Royal FamilyIl principe Harry contro i tabloid: «Ci sono prove che mi spiavano»
SDA
7.6.2023 - 19:29
Dispositivi di tracciamento degli spostamenti nascosti nelle auto di un amico o dell'ex fidanzata Chelsy Davy; e messaggini scomparsi nel nulla per anni sui suoi cellulari, come succede fra gli effetti collaterali prodotti da certe tecniche d'intercettazione telefonica.
07.06.2023, 19:29
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Sono i conigli tirati fuori dal cilindro in forma d'indizi pesanti – se non di evidenze certe – dal principe Harry, secondogenito di re Carlo III, nelle battute finali della storica deposizione-fiume che lo ha visto ieri, martedì, per circa sei ore e oggi per altre tre sul banco dei testimoni all'Alta Corte di Londra: nell'ambito dell'ultima puntata delle sue crociate giudiziarie contro la persecuzione e le violazioni della privacy imputate ai tabloid della stampa popolar-scandalistica britannica.
La partita stavolta è con il Mirror Group Newspapers (MGN), holding editoriale titolare della testata omonima, e riguarda l'ennesimo presunto caso di intrusioni illegali nella vita privata di diversi vip, risalenti a un periodo compreso fra il 1995 e il 2011.
In un contesto non privo di rischi e motivi d'imbarazzo per il resto di casa Windsor, segnato com'è dalla prima apparizione in tribunale dopo oltre un secolo di un reale dello status del duca di Sussex in veste di teste sotto giuramento.
Una caccia «assolutamente vile» fin da bambino
Una sfida alle regole di cautela, agli interessi e al quieto vivere della dinastia che ieri Harry – quinto, malgrado lo strappo del 2020 dalla Royal Family e il trasferimento negli Stati Uniti con la consorte Meghan Markle, nella linea di successione al trono di suo padre – aveva giustificato come necessaria per ragioni sia oggettive sia soggettive:
puntando il dito tanto contro la caccia «assolutamente vile» subita fin da bambino a colpi d'inseguimenti e pettegolezzi feroci ad opera dei tabloid, quanto sulle mani «sporche di sangue» (il sangue di sua madre Diana e non solo) di certo giornalismo; non senza arrivare a evocare relazioni incestuose fra media e governo, a danno della reputazione di entrambi. E che oggi ha spiegato anche come una manovra obbligata, per cercare di «fermare l'odio indirizzato tuttora contro me e mia moglie» Meghan.
Un controesame senza tregua
Manovra condotta con piglio via via più convinto nei due giorni di botta e risposta con l'avvocato difensore di MGN, Andrew Green, che lo ha sfiancato in un controesame senza tregua sui dettagli delle sue ricostruzioni, per evidenziarne ogni contraddizione o esitazione.
E conclusa, prima di lasciare il tribunale per tornare in California, con la breve coda dei quesiti del suo legale, David Sherborne: concepiti a mo' d'imbeccate per consentirgli di argomentare meglio i sospetti e negare esplicitamente di aver denunciato il giornale sulla base di mere «congetture» o dei soli precedenti già provati in tribunale contro i tabloid in anni passati rispetto ad altre vicende.
Ecco quindi la sottolineatura dei supposti indizi concreti, destinata a essere approfondita nel seguito delle udienze e delle testimonianze dei vertici del «Mirror» che insistono a negare tutto o quasi tutto.
Il principe ha corroborato le accuse con elementi concreti
Indizi che non bastano certo ai detrattori del principe ribelle, a cominciare da tanti royal correspondent d'establishment e da una larga maggioranza d'opinione pubblica del Regno (concentrata peraltro soprattutto nella popolazione adulta, anziana e bianca).
Ma che suggeriscono prudenza sui pronostici di un disastro d'immagine annunciato per Harry a Dominic Casciani, legal analyst della BBC: persuaso che il duca (cui spetta l'onere della prova), pur non disponendo in effetti di «una pistola fumante» in piena regola, abbia saputo corroborare almeno le accuse con elementi concreti che il giudice Timothy Fancourt non potrà non vagliare.
E comunque non appaia «in alcun modo» fuori gioco in partenza sugli esiti di questo procedimento, come di quelli avviati separatamente, in parallelo, contro altri giornali sensazionalisti «nemici» quali il «Sun» di Murdoch o il «Mail».