Stati Uniti Quanto diventeranno potenti le aziende di Elon Musk grazie all'alleanza con Trump?

dpa

13.11.2024 - 06:01

Elon Musk è il Ceo di Tesla e SpaceX, oltre ad essere proprietario della piattaforma X. 
Elon Musk è il Ceo di Tesla e SpaceX, oltre ad essere proprietario della piattaforma X. 
KEYSTONE

Elon Musk ha sostenuto Donald Trump durante la campagna elettorale, diventando un suo stretto confidente. Questa vicinanza solleva molte domande sui conflitti di interesse.

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Hai fretta? blue News riassume per te

  • Il miliardario della tecnologia Elon Musk ha scommesso tutti i suoi soldi sulla vittoria di Donald Trump alle elezioni - e ha vinto.
  • La ricompensa è l'influenza politica alla Casa Bianca.
  • La vicinanza a Trump solleva molte domande sui conflitti di interesse.
  • La società SpaceX di Musk, ad esempio, ha contratti miliardari con la NASA.
  • Un minore controllo delle autorità sulle sue aziende potrebbe favorire i business del 53enne.

Il miliardario Elon Musk ha scommesso sulla vittoria di Donald Trump alle elezioni - e ha vinto. La ricompensa: l'influenza politica alla Casa Bianca, ed il primo giorno dopo le elezioni presidenziali ne è stato un assaggio, in quanto Musk era presente alla telefonata del Presidente eletto con il Capo di Stato ucraino Volodymyr Zelensky.

Il 53enne patron di Tesla ha partecipato nonostante non ricopra ancora ufficialmente un incarico governativo. Il team di Trump ha cercato di giustificarsi, attraverso il «Wall Street Journal», sostenendo che la partecipazione di Musk alla conversazione non era stata pianificata.

Era semplicemente entrato nella stanza quando il neoeletto presidente americano e Zelensky stavano parlando.

Secondo le prime informazioni, Trump ha prospettato la possibilità di affidare a Musk la riduzione della spesa pubblica. Ma l'impressione è che il miliardario di origini sudafricane si sia già insidiato in maniera ben più profonda negli affari del nuovo presidente, il che ci conduce a domandarci quanto potrà essere forte la sua influenza nel prossimo quadriennio.

Elon Musk - con uno dei suoi undici figli in braccio - e Melania Trump (a destra) ascoltano Donald Trump durante un'apparizione elettorale a New York. (27 ottobre 2024)
Elon Musk - con uno dei suoi undici figli in braccio - e Melania Trump (a destra) ascoltano Donald Trump durante un'apparizione elettorale a New York. (27 ottobre 2024)
Immagine: Keystone/AP Photo/Alex Brandon

Parte della famiglia

In effetti, negli ultimi mesi Musk si è intrecciato a doppio filo con la cerchia ristretta di Trump. Tanto che lo si può vedere con in braccio uno dei suoi figli in una foto di famiglia dopo la vittoria alle elezioni. Il titano della tecnologia ha fatto molto per guadagnarsi questo posto.

Basti pensare che solo fino a metà ottobre ha versato circa 120 milioni di dollari nella campagna elettorale repubblicana, concentrando i suoi investimenti specialmente in Pennsylvania, uno degli stati decisivi.

Inoltre, ha inondato i suoi oltre 200 milioni di follower sulla piattaforma X, di cui è proprietario, con inviti quotidiani a votare per Trump e con critiche aspre all'avversaria democratica Kamala Harris.

E lo ha fatto soffermandosi in particolare sul controverso tema dell'immigrazione, diffondendo la falsa affermazione secondo cui i democratici stavano facendo arrivare i migranti per cambiare l'esito delle elezioni.

Contro gli ostacoli del governo

Ma in quale direzione Musk potrebbe indirizzare le politiche di Trump? E in che modo gli interessi delle sue numerose aziende potrebbero entrare in gioco? Delle domande che sorgono spontanee sapendo quanto lui si sia lamentato degli ostacoli normativi che limitano i privati e le loro imprese. 

E se il 53enne volesse quindi chiudere i rubinetti delle autorità che gli danno fastidio? Basti pensare a ciò che ha fatto quando ha acquisito Twitter, licenziando la metà del personale. L'apparato governativo potrebbe essere sottoposto a una manovra analoga?

Gli interrogativi sono parecchi, alimentati peraltro dalla potenza che Musk aveva già in quanto privato. Ricordiamo che, oltre a essere il Ceo di Tesla e il proprietario di X, Musk dirige, tra le altre, anche l'azienda aerospaziale SpaceX.

Ciò significa che gli Stati Uniti dipendono già da lui: solo la sua società ha la capacità di lanciare in orbita i satelliti e gli astronauti americani su larga scala.

SpaceX e Starlink sono insostituibili

SpaceX è un business da miliardi di dollari. E la recente debacle del concorrente Boeing non ha fatto altro che consolidare il dominio dell'impresa in mano a Musk.

La stessa azienda è inoltre la produttrice di Starlink. Uno strumento che si sta rivelando indispensabile per l'Ucraina: e sue truppe lo hanno utilizzato per comunicare dopo che gli invasori russi hanno distrutto l'infrastruttura delle telecomunicazioni.

Per rendere l'idea dell'importanza, Musk rivela nella sua biografia di aver impedito lui stesso un attacco dell'esercito ucraino nella penisola della Crimea, in quanto si è rifiutato di attivare il sistema in quella regione. 

Rivalità spaziale tra miliardari

Tuttavia, c'è un altro miliardario della tecnologia che vuole offrire al governo statunitense un'alternativa a SpaceX: il fondatore di Amazon Jeff Bezos. Anche la sua azienda spaziale Blue Origin sta sviluppando razzi e sta progettando di competere con Starlink con il sistema satellitare Kuiper.

Viene naturale chiedersi se la vicinanza di Musk a Trump possa rompere la concorrenza che si stava creando in quest'ambito. Ma per il momento resta impossibile prevedere i prossimi sviluppi.

Bezos, da parte sua, bada a non turbare Trump. Non a caso, si è congratulato con il neoeletto presidente in modo quasi euforico, e poco prima delle elezioni, il quotidiano di sua proprietà, il «Washington Post», ha rinunciato a un endorsement - che con ogni probabilità sarebbe stato verso Kamala Harris - per la prima volta dopo 36 anni.

Lo stesso giorno che il giornale ha annunciato di non prendere posizione, il capo di Blue Origin, Dave Limp, ha incontrato Trump. Una coincidenza, ha assicurato il miliardario.

Indagini contro Tesla

Per quanto riguardo l'altro enorme business di proprietà di Musk, Tesla, all'azienda farebbe bene anche un po' di attenzione in meno da parte delle autorità di regolamentazione.

La National Highway Traffic Safety Administration (NHTSA), infatti, sta indagando da anni sugli incidenti che coinvolgono il sistema di assistenza alla guida «Autopilot».

Solo pochi giorni fa è stato reso noto che l'NHTSA ha evidenziato un problema in questa funzionalità, in quanto potrebbe dare falsamente l'impressione ai conducenti che le vetture siano in grado di guidare da sole. Tuttavia, anche l'ultima fase di espansione, chiamata «Full Self-Driving», è solo un sistema di assistenza in cui l'uomo al volante deve rimanere sempre al comando.

Il robotaxi ed i suoi ostacoli

Nonostante le varie controversie, il sostenitore di Trump continua ad avere grandi progetti. Ha presentato di recente, per esempio, un robotaxi Tesla senza volante né pedali. Entrerà in produzione a partire dal 2026 e consentirà la guida autonoma utilizzando solo telecamere, invece dei costosi radar laser su cui si basano oggi le aziende di robotaxi di successo come Google.

Tesla ha come obiettivo quello di costruire due milioni di veicoli di questo tipo all'anno. Ma due problemi maggiori si pongono per raggiungere questa cifra, e una minore pressione da parte delle autorità potrebbe aiutare in entrambi i casi. In primo luogo, gli esperti non sono affatto certi che una guida autonoma affidabile possa essere ottenuta solo con le telecamere. E secondariamente, le auto senza volante e pedali sono attualmente ammesse sulle strade solo in numero ridotto, come veicoli sperimentali.

Fra pubblico e privato

In uno straordinario intreccio tra politica statunitense e settore privato, a settembre il vicepresidente eletto di Trump, J.D. Vance, ha collegato i contributi americani alla NATO al fatto che nell'UE non siano stati presi provvedimenti contro la piattaforma online X di Musk.

In un'intervista rilasciata allo youtuber Shawn Ryan, Vance ha infatti affermato che gli Stati Uniti devono dire agli Stati europei di impegnarsi per proteggere la libertà di parola, se vogliono ottenere degli ulteriori sostegni finanziari per l'alleanza di difesa. 

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