Corea del SudCaos in Corea del Sud, l'ex ministro della Difesa tenta il suicidio
SDA
12.12.2024 - 07:00
L'ex ministro della Difesa sudcoreano Kim Yong-hyun ha tentato di togliersi la vita nel carcere di Seul dove gli è stato formalizzato l'arresto per insurrezione e abuso di potere.
12.12.2024, 07:00
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Ritenuto tra gli ispiratori del maldestro tentativo del presidente Yoon Su-yeol di imporre la legge marziale lo scorso 3 dicembre, Kim è stato trasportato in una cella di protezione e le condizioni di salute sono stabili, secondo quanto ha riferito in Parlamento un funzionario dell'amministrazione penitenziaria.
Su di lui pende il sospetto di un ordine dato ai suoi vice di schierare il personale militare al Parlamento e alla Commissione elettorale nazionale, oltre a pressioni indebite di vario tipo.
La polizia cerca d'irrompere nel palazzo presidenziale
Il caos in cui è precipitato il Paese a seguito della legge marziale, dichiarata da Yoon e revocata sei ore dopo in seguito alla bocciatura parlamentare, non accenna a placarsi, mentre le indagini procedono a passo spedito e puntano sul presidente Yoon, sparito da tutti gli eventi pubblici tra la rabbia e l'incredulità scatenate a livello nazionale.
Oh Dong-woon, a capo dell'Anticorruzione, ha dichiarato che il suo ufficio proverà a «detenere o arrestare» Yoon. «Se la situazione lo consentirà, cercheremo un arresto di emergenza o uno basato su un mandato del tribunale», ha spiegato Oh, citato dalla Yonhap, in un'audizione parlamentare.
Valutazioni espresse mentre la polizia ha provato a fare irruzione nell'Ufficio presidenziale (ed è stata fermata dalle guardie di sicurezza) alla ricerca di documenti utili a ricostruire responsabilità e modalità della legge marziale, a partire dal verbale (introvabile, secondo i media locali) della drammatica riunione di gabinetto che ha preceduto la svolta autoritaria annunciata in tv dal presidente.
Ecco come si sarebbe arrivati alla legge marziale
Secondo una ricostruzione del Chosun Ilbo, quotidiano di Seul, numerose testimonianze suggeriscono che sia stato Yoon «a dirigere l'intero processo, dall'annuncio allo spiegamento delle forze militari capofila dell'insurrezione» dopo «un'accesa riunione di gabinetto» in cui ha chiarito i suoi propositi incontrando la forte opposizione del vicepremier Choi Sang-mok, del capo dell'intelligence (Nis) Cho Tae-yong e di altri funzionari.
Yoon avrebbe respinto tutti i rilievi: «Questa è la mia decisione come presidente», avrebbe detto prima di abbandonare la riunione.
Gli agenti, nel frattempo, hanno fatto irruzione e perquisito gli uffici della Polizia nazionale e di Seul (a stretto giro dall'arresto dei rispettivi capi), nonché di quella dell'Assemblea nazionale. Anticorruzione, polizia e ministero della Difesa hanno deciso un pool investigativo congiunto per accelerare le indagini.
Arriva anche la reazione del Nord
La battaglia per l'impeachment di Yoon intanto tornerà di attualità giovedì con il deposito in Parlamento di una nuova mozione delle opposizioni che sarà votata sabato.
Le possibilità di successo, dopo il fallimento di quella del 7 dicembre, sono date in rialzo visto che altri deputati del People Power Party, il partito del presidente al potere, avrebbero manifestato il proprio sostegno.
Dalla Corea del Nord, infine, i primi commenti al vetriolo sull'incredibile vicenda: «L'incidente scioccante del regime fantoccio di Yoon Suk-yeol, che ha dichiarato all'improvviso la legge marziale e brandito senza esitazione pistole e coltelli della sua dittatura fascista, ha provocato il caos in tutta la Corea del Sud», recitava oggi in un dispaccio dell'agenzia ufficiale Kcna.