MO L'Iran aspetta, gli Stati Uniti sperano in una risposta misurata

SDA

7.8.2024 - 20:31

L'invio di Medio Oriente di caccia da guerra e altre unità da combattimento americane potrebbe spingere l'Iran a più miti consigli nella sua risposta ad Israele.
L'invio di Medio Oriente di caccia da guerra e altre unità da combattimento americane potrebbe spingere l'Iran a più miti consigli nella sua risposta ad Israele.
Keystone

Dopo giorni di tensione crescente per le minacce di rappresaglia iraniana contro Israele sono arrivati alcuni tenui segnali in controtendenza. Secondo fonti della Casa Bianca, il pressing diplomatico di Joe Biden sta producendo risultati.

Teheran potrebbe infatti riconsiderare l'entità della sua risposta ed evitare quindi un attacco «pesante», che a sua volta potrebbe scatenare una controreazione israeliana dagli esiti imprevedibili.

La Repubblica islamica, almeno pubblicamente, continua a inviare messaggi ambigui, rivendicando il diritto a rispondere all'omicidio di Haniyeh, ma allo stesso tempo assicurando il suo impegno per la pace.

E tutte le carte restano in effetti sul tavolo, come dimostra la fiducia di Washington su un accordo per una tregua a Gaza «mai così vicino», che potrebbe portare ad una de-escalation nella regione.

Si consolida la pista della bomba in casa, non del missile

È il Washington Post, in una sua ricostruzione, a dare qualche indizio che il cielo sul Medio Oriente sia un po' meno plumbeo.

Fonti dell'amministrazione Biden fanno diverse considerazioni, a partire dalla situazione a Teheran. Il regime, si spiega, ormai ha ammesso in via non ufficiale che il capo di Hamas sia stato ucciso non da un missile, ma da una bomba piazzata in precedenza nella sua stanza, con la complicità di personale iraniano, verosimilmente Pasdaran, assoldato dal Mossad.

E derubricando l'assassinio ad un'azione di spionaggio, che Teheran ha condotto allo stesso modo in Paesi stranieri, verrebbe meno l'esigenza di colpire Israele in grande stile.

Una telefonata burrascosa tra USA e Israele

C'è poi l'aspetto della deterrenza. La volontà di Washington di mostrare i muscoli nella regione potrebbe anche far pensare due volte l'Iran a muoversi in modo troppo aggressivo.

E lo ha confermato anche il portavoce del consiglio per la sicurezza nazionale John Kirby, ribadendo che «se ci sarà un'escalation gli Stati Uniti sono pronti a difendere Israele e noi stessi nel modo appropriato». Circostanza confermata dagli spostamenti dei caccia a stelle e strisce verso la regione.

Washington lavora per scongiurare la guerra totale spingendo anche su Israele. Lo dimostra la burrascosa telefonata tra Biden e Netanyahu nei giorni scorsi, in cui il leader israeliano è stato accusato di ostacolare gli sforzi per una tregua a Gaza.

E la strigliata di Biden, forse, potrebbe avere sortito qualche effetto, tanto che la stessa Casa Bianca nelle ultime ore ha riferito di un'intesa «mai così vicina» su un cessate il fuoco ed il rilascio degli ultimi ostaggi. Ed il Dipartimento di Stato ha chiesto a Sinwar, in quanto nuovo leader politico di Hamas, di accettare la tregua, pur bollandolo come «brutale terrorista».

Troppe ambiguità, non si capisce come vuole agire l'Iran

Gli iraniani nel frattempo portano avanti la loro narrazione. Il presidente Massoud Pezeshkian, parlando con Emmanuel Macron, ha affermato che Teheran ha tra «i suoi principi fondamentali la ricerca della pace», ma «non può restare in silenzio di fronte alle violazioni dei suoi interessi e della sua sicurezza».

Ed il ministro degli Esteri Ali Bagheri Kani, intervenendo alla riunione dell'Organizzazione per la cooperazione islamica, ha lanciato un appello ai tutti i Paesi musulmani perché «sostengano il diritto dell'Iran a difendersi da qualsiasi atto di aggressione», denunciando la mancanza di interesse del regime sionista per la stabilità regionale».

Una postura, quella regime degli ayatollah, che non lascia intravedere in che modo scatterà questa risposta difensiva.

Situazione bollente in Libano

C'è poi l'incognita Hezbollah, perché il fronte libanese resta caldissimo: per la seconda volta in due giorni jet israeliani hanno sorvolato Beirut infrangendo il muro del suono.

«Per come stanno le cose, Nasrallah potrebbe trascinare il Libano a pagare prezzi estremamente alti. Non possono nemmeno immaginare cosa potrebbe succedere», è l'avvertimento lanciato dal ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant alle milizie sciite nemiche.

Nello Stato ebraico i cittadini sono comprensibilmente preoccupati per quello che potrà succedere, ma il premier Netanyahu ha lanciato un appello a «restare calmi». Rassicurando che «siamo preparati sia per la difesa che per l'attacco».

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