SpagnaTra morte e caos, a Valencia torna un filo di speranza
SDA
5.11.2024 - 20:49
Morte, distruzione e caos compongono un quadro drammatico, ad una settimana di distanza lo tsunami di fango che ha sepolto 70 comuni della provincia di Valencia, cancellato almeno 221 vite e messo in ginocchio quasi un milione di persone che vivono nell'area. Non si può non sottolineare, però, la straordinaria solidarietà e voglia di riscatto delle popolazioni colpite.
05.11.2024, 20:49
05.11.2024, 21:27
SDA
Continua senza sosta la ricerca dei tanti dispersi, il cui numero resta tuttôra imprecisato. Dalla marea di fango continuano a riaffiorare resti umani.
Alcuni a chilometri di distanza, come i tre corpi recuperati nel parco naturale della Albufera, a valle dei municipi colpiti dalle inondazioni, in una vasta laguna battuta palmo a palmo da una trentina di sub della guardia civile, con l'aiuto di cani molecolari.
È la conca interna, prima della foce nel mare, in cui confluiscono i torrenti del Poyo o di Chiva, trasformati dalle piogge alluvionali del 29 ottobre in uno tsunami di acqua e fango che ha distrutto interi paesi e tutto ciò che hanno trovato sul loro corso.
Alcune delle carcasse delle 90'000 auto travolte dal muro di acqua sono finite nella risaia del parco naturale che comprende numerosi dei comuni devastati dalle inondazioni.
Proseguono le ricerche
La nave oceanica «Ramon Margalef», si unirà alle ricerche con la polizia Scientifica.
Nessun corpo è stato invece ritrovato nel maxi parcheggio del centro commerciale Bonaire di Aldaia - diventato famoso per le immagini diffuse negli ultimi giorni - come ha confermato Francisco Pardo, il direttore generale della polizia membro del comitato di crisi della Moncloa, che ha lamentato la disinformazione diffusa.
Rischio malattie
Una settimana dopo la maggiore catastrofe di questo secolo in Europa, nelle zone colpite c'è ancora chi non ha acqua potabile e sogna una doccia. Le autobotti la distribuiscono in bottiglia, perché quella dei rubinetti, considerando le molte condotte fognarie saltate, potrebbe non essere potabile.
L'allerta sanitaria resta alta per il rischio di malattie infettive, febbre, diarrea r affezioni gastrointestinali, come ha spiegato Pedro Gullon, direttore generale di Salute pubblica.
I cumuli di spazzatura, detriti ammassati e le pozze putride sono focolai di batteri, anche se le autorità tendono a escludere rischio di colera.
Intanto, nelle località travolte dal fango il 98% delle forniture di luce e il 93% di quelle dell'acqua è stato ripristinato, mentre è più difficile ristabilire le telecomunicazioni.
Barlumi di miglioramento
Accade che il filo sottile fra la disperazione e la speranza possa essere anche una strada finalmente ripulita dall'esercito, che libera dall'isolamento e ristabilisce il collegamento alla provinciale e a Valencia. È il caso di Picana, dove il fiume in piena ha travolto 4 dei 5 ponti, a poche centinaia di metri da Paiporta, ground zero della catastrofe.
«Oggi si comincia a vedere un po' di luce perché sono arrivati militari con i mezzi pesanti e hanno liberato la strada principale, ora non siamo più isolati», dice all'ANSA Maria Mata, 48 anni.
«Una settimana fa ci siamo risvegliati in un film dell'orrore», ricorda. «Se non ci fossero stati questi ragazzi venuti ad aiutare, saremmo rimasti abbandonati. Lo Stato è arrivato tardi» aggiunge, indicando decine di volontari che continuano a spalare melma e a svuotare scantinati e negozi dai mobili marci.
Una sensazione di impotenza
Juan Zampieri, argentino, proprietario del ristorante Santelmo di Valencia, da una settimana paga di tasca sua per offrire 600 pasti caldi al giorno. «Valencia mi ha dato molto in 30 anni, sono qui per restituire quanto ricevuto», segnala.
Con le scuole chiuse, i negozi distrutti e nessun servizio disponibile, nella vicina Paiporta anche una pseudo normalità resta un'utopia. «In alcune zone ancora non siamo potuti arrivare per il terreno troppo instabile», dice Javier Arangio, tecnico di un'impresa elettrica.
«La rabbia della gente qui è esplosa perché abbiamo bisogno di più aiuti. È stata la sensazione di impotenza a scatenare le proteste contro i monarchi, Pedro Sanchez e il governatore Carlos Mazon», segnala Isabel Martin, in passato sindaco della cittadina che finora ha registrato il più pesante bilancio di vittime.