Dopo una settimana di negoziatiLa COP29 è a rischio flop, il presidente Babayev si appella al G20
SDA
18.11.2024 - 18:34
Dopo una settimana di trattative, la Cop29 di Baku è a serio rischio flop. E il suo presidente lancia un appello al G20 di Rio, perché mandi un segnale politico che sblocchi l'impasse.
Keystone-SDA
18.11.2024, 18:34
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L'obiettivo principale della conferenza Onu sul clima quest'anno è varare un nuovo fondo per aiutare i Paesi vulnerabili contro il cambiamento climatico. Quello da 100 miliardi di dollari all'anno previsto dall'Accordo di Parigi scade nel 2025.
La speranza delle Nazioni Unite per Baku era di aumentare questa cifra e di migliorare il meccanismo del fondo. Ma dopo una settimana di trattative fra gli stati, i risultati non si vedono.
«Lasciatemi dire che sono preoccupato per lo stato dei negoziati - ha detto oggi il presidente azero della Cop, Mukhtar Babayev -. Le parti non si avvicinano a velocità sufficiente». La conferenza finisce venerdì 22, e il rischio di fallimento è reale.
L'appello ai Paesi del G20
Così, Babayev ha lanciato un appello al G20. I suoi Paesi, ha detto in conferenza stampa a Baku, «rappresentano l'85% del Pil mondiale e l'80% delle emissioni globali. La loro leadership è essenziale per fare progressi su ogni aspetto dell'Accordo di Parigi, dalla finanza alla mitigazione all'adattamento. Non possiamo riuscire senza di loro».
«Il G20 – ha proseguito Babayev – deve lanciare un segnale positivo sul suo impegno immediato ad affrontare la crisi climatica. Vogliamo che fornisca un chiaro mandato, da portare alla Cop29».
Sul fondo di aiuti per il clima (Ncqg, New Collected Quantified Goal), le distanze fra le parti sono ancora abissali. I Paesi in via del sviluppo ed emergenti del G77, guidati dalla Cina, chiedono 1'300 miliardi di dollari all'anno, prevalentemente in finanziamenti pubblici a fondo perduto.
I paesi sviluppati rispondono che non riusciranno mai a raccogliere quella cifra (lo ha ripetuto oggi a Baku il commissario europeo all'Energia, Wopke Hoekstra). Chiedono invece che la Cina e gli altri emergenti versino di più, e che si contino nel fondo anche i prestiti pubblici e privati.
«I ministri devono trovare soluzioni a problemi politici chiave»
Dopo la prima settimana affidata agli sherpa, da martedì a Baku cominciano a trattare i ministri dell'Ambiente e dell'Energia (per la Svizzera Albert Rösti sarà nella capitale dell'Azerbaigian il 21 e il 22 novembre, ndr.).
«I ministri devono trovare soluzioni a problemi politici chiave - ha detto Babayev -: la struttura, il quantum, i donatori. I politici hanno il potere di raggiungere un accordo che sia ambizioso ed equo».
«I costi dell'adattamento stanno schizzando per tutti, specialmente per i Paesi in via di sviluppo – ha spiegato a Baku il segretario dell'agenzia dell'Onu per il clima, l'Unfcc, che organizza le Cop -. Potrebbero salire a 340 miliardi all'anno nel 2030, raggiungendo 565 miliardi all'anno nel 2050». E ha aggiunto, parlando dei negoziati: «Basta col teatro, passiamo alle cose serie».
Una tassa su sette delle maggiori aziende petrolifere?
Proprio oggi, l'inquinamento atmosferico a New Delhi, alimentato dalle centrali a carbone, ha superato di 60 volte i limiti dell'Oms, portando alla chiusura delle scuole.
Greenpeace ha proposto «una piccola tassa su sette delle maggiori aziende petrolifere del mondo (ExxonMobil, Shell, TotalEnergies, BP, Chevron, Equinor, Eni)».
A suo dire «consentirebbe di aumentare di oltre il 2000% il fondo delle Nazioni Unite per risarcire le perdite e i danni causati dagli eventi climatici estremi».