COP29 A Baku i negoziati sulla finanza climatica sono ancora in alto mare

SDA

14.11.2024 - 20:51

A person walks past art in the Turkey Pavilion at the COP29 U.N. Climate Summit, Thursday, Nov. 14, 2024, in Baku, Azerbaijan. (AP Photo/Sergei Grits)
A person walks past art in the Turkey Pavilion at the COP29 U.N. Climate Summit, Thursday, Nov. 14, 2024, in Baku, Azerbaijan. (AP Photo/Sergei Grits)
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Alla COP29 di Baku, il negoziato sugli aiuti ai paesi vulnerabili contro il cambiamento climatico è ancora in alto mare. I paesi dell'ONU non si mettono d'accordo su quanti soldi versare, chi li deve versare, a quali condizioni. Una commissione di esperti ha stimato la cifra stratosferica di 1.300 miliardi di dollari all'anno. Ma l'accordo è ancora lontano.

«Sul tema principale della COP29, il nuovo obiettivo di finanza climatica, l'Ncqg, le parti sono ancora divise in modo significativo – ha ammesso stamani in conferenza stampa uno dei negoziatori della Ue, Jacob Werksman -. Difficile dire ora dove sarà il punto di caduta».

Sul tavolo c'è il rinnovo del fondo da 100 miliardi di dollari all'anno di aiuti ai paesi vulnerabili, previsto dall'Accordo di Parigi e in scadenza nel 2025.

Il primo problema è decidere la cifra

Il Gruppo di esperti indipendenti di alto livello sulla finanza climatica, una commissione che dal 2021 assiste la COP, calcola che al mondo servano 6.500 miliardi all'anno per la finanza climatica. Di questa somma, 1.300 miliardi all'anno devono andare ai paesi in via di sviluppo (esclusa la Cina).

Il G77, il gruppo delle Nazioni Unite che raccoglie questi stati, ha subito rilanciato questa cifra sul tavolo negoziale di Baku. I donatori hanno fatto muro. A loro avviso, è già è un'impresa raccogliere 100 miliardi all'anno. Che infatti, si sono raggiunti solo nel 2022.

Finanziamenti a fondo perduto per i paesi in via di sviluppo?

Ma i contrasti non finiscono qui. Bisogna anche chiarire cosa si intende per «finanziamenti». I paesi in via di sviluppo vogliono che siano «grant», cioè finanza pubblica a fondo perduto, o al massimo «finanza concessionale», cioè prestiti a tassi agevolati. Finora, nei 100 miliardi sono stati contati anche prestiti a tasso di mercato, che difficilmente si possono considerare aiuti.

E poi, bisogna capire a cosa vanno destinati questi soldi. Alla mitigazione delle emissioni (che interessa ai paesi ricchi che vendono le tecnologie delle rinnovabili) o all'adattamento al clima cambiato (che interessa ai paesi poveri che ne subiscono gli effetti disastrosi)?

120 miliardi all'anno dalle banche, 65 dal privato

Gli stati sviluppati vogliono anche sapere dove vanno a finire i loro soldi, e chiedono meccanismi severi di selezione dei progetti e di controllo della loro attuazione.

Da Baku, le principali banche multilaterali di sviluppo hanno fatto sapere che possono arrivare a 120 miliardi all'anno di finanziamenti climatici per i paesi in via di sviluppo, e mobilitarne altri 65 dal settore privato.

E papa Francesco da X ha lanciato un altro appello: «Spero che la COP29 possa dimostrare che c'è una comunità internazionale disposta a guardare oltre i particolarismi e a porre al centro il bene dell'umanità e la nostra casa comune».

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