Guerra in Medio Oriente Negoziato sull'orlo del fallimento, Biden chiama Netanyahu

SDA

22.8.2024 - 07:00

Vacilla pericolosamente il negoziato per arrivare a una tregua e al rilascio degli ostaggi. Mentre cresce il rischio di escalation sul fronte nord, dove Hezbollah intensifica il lancio dei razzi verso Israele e obiettivi civili.

Edificio distrutto a Gaza, in un'immagine d'archivio.
Edificio distrutto a Gaza, in un'immagine d'archivio.
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Nel giro di 48 ore sulla proposta ponte statunitense si sono addensate le nuvole di posizioni che appaiono inamovibili.

Il presidente americano Joe Biden continua a fare pressioni su Benyamin Netanyahu esortandolo a una «maggiore flessibilità» dopo che l'israeliano ha escluso che le sue truppe si ritirino dall'asse Filadelfia, zona cuscinetto tra Gaza e l'Egitto, e dal corridoio Netzarim nella Striscia.

Posizione, questa, diventata un ostacolo cruciale ai colloqui.

Trattative bloccate?

Anche Hamas resta sulle sue posizioni. Sebbene un messaggio di Sinwar inoltrato agli Usa e a Israele attraverso 'emissari egiziani' sembrerebbe aprire uno spiraglio: il capo di Hamas chiede «garanzie per la sua vita» e che Israele si impegni a non cercare di ucciderlo nel caso in cui l'accordo vada a buon fine.

Per il resto la milizia islamica che comanda a Gaza continua a rivendicare di aver accettato il piano Biden di maggio, pur accusando Washington di essere «diventata più disponibili nel soddisfare le richieste di Israele».

Dichiarazione accentuata da indiscrezioni dal Cairo, riportate dal Times of Israel, secondo cui i «colloqui sono giunti a un punto morto perché non ha senso tenere un altro vertice tra le squadre di mediatori, a meno che gli Stati Uniti non facciano pressione su Netanyahu affinché rinunci alle sue nuove richieste e modifichi di conseguenza la proposta ponte».

Prossimi al fallimento?

Le due parti – Israele e Hamas – dopo le dichiarazioni positive di lunedì a Tel Aviv del segretario di Stato Antony Blinken, sembrano arroccate sulle loro argomentazioni al punto che funzionari Usa e israeliani hanno ammesso, parlando con Politico, che «l'accordo è sull'orlo del fallimento e non esiste uno schema alternativo».

Inoltre, ha aggiunto la fonte di Gerusalemme, «non è affatto sicuro che ci sarà un vertice; se ci fosse, non ci sarebbe nulla di cui parlare finché Israele resterà sulla sua posizione».

Così, se da una parte alcuni analisti sostengono che la palla è nel campo di Sinwar, da Doha Antony Blinken ha avvertito che «gli Stati Uniti rifiutano un'occupazione israeliana a lungo termine di Gaza».

Un messaggio chiaro per Bibi, evidentemente. Nell'instancabile lavoro per ricomporre le posizioni delle due parti, il segretario di Stato ha parlato mercoledì anche con il ministro degli Esteri turco, Hakan Fidan. Colloquio importante, dato che il presidente Recep Erdogan è in ottimi rapporti con i leader politici di Hamas che vivono in Turchia.

Ora, per far comprendere l'urgenza che grava su questo accordo, funzionari israeliani hanno riferito al telegiornale di Channel 12 che le possibilità di un accordo sugli ostaggi in futuro e non adesso sono «estremamente, estremamente basse».

La situazione sul terreno

Ad aggiungere ulteriore preoccupazione sul possibile peggioramento della crisi nella regione sono gli attacchi della milizia sciita legata all'Iran: nelle ultime 24 ore Hezbollah ha lanciato 180 razzi sul nord di Israele, 1.100 in un mese.

La cittadina di Katzrin, sulle alture del Golan, è stata bersagliata, un uomo è stato ferito e 30 persone sono rimaste senza una casa. Israele ha risposto uccidendo con un drone a Sidone Khalil el-Moqdah, fratello di Mounir, un comandante delle Brigate dei Martiri di Al-Aqsa, il braccio armato di Fatah.

L'Idf ha specificato che Khalil operava anche per conto di Hezbollah e del Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche iraniane.

Sintetizzando la situazione militare, il ministro della Difesa israeliano Gallant, dopo aver annunciato che la brigata Rafah di Hamas è stata sconfitta e 150 tunnel lungo il corridoio Filadelfia sono stati demoliti, ha indicato che ora l'esercito israeliano «guarda a nord». Verso il Libano.