Dopo le elezioni Orban vola in Georgia e attacca l'Ue: «C'è una cospirazione aperta»

SDA

29.10.2024 - 21:48

Irakli Kobakhidze e Viktor Orban posano a Tbilisi, Georgia.
Irakli Kobakhidze e Viktor Orban posano a Tbilisi, Georgia.
Keystone

La recente visita di Viktor Orban in Georgia, poco dopo la controversa vittoria dei filo-russi di Sogno Georgiano, intensifica la frattura con Bruxelles. Il premier ungherese sfida apertamente l'Ue, mentre von der Leyen prepara la risposta e guarda con attenzione agli sviluppi nel paese georgiano.

Un nuovo colpo a Ursula von der Leyen, una frattura con Bruxelles che sembra ormai non avere alcun margine per una ricomposizione. La visita del premier ungherese Viktor Orban a Tbilisi a poche ore dalle elezioni che hanno decretato la vittoria dei filo-russi di Sogno Georgiano e che l'Ue non ha ancora riconosciuto come legittime è destinata ad avere ripercussioni ben oltre il Caucaso.

Il dossier Georgia sarà centrale nei prossimi giorni. Ed è stato inserito da Charles Michel nell'agenda del summit Ue che, fra poco più di una settimana, si terrà a Budapest proprio sotto la presidenza di Orban.

Da qui all'otto novembre, giorno del vertice ungherese, l'Ue rischia di vivere un nuovo cortocircuito. Il premier magiaro, sul quale pende ancora il congelamento dei fondi Ue, dopo il redde rationem all'Eurocamera a inizio ottobre è tornato ad attaccare frontalmente l'Ue. Si è congratulato, con sospetto coordinamento con Mosca, con il premier Irakli Kobakhidze ben prima che i risultati premiassero i filo-russi. Poche ore dopo è volato a Tbilisi, celebrando delle elezioni «libere e democratiche».

Orban si scaglia contro von der Leyen e Weber

Il governo in Georgia «è eletto dal popolo, non dall'Ue», ha sottolineato Orban, affermando che, con la vittoria di Sogno Georgiano, «il Paese non è diventato un'altra Ucraina».

In un crescendo di tensione che ha coinvolto anche il ministro degli Esteri Peter Szijjaerto, fedele braccio destro, ci ha pensato il leader magiaro a scagliarsi direttamente contro von der Leyen e il leader del Ppe, Manfred Weber, gruppo nel quale siede Peter Magyar, il principale oppositore in patria di Fidesz.

«C'è una cospirazione aperta guidata da von der Leyen e Weber, hanno ammesso che il loro obiettivo è sostituire il governo ungherese con un nuovo governo "Jawohl" (sissignore ndr.), proprio come quello polacco attuale», ha attaccato Orban.

Parole che inducono Bruxelles a pensare a una controffensiva. Il caso Georgia sarà al centro del Comitato politico e di sicurezza. L'Ue attenderà l'esito dei riconteggi decretati dalla Commissione elettorale centrale per il 14% dei seggi elettorali. Poi si muoverà di conseguenza sulla Georgia, tenendo presente che allontanare il Paese dall'Ue ha degli effetti collaterali per la stessa Unione.

L'influenza degli USA

Rispetto a Orban von der Leyen aspetta solo che la sua presidenza finisca e che passi la mano proprio al nuovo nemico numero uno del premier ungherese: la Polonia di Donald Tusk.

L'attivazione dell'articolo 7 per disarmare Orban nei consessi europei è più che mai attuale. Molto, tuttavia, dipenderà da cosa accadrà martedì prossimo negli Usa: una vittoria di Donald Trump darebbe manforte a Orban e renderebbe più solido e più pervasivo il suo muoversi in sintonia con la Russia e con quasi tutti gli avversari dell'Ue sparsi per il mondo.

Nel frattempo i rappresentanti permanenti dei 27 mercoledì si riuniranno sulla dichiarazione comune del summit Ue dell'8 novembre. Il testo è tutto incentrato sulla competitività - Mario Draghi interverrà alla riunione - e vede i 27 molto distanti. La questione Georgia non rasserena certo gli animi.

«L'Ue rischia una deriva presidenzialista»

Il caso Orban, infine, può avere effetti anche sugli equilibri interni all'Eurocamera, dove il Ppe ha aperto le porte a votare assieme ai sovranisti, innescando l'ira di socialisti e liberali.

Votare assieme ai Patrioti di Orban, per Weber, forse sarà un po' più difficile. Mentre dal socialista Nicolas Schmit, commissario al Lavoro uscente, è arrivato un chiaro avvertimento: «L'Ue rischia una deriva presidenzialista».

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