Tra meno di un anno?La peste suina arriverà pure in Ticino, l'esperto: «I boschi saranno chiusi a tutti»
pab
25.1.2024
Per gli esperti, visto che nel nord Italia non si riesce a fermarne l'espansione, la peste suina africana (PSA), letale per cinghiali e maiali, arriverà anche in Ticino. A quel punto le misure drastiche per contenere il virus, come la chiusura all'attività umana nei boschi o nei campi coltivati, saranno realtà. La RSI ha fatto il punto della situazione con due esperti in occasione di una conferenza pubblica svoltasi di recente a Bellinzona.
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25.01.2024, 08:27
25.01.2024, 09:57
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La peste suina africana, virus letale per maiali e cinghiali, è alle porte della Svizzera ed è praticamente inevitabile che arrivi in Ticino dal Nord Italia, dove l'epidemia, malgrado le misure drastiche, non si riesce a debellare.
Nel 2022 il Canton Ticino ha istituito un gruppo di lavoro incaricato di tradurre in pratica e adattare al territorio le direttive federali.
Quando sarà constatata la presenza del virus a Sud delle Alpi scatteranno misure che avranno un impatto importante sull'attività umana, con pure delle ripercussioni economiche: boschi e campi coltivati potrebbero essere chiusi a tutti.
Queste misure saranno necessarie perché le attività umane sono le principali responsabili della diffusione della malattia sulle lunghe distanze. Il virus infatti è molto resistente e rimane infettivo per molti mesi nell'ambiente.
Gli animali infetti diffondono il virus sulle corte distanze poiché muoiono nel giro di poche ore.
La peste suina africana (PSA), che colpisce cinghiali e maiali con un tasso di mortalità che oscilla tra il 90 e il 95%, sta per arrivare in Svizzera, e più precisamente in Ticino, dal Nord d'Italia, dove è presente da qualche anno in Liguria e in Piemonte e a Pavia e dove non si riesce a contenerla.
Tenendo conto che, come spiegato dal veterinario cantonale Luca Bacciarini, un cinghiale può spostarsi fino a 5 chilometri al mese e che i focolai più vicini ai boschi ticinesi sono a poco più di 60 chilometri, il calcolo è presto fatto: in un anno potremmo avere i primi casi anche da noi.
E Vittorio Guberti, uno dei massimi esperti di PSA in Europa, lo conferma ai microfoni della RSI a margine di una conferenza pubblica sul tema, svoltasi qualche giorno fa a Bellinzona: «Voi siete a 60-70 km. È un dato di fatto che, se in Italia non riusciamo a fermarlo, prima o poi il virus vi arriva. È solo questione di tempo».
Il virus si diffonde lentamente, ma letalmente
«La situazione in Italia è abbastanza problematica. La diffusione del virus continua», sottolinea il ricercatore all’Istituto Superiore per la protezione e la ricerca Ambientale di Bologna, che poi specifica che una volta stabilita la presenza del virus in Ticino «non si potrà più cacciare, raccogliere funghi, fare una passeggiata col cane».
Il virus, spiega sempre Guberti, «si trasmette lentamente, soprattutto perché i cinghiali muoiono in fretta, senza sintomi clinici». Spesso muoiono in 48 ore.
«Una minoranza di esemplari sopravvive un po’, dai sette ai 10 giorni, in cui stanno molto male, trasmetterà il virus agli altri».
Un gruppo al lavoro dal 2020 per le misure da adottare
Quando c’è la prova che la PSA è arrivata in una determinata zona scattano le contromisure, che hanno un impatto importante anche sul territorio e sull’uomo.
Il veterinario cantonale Luca Bacciarini spiega che «nel 2022 il Consiglio di Stato ha istituito un gruppo di lavoro e ha prodotto una prima versione del manuale operativo, per tradurre e trasformare le direttive federali alla nostra realtà, per fare in modo che, quando la malattia arriverà, tutti sappiano come si devono comportare».
«Può arrivare in qualsiasi momento. È chiaro che è un virus difficile da combattere e impatterà anche sulle attività umane. Se la PSA arriva nei cinghiali non potremo più andare nel bosco, non si potrà più cacciare eccetera, eccetera. Ci saranno una serie di regole e si avrà anche un impatto economico», spiega Bacciarini.
Gli esseri umani possono trasmettere il virus coi vestiti
Sul sito dell'Ufficio federale della sicurezza alimentare e di veterinaria si specifica che «presente nel sangue, nelle feci, nelle urine, nella saliva e nei tessuti (muscoli, organi) degli animali ammalati, il virus della PSA rimane infettivo per mesi nell’ambiente e nelle carni o nelle carcasse degli animali infetti».
Ecco perché le attività umane sono le principali responsabili della diffusione della malattia sulle lunghe distanze.
«Può capitare che entriamo nel bosco e calpestiamo il luogo dove è morto un cinghiale, un luogo quindi pieno di virus, e poi lo portiamo in giro sotto le scarpe. Può finire anche sui vestiti. Se andiamo a caccia ce lo portiamo sui veicoli e se andiamo a fare una passeggiata con il cane, il virus può finire anche sul suo pelo», spiega Bacciarini.
«Abbiamo una malattia, quindi - prosegue Bacciarini - che non si trasmette solo da animale a animale ed è molto resistente. Quindi lo possiamo con noi in maniera inconsapevole dal rientro da un viaggio all'estero ad esempio sui vestiti, sulle scarpe e pure nei prodotti che provengono da animali infetti».
«Per questo è sempre consigliabile pulire tutto appena rientrati. Per gli abiti basta un lavaggio a sessanta gradi, mentre le calzature e altri oggetti vanno puliti e poi disinfettati».
La PSA condiziona anche la vita delle persone
Guberti spiega che la peste suina «ha un’altra brutta caratteristica: condiziona anche la vita del cittadino normale. Io cittadino che sono abituato ad andare a funghi nel bosco, a fare la mia passeggiata col cane, se c’è un bosco infetto, inevitabilmente, per un certo periodo di tempo, mi verrà vietato di andarci».
Insomma la PSA «è una malattia che non riguarda solo i servizi veterinari, il cinghiale e il maiale. Riguarda anche tutta la popolazione che vive nell’area infetta. La peste crea un grande problema a livello sociale».
Un problema anche per allevatori e agricoltori
La PSA riguarda molto da vicino anche allevatori e agricoltori ticinesi. Lo conferma alla RSI Sem Genini, segretario dell’Unione Contadini Ticinesi: «Sicuramente siamo preoccupati, ne discutiamo già da un paio d’anni. Stiamo cercando di essere pronti a mettere in pratica quanto possibile».
«Ci sono aziende di allevamento suino, ma siamo preoccupati anche per le aziende sugli alpeggi, che hanno magari solo un numero limitato di maiali, ma che avranno problemi. Speriamo di riuscire a contenere la peste suina nel miglior modo possibile», prosegue Genini, che fa parte della «task force» creata dal Cantone due anni fa.
In alcuni casi non si potrà più nemmeno entrare nei campi coltivati e per Genini sarà importante che gli agricoltori non saranno soli a far fronte alle ingenti perdite finanziarie che si potranno avere. Lo stesso discorso vale per gli allevatori che dovessero essere colpiti, che dovranno adottare misure igieniche supplementari importanti.
Segnalare le carcasse di animali al Cantone
Per evitare di importare la PSA, anche la popolazione deve fare la sua parte e il Canton Ticino ha per questo deciso di rafforzare la sensibilizzazione.
Come prevenire? Evitando di spargere rifiuti alimentari nelle natura o di usarli per nutrire animali selvatici e suini, ma anche non portando con sé prodotti a base di carne al rientro da zone dove la PSA è presente.
Infine, il ritrovamento di carcasse di cinghiale va prontamente segnalato al veterinario cantonale via telefono allo 091/814.41.08 o inviando una email all'indirizzo pestesuina@ti.ch.
Sul sito dell'Ufficio federale della sicurezza alimentare e di veterinaria si ricorda che la peste suina africana è un’epizoozia altamente contagiosa e vi è quindi un obbligo di notifica per tutti coloro che detengono, accudiscono o trattano animali.
I casi sospetti devono essere immediatamente notificati al veterinario dell’effettivo.