Il commerciante Bruno Balmelli è accusato di incendio intenzionale e tentata truffa all'assicurazione. Aveva notificato un danno di 2,5 milioni di franchi.
SwissTXT / red
19.10.2022, 14:54
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Alle Assise criminali di Lugano vengono da oggi, mercoledì, processate cinque persone per il rogo del negozio White di Via Nassa, avvenuto il 12 febbraio 2021. Tra queste c'è il proprietario, il noto commerciante Bruno Balmelli.
L'uomo è reo confesso, dato che ha ammesso, in sostanza, di essere il mandante. Le altre quattro persone hanno invece responsabilità diverse e sono accusate di aver partecipato alla tentata truffa all'assicurazione, da 2 milioni e mezzo di franchi. Per tutti i reati ipotizzati sono di incendio intenzionale e tentata truffa.
Negozio alle fiamme per via del lockdown
L'idea di dar fuoco al proprio negozio, secondo la procuratrice pubblica Margherita Lanzillo e come riporta la RSI sul suo sito, ricordando la vicenda e l'iter procedurale, è maturata nel dicembre del 2020. Il Consiglio federale aveva appena deciso, a causa dell’emergenza Covid, di chiudere nuovamente bar e ristoranti e di ridurre la capienza dei negozi.
Balmelli ha quindi contattato in prima battuta un 45enne residente a Napoli, che conosceva perché lavorava a Lugano. A lui ha chiesto di aiutarlo a far sparire la merce presente in negozio, adducendo proprio difficoltà economiche dovute al periodo pandemico.
La base operativa era in un bar a pochi passi di distanza. A processo infatti c'è anche una donna che in questo locale lavorava e che ha acconsentito a mandare una mail per un finto colloquio di lavoro in pieno lockdown (gennaio 2021) a quello che poi sarebbe diventato l'autore materiale dell'incendio, ossia un 38enne sergente dell’esercito italiano, sempre residente a Napoli, che tra l'altro nell'incendio aveva anche riportato ferite di una certa gravità.
Nel frattempo, il commerciante aveva coinvolto anche una persona a lui vicina, un 36enne, quale punto di contatto con i complici, persona che ha aiutato i due italiani a pianificare l'incendio attraverso sopralluoghi, acquisti e trasporti diversi. Dalle carte risulta infatti che Balmelli – dopo aver dato il mandato - si è disinteressato dell’esecuzione materiale del piano.
La versione del commerciante
«Mi sono fidato di una persona che mi ha detto che avrebbe messo le cose a posto»: così lo stesso Balmelli in aula, dichiarando in sostanza di essersi limitato, in un primo tempo, a chiedere a un 45enne napoletano che frequentava il bar vicino allo storico negozio di famiglia di Via Pioda se poteva aiutarlo a far sparire una parte della merce in eccesso che aveva al White.
Il resto del piano sarebbe poi stato ordito dal napoletano che gli aveva assicurato «che gli avrebbe fatto un favore pensandoci lui». Il commerciante ha dichiarato di non sapere che era intenzionato a dar fuoco al locale, che se lo avesse saputo «avrebbe fermato tutto». Immaginava un furto o un danneggiamento a una parte della merce, non la distruzione del locale.
Una versione, questa, che il presidente della Corte, il giudice Amos Pagnamenta, gli ha però contestato. Verbali alla mano, in fase di inchiesta Balmelli aveva dichiarato che aveva capito (dal secondo incontro con in complici) che la merce sarebbe stata incendiata al piano inferiore del negozio. E il compenso per chi ha organizzato il tutto? «Non avevamo fatto delle cifre», ha dichiarato.