Medio OrienteNetanyahu boccia le richieste di Hamas, l'intesa resta al palo
SDA
5.2.2024 - 21:57
Altolà di Benyamin Netanyahu ad Hamas: Israele non accetterà alcun accordo sugli ostaggi che modifichi i termini di quello precedente. L'eventuale intesa per ora resta comunque al palo, visto che le fazioni di Gaza non hanno ancora risposto alla proposta mediata a Parigi da Usa, Qatar ed Egitto.
05.02.2024, 21:57
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Israele non accetterà un accordo «ad ogni prezzo», ha avvertito il premier israeliano, spiegando che «Hamas avanza delle richieste sugli ostaggi che non possiamo accettare». In particolare, «il rapporto di scambio fra ostaggi e detenuti palestinesi deve essere simile a quella dell'accordo precedente», e cioè di 1 a 3 come nell'intesa che aveva portato alla tregua a Gaza di fine novembre.
Ma dalle recenti affermazioni di Hamas – che sembra tuttavia diviso tra la leadership nella Striscia e quella all'estero – questo rapporto non è più sufficiente. Hamas, ma anche la Jihad islamica, ne hanno chiesto una sostanziosa modifica.
Secondo alcune fonti, si è parlato dello scambio di un ostaggio (sono ancora oltre 130 gli israeliani tenuti prigionieri a Gaza) per 35 palestinesi. Non a caso Netanyahu già nei giorni scorsi aveva dichiarato che Israele non libererà mai «migliaia» di detenuti.
L'obiettivo di Israele è la «vittoria completa»
Ma c'è anche un altro aspetto: Hamas – sempre secondo dichiarazioni di suoi esponenti – ha evocato che siano rilasciati detenuti di alto livello, come ad esempio Marwan Barghouti, condannati a vari ergastoli in Israele per attentati terroristici.
E anche i miliziani responsabili dell'attacco del 7 ottobre catturati dall'esercito israeliano. Netanyahu è stato chiaro e ha respinto anche un'altra richiesta «prioritaria» avanzata dalle varie fazioni palestinesi di Gaza: quella di un cessate il fuoco permanente con il ritiro totale dell'esercito dalla Striscia.
«Il nostro obiettivo – ha ribattuto il premier – è una vittoria completa su Hamas. Uccideremo la leadership di Hamas, quindi dobbiamo continuare ad operare in tutte le aree della Striscia di Gaza. Non dobbiamo porre fine alla guerra prima di allora. Ci vorrà del tempo: mesi, non anni».
Del resto, secondo il ministro della Difesa, Yoav Gallant, «la leadership di Hamas, compreso Yahya Sinwar, è in fuga. Passa da un nascondiglio all'altro e non riesce a comunicare con i suoi collaboratori. Sinwar – ha aggiunto – non guida la campagna, non comanda le forze, è impegnato con i suoi compiti personali di sopravvivenza. Il capo di Hamas si è trasformato in un terrorista fuggitivo inseguito dai soldati».
Commissione speciale sul ruolo dell'Unrwa
Intanto l'Onu ha nominato una Commissione indipendente per valutare la neutralità dell'Unrwa, l'agenzia per i rifugiati palestinesi sotto attacco di Israele dopo l'inchiesta su 12 suoi dipendenti accusati di aver partecipato ai massacri del 7 ottobre.
La Commissione – che dovrebbe emettere un rapporto finale a fine aprile – sarà guidata dall'ex ministra degli Esteri francese Catherine Colonna. «Forniremo tutte le prove che evidenziano i legami dell'Unrwa con il terrorismo e i suoi dannosi effetti sulla stabilità regionale», ha reagito il ministro degli Esteri israeliano Israel Katz.
«È imperativo – ha aggiunto – che questa Commissione porti la verità alla luce rendendo necessarie le dimissioni del capo dell'Unrwa Lazzarini». Mentre gran parte dei Paesi donatori ha sospeso i finanziamenti dall'agenzia, la Spagna ha invece deciso di garantirle 3,5 milioni di euro per far fronte a una «situazione disperata» per la popolazione della Striscia.
La stessa Unrwa ha denunciato che «in 4 mesi di guerra, circa 100'000 persone a Gaza sono state uccise, ferite o disperse. Questo – ha spiegato Lazzarini, invocando il cessate il fuoco – rappresenta quasi il 5% della popolazione».
La guerra continua
Al 122esimo giorno di guerra l'esercito israeliano continua le sue operazioni nell'enclave palestinese, soprattutto nella roccaforte di Hamas di Khan Yunis nel sud della Striscia.
L'Idf ha invitato i residenti di alcuni quartieri ad ovest della città ad evacuare «per motivi di sicurezza» dirigendosi verso la zona umanitari di al Mawa. Ma l'impressione è che l'esercito punti a Rafah, a ridosso con l'Egitto, dove gli sfollati sono decine di migliaia.