ProcessoRogo al White di Lugano: «Sono stati usati metodi mafiosi»
Swisstxt / Red
19.10.2022
È iniziato il processo per il rogo al White di Lugano, incendio causato il 12 febbraio 2021 con l'intento di riscuotere i soldi dell'assicurazione. Per Bruno Balmelli, il mandante della truffa e proprietario del negozio, è stata chiesta la pena più severa.
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19.10.2022, 21:26
19.10.2022, 23:25
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Per Balmelli, riporta la RSI, sono stati chiesti tre anni di carcere, uno di questi da espiare.
La procuratrice Margherita Lanzillo sostiene che il 72enne abbia agito senza scrupoli: consapevole di avere potere, ha incluso nella truffa una persona vicina a lui e ha fatto svolgere il lavoro a terzi. In tal modo ha messo in pericolo la vita di chi abita nella zona e quella dei soccorritori intervenuti a spegnere le fiamme.
Si tratta per la procuratrice di una colpa grave. «Non gli fa onore parlare di stupidata e incidente quando si parla di uno dei reati più seri», ha affermato.
Ecco le altre condanne richieste
Sono invece stati chiesti 33 mesi per l'esecutore materiale, di cui 12 da espiare, 34 mesi di cui 12 da espiare per il contatto di Balmelli, 30 mesi di cui 6 da espiare per il 36enne vicino al commerciante e 2 anni interamente sospesi per la donna. I cinque sono davanti allla Corte delle Assise criminali di Lugano da mercoledì.
L'accusa sostiene che il piano sia nato da «menti diaboliche». Sarebbe stato un gruppo organizzato che ha messo in atto modalità che «solitamente sono proprie delle associazioni a delinquere che agiscono con intimidazioni e metodi mafiosi».
Balmelli afferma che non sapeva dell'incendio
Gli imputati, sostanzialmente, hanno ammesso di avere delle responsabilità. Hanno riferito però versioni diverse dei fatti.
Balmelli, ricorda sempre l'emittente di Comano, ha ammesso di aver domandato a un napoletano 45enne - che conosceva bene, era il gerente di un bar vicino al negozio in via Pioda - di aiutarlo a ottenere del denaro dall'assicurazione facendo sparire una parte dei vestiti in eccesso del White.
Poi, però, non si sarebbe più interessato alla questione: sarebbe quindi stato inconsapevole dell'incendio, se no «avrebbe fermato tutto».
Cosa dicono invece gli altri imputati?
Il 45enne napoletano, invece, ha fatto capire che l'idea dell'incendio è stata dell'autore materiale, cioè un parente lontano da lui coinvolto. Si tratta di un sergente dell'esercito italiano di 38 anni, che afferma però di aver agito sotto minaccia e che la sua famiglia a Napoli era in pericolo. Per giustificare la benzina e l'accelerante da lui comprato varie ore prima dell'incendio ha invece detto: «Ero convinto che sarebbero serviti a una festa in baita con alcune ragazze che mi era stata promessa».
La donna, che lavorava sempre nel bar, ha avuto un ruolo poco chiaro. Lei dice che non sapeva del piano, ma dei messaggi vocali messi agli atti fanno capire invece che ne fosse a conoscenza.
Infine, riporta sempre la RSI, c'è anche un 36enne vicino a Balmelli che, su richiesta di quest'ultimo, si è reso disponibile ad aiutare ad organizzare il piano. Secondo la requisitoria è lui l'unico ad aver riferito una versione sincera e lineare dei fatti.