Fake NewsFake News: ecco perché ci lasciamo sedurre
Di Michael In Albon
11.3.2021
Su Internet le bugie non hanno le gambe corte – al contrario. Ingigantiscono le notizie, facendole girare più velocemente, rendendole più estreme – più apprezzate. Nel linguaggio moderno si parla di «fake news». Ma come e perché funziona la disinformazione?
Di Michael In Albon
11.03.2021, 17:13
11.03.2021, 17:14
Michael In Albon
I motivi per raccontare una falsità possono essere vari. Ad esempio può non essere intenzionale, perché si è capito male qualcosa e lo si riferisce erroneamente. È capitato a tutti.
Ma si possono dire falsità anche intenzionalmente, quindi mentire. Ad esempio per non ferire chi abbiamo di fronte. Queste bugie vengono chiamate in inglese "White Lies", bugie bianche o a fin di bene. Siamo onesti, sono importanti per la nostra convivenza.
Ma le fake news hanno un altro scopo: non raramente si tratta di spostare intenzionalmente l’attenzione su qualcosa, portare avanti di nascosto una propaganda per un obiettivo specifico oppure – e nei social media oggi lo viviamo molto spesso – disinformare in modo mirato.
Si rigirano i fatti, gli si dà (troppa) attenzione oppure si denuncia la propria controparte con insinuazioni.
L’interpretazione rende «la verità» elastica
Se si parla di bugie, bisogna parlare anche della verità. Perché non sempre è chiaro ciò che è vero, quali sono i fatti. Non sempre i dati di fatto sono riconoscibili in modo univoco: è possibile interpretarli in modo diverso (cioè in modo personale).
È un fatto che il Consiglio federale abbia disposto la chiusura delle aziende gastronomiche. Ma sembrava una questione di interpretazione della decisione in che misura i Cantoni dovessero attenervisi, in particolare per quanto riguarda i ristoranti nei comprensori sciistici.
È vero ciò che ci è utile
Quasi 100 anni fa il filosofo William James ha definito così la verità: è vero ciò che ci è utile. Quel che intendeva è che riteniamo corretta un’affermazione tanto quanto essa confermi o spieghi la nostra supposizione. L’esperta in comunicazione Edda Humprecht dell’Università di Zurigo, spiega così:
«Le persone tendono piuttosto a credere a informazioni che confermano la loro immagine del mondo e i propri valori – anche se sono false. La psicologia definisce questo fenomeno confirmation bias oppure errore di conferma. In caso di tematiche polarizzanti, come le elezioni o i referendum, spesso si osserva che la maggior parte delle persone ha opinioni solide e rigide. Si sta da una parte o dall’altra. Non si tratta per forza di decidere se una notizia sia vera, quanto piuttosto di mostrare nelle reti sociali che esistono articoli a sostegno della propria opinione o semplicemente che condividono la propria convinzione.»
Così ci lasciamo attrarre dalle fake news
Le fake news hanno successo proprio con questo errore di conferma. Ci danno quel che "vogliamo sentire". La dottoressa Humprecht spiega:
«Nella maggior parte dei casi le informazioni false sono ben elaborate: immagini che attirano l’attenzione, messaggi semplici al posto di contenuti complessi. Questo fa comodo a molte persone. Proprio quando l’incertezza è elevata, come nella pandemia, cerchiamo spiegazioni che semplifichino la complessità del contesto. Le informazioni false fanno la stessa cosa: distinguono il mondo in bianco o nero, bene o male. Raramente tuttavia ciò corrisponde alla verità.»
Leggere l'intera intervista
Trovate l’intera intervista alla Dottoressa Edda Humprecht nella rivista «enter», la guida di Swisscom per i genitori dedicata ai media digitali. L’edizione attuale affronta tematiche diverse collegate alle fake news.
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