Medio Oriente Netanyahu vola negli USA: «Israele e America alleati sempre»

SDA

22.7.2024 - 20:55

Il premier israeliano Benyamin Netanyahu è volato negli Usa: sarà il primo esponente politico di rilievo ad incontrare Joe Biden dopo la sua scelta di lasciare la corsa per la Casa Bianca.

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu in un'immagine illustrativa.
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu in un'immagine illustrativa.
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Un viaggio rivendicato dal premier perché «è importante che i nemici di Israele sappiano che America e Israele sono uniti, oggi, domani e sempre».

Una visita – la prima di Netanyahu negli Usa in 4 anni e la prima all'estero dopo il 7 ottobre – a un presidente con il quale i dissidi sulla guerra a Gaza sono stati profondi e ripetuti. Tanto da spingere Biden – sconfortato per l'alto numero di vittime civili nella Striscia e pressato per questo dall'opinione pubblica Usa – a bloccare i rifornimenti di armi a Israele.

«Sarà un'opportunità per ringraziarlo per le cose che ha fatto per Israele in guerra e durante la sua lunga carriera politica», ha sottolineato tuttavia il premier, che vanta con Biden un'amicizia di 40 anni.

Netanyahu vedrà anche Harris

Netanyahu, che il 24 luglio parlerà al Congresso Usa, vedrà anche Kamala Harris, attuale vice di Biden e possibile candidata dem nella corsa elettorale. E un incontro è in programma anche con Donald Trump, l'ex presidente che spostò l'ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme e fu l'artefice degli Accordi di Abramo, atti entrambi di enorme valenza politica per Israele.

Attento tuttavia a non suggerire possibili indicazioni di preferenza nel prossimo voto di novembre, un Netanyahu dal tono bipartisan ha osservato che «chiunque sarà scelto come prossimo presidente dal popolo americano, avrà Israele come indispensabile e più forte alleato in Medio Oriente».

Fatto sta che nell'agenda diplomatica del viaggio non c'è più solo la guerra a Gaza, arrivata oramai al nono mese, ma anche la nuova minaccia degli Houthi yemeniti, parte «dell'asse terroristico dell'Iran» denunciato dal premier israeliano.

Verso la ripresa delle trattative 

Netanyahu arriva inoltre a Washington forte della mossa di aver autorizzato la delegazione israeliana a ritornare in Qatar per riprendere, giovedì prossimo, le trattative sugli ostaggi e sul cessate il fuoco. E sarà il tasto – secondo i media – che più rivendicherà nel suo discorso al Congresso insieme a quello della «guerra giusta» a Gaza.

Tuttavia, in patria il premier sconta una sempre maggiore contestazione nelle piazze che vogliono le dimissioni del suo governo e la forte pressione delle famiglie degli ostaggi. Un fronte articolato, compresa l'opposizione di Yair Lapid e dell'ex alleato Benny Gantz, che lo accusa con forza di non aver voluto raggiungere un'intesa su Gaza e sul rilascio dei rapiti prima volare negli Usa.

E che imputa al premier di porre sempre nuovi ostacoli a un accordo per il quale il tempo è decisivo per la sopravvivenza dei circa 116 ostaggi, tra vivi e morti, ancora nella Striscia. Proprio oggi, l'esercito israeliano (Idf) ha confermato la morte a Gaza di due rapiti, i cui corpi sono trattenuti da Hamas. Secondo i dati in possesso dell'esercito, dei 116 ancora prigionieri 44 sono dati per morti.

Sul terreno salgono i morti

Al 290esimo giorno di guerra a Gaza, Hamas ha riferito dell'uccisione di 70 persone a Khan Yunis da parte dell'Idf, tornata in forze, con tank e soldati, ad est della città dopo aver chiesto alla popolazione dell'area di evacuare «temporaneamente» a Mawasi sulla costa.

«Hamas – ha spiegato l'esercito – ha messo infrastrutture terroristiche nell'area definita come zona umanitaria» dalle quali sono stati lanciati razzi verso Israele.

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