro.
Tuttavia, non ha mai frequentato l'università, ma da lunedì può fregiarsi del titolo di «dottore». L'elitaria Dartmouth University del New Hampshire, negli Stati Uniti, lo ha infatti insignito della laurea «honoris causa».
Per il «dottor Roger», abituato a vincere, si è così trattato della «vittoria più inaspettata». Colui che ha trionfato 20 volte in un torneo del Grande Slam ha poi condiviso alcuni importanti consigli di vita.
«È la mia vittoria più inaspettata»
«Oggi sono fuori dalla mia zona di comfort», ha ammesso il 42enne all'inizio. «Sono venuto qui solo per fare un discorso, ma torno a casa come ‹Dr Roger›. Questa è la mia vittoria più inaspettata di sempre».
«Non sono una persona che fa molti discorsi come questo. Forse il peggiore... ma un discorso importante... è stato quando ho esordito nella squadra nazionale svizzera. Avevo 17 anni ed ero così nervoso che non sono riuscito a dire più di quattro parole: «Felice... di... essere... qui».
La Toga? «Negli ultimi 35 anni ero sempre in pantaloncini»
«Vi vestite così tutti i giorni a Dartmouth? La toga è difficile da indossare. Tenete presente che negli ultimi 35 anni ho indossato quasi tutti i giorni i pantaloncini».
«Sono ancora un po' nervoso, ma ho molto più di quattro parole da dirvi. Sono felice di essere con voi, qui sul prato. Come avrete sentito, l'erba è la mia superficie preferita. Big Green... deve essere il destino!»
«Oggi vi darò lezioni di... tennis»
King Roger è poi entrato nel vivo del suo discorso rivolgendosi direttamente ai dipomandi, partendo dal momento in cui si è ritirato dal tennis: «Come te, ho finito una cosa importante e sto passando alla prossima. Come te, sto cercando di capire cosa sia».
«Laureati, sento il vostro dolore. So come ci si sente quando le persone continuano a chiederti qual è il tuo progetto per il resto della vita».
«Mi chiedono: "Ora che non sei un tennista professionista, cosa fai?". Non lo so ed è giusto non saperlo. Allora cosa faccio del mio tempo? Sono prima di tutto un papà, quindi immagino di accompagnare i miei figli a scuola? Gioco a scacchi online contro degli sconosciuti? Passo l'aspirapolvere in casa?».
«No, in realtà sto amando la vita di un laureato in tennis. Io mi sono laureato in tennis nel 2022, mentre voi vi laureerete nel 2024. Quindi ho un vantaggio nel rispondere alla domanda su cosa succederà dopo. Oggi voglio condividere alcune lezioni su cui ho fatto affidamento durante questa transizione».
«Chiamiamole... lezioni di tennis».
«La verità? Ho dovuto lavorare duramente»
«Ho dovuto lavorare molto duramente. Le persone hanno sempre detto che il mio gioco è senza sforzo. Il più delle volte era un complimento. Ma mi ha sempre frustrato quando dicevano: "Non ha quasi sudato!"».
Invece, l'otto volte vincitore di Wimbledon ha ammesso: «La verità è che ho dovuto lavorare molto duramente per farlo sembrare facile. Ho passato anni a lamentarmi, imprecare, a lanciare la racchetta prima di imparare a mantenere la calma».
«Non sono arrivato dove sono ora solo grazie al talento. Ci sono arrivato cercando di superare i miei avversari», ha aggiunto. E ancora: «Ho creduto in me stesso. Ma devi guadagnartela la fiducia in te stesso».
«Vincere Wimbledon è tutto»
Impossibile che King Roger non parlasse del suo torneo preferito: «Perdere a Wimbledon è stato un grosso problema... perché vincere Wimbledon è tutto».
«Ho avuto modo di giocare in alcuni luoghi straordinari in tutto il mondo, ma quando hai la possibilità di entrare sul Centre Court di Wimbledon, ossia la cattedrale del tennis, e quando finisci come campione... beh, senti la grandezza di questo momento. Non c'è niente di simile».
Nel 2008, stavo per conquistare il sesto titolo consecutivo. Stavo giocando per la Storia. (...) Rafa (Nadal ndr.) ha vinto due set, io ho vinto i due set successivi al tie-break e ci siamo ritrovati a sette pari nel quinto».
«Alcune sconfitte fanno più male di altre»
«Capisco perché la gente si concentra sulla fine... i minuti finali erano così bui (perché era tramontato il sole ndr.) che riuscivo a malapena a vedere il gesso sull'erba. Ma, ripensandoci, mi sembra di aver perso al primo punto della partita».
«Ho guardato dall'altra parte della rete e ho visto un ragazzo che, solo poche settimane prima, mi aveva schiacciato in un set diretto agli Open di Francia, e ho pensato... questo ragazzo è forse più affamato di me».
«Mi ci è voluto fino al terzo set prima che mi ricordassi... Ehi, amico, sei il cinque volte campione in carica! E tra l'altro sei sull'erba. Sai come fare... Ma era troppo tardi e Rafa ha vinto. Ed è stata una vittoria meritatissima».
«Alcune sconfitte fanno più male di altre. Sapevo che non avrei mai avuto un'altra possibilità di vincerne sei di fila. Ho perso Wimbledon, ho perso il mio numero uno del ranking. E all'improvviso la gente ha detto: “Ha avuto una grande carriera. È il cambio della guardia?"».
«Ma io sapevo cosa dovevo fare: continuare a lavorare. E continuare a competere».
«Un punto... è solo un punto»
«Quando giochi un punto, è la cosa più importante al mondo. Ma quando è alle tue spalle, è alle tue spalle... Questa mentalità è davvero cruciale perché ti rende libero di impegnarti completamente sul punto successivo... e su quello successivo ancora...».
«Delle 1.526 partite che ho giocato nella mia carriera, ne ho vinte quasi l'80%. Eppure ho vinto solo il 54% dei punti giocati: i migliori al mondo non sono i migliori perché vincono ogni punto, ma perché sanno che perderanno, ancora e ancora, e hanno imparato come affrontarlo». E questo, ha aggiunto, «vale nel tennis e ancor di più nella vita».
E poi, dopo aver raccontato diversi altri aneddoti e avere fatto il punto sulle sue iniziative benefiche in Africa, è arrivato l'ultimo consiglio del campione: «Da un laureato all'altro, non vedo l'ora di vedere cosa farete in futuro. Qualunque gioco scegliate, date il meglio di voi stessi. Giocate liberamente, provate tutto. E soprattutto siate gentili gli uni con gli altri... e divertitevi là fuori!».