Guerra in UcrainaKiev rivuole gli Azov, ma ora c'è il dilemma dei negoziati
SDA
21.5.2022 - 21:44
Il futuro della guerra potrebbe ancora dipendere da Azovstal. All'indomani della caduta dell'acciaieria diventata il simbolo della resistenza ucraina, che ha segnato la definitiva presa di Mariupol da parte dei russi, Volodymyr Zelensky torna ad aprire al negoziato con Mosca, spiegando che il conflitto si può anche vincere sul campo, ma «si concluderà definitivamente con la diplomazia».
Trattative che al momento appaiono però a un punto morto – «l'Ucraina non baratta la propria sovranità né i territori e gli ucraini che ci vivono», ha ribadito il suo negoziatore Mykhailo Podolyak – e saranno ulteriormente complicate dal futuro dei quasi 2500 combattenti della fabbrica-bunker, fatti prigionieri dopo la resa ordinata dallo Stato maggiore di Kiev.
«Molto» dipenderà dal loro futuro, ha spiegato il presidente ucraino, chiarendo che la ripresa dei colloqui è legata all'impegno del nemico a garantire «la vita dei difensori del Mariupol». Del resto, già da tempo la sorte del battaglione Azov e delle altre truppe rimaste asserragliate per quasi tre mesi nella fonderia era stato indicato da Kiev come una linea rossa dei negoziati.
«Li porteremo a casa. Questo è quello che dobbiamo fare con i nostri partner che si sono presi la responsabilità», ha promesso Zelensky.
Una sfida complessa e insidiosa, come dimostra la prima proposta dal sapore provocatorio giunta dall'altra parte della barricata: Mosca, ha detto il negoziatore e capo della commissione Affari Esteri della Duma, Leonid Slutsky, valuterà «la possibilità» di uno scambio tra le truppe di Azov e l'oligarca filorusso Viktor Medvedchuk, catturato il mese scorso in un blitz degli 007 ed esposto come il simbolo dei traditori in Ucraina.
L'oligarca Medvedchuk scambiato con i difensori di Azovstal?
Lo stesso politico, indicato come «uomo di Vladimir Putin» a Kiev, aveva fatto appello al presidente russo a liberarlo attraverso uno scambio con i difensori di Azovstal, prima della sua caduta. I margini per una trattativa restano comunque stretti.
Per il leader dei separatisti filorussi di Donetsk, Denis Pushilin, prima linea degli intransigenti, un processo davanti a un tribunale militare è «inevitabile», perché si tratta di «una richiesta dei cittadini e della società».
Nel Donbass continuano i pesanti combattimenti
Sul terreno, il fronte più caldo rimane quello del Donbass, dove pesanti combattimenti continuano nell'area di Severodonetsk, snodo strategicamente importante perché il suo controllo consentirebbe ai russi di dirigersi verso ovest e collegarsi con le forze che stanno spingendo a sud-est di Izyum, nel tentativo di prendere il controllo dell'intera regione di Lugansk.
Secondo lo Stato maggiore di Kiev, le truppe nemiche si stanno anche apprestando a rilanciare le operazioni verso Slovyansk, nella regione di Donetsk. Il think tank militare American Institute for War Studies afferma che i russi avrebbero «riguadagnato alcune posizioni prese dalla controffensiva ucraina a nord della città di Kharkiv» e «si stanno probabilmente preparando per una più grande controffensiva ucraina e per un conflitto prolungato sull'asse meridionale».
Una riorganizzazione dopo settimane di difficoltà e pesanti perdite, con oltre 28 mila soldati di Mosca uccisi secondo Kiev e molti corpi abbandonati nelle ritirate, compreso quello del tenente colonnello Vitaly Gerasimov, di cui gli ucraini avevano rivendicato l'uccisione a inizio marzo vicino a Kharkiv.
Gli scontri si accompagnano a nuovi bombardamenti che prendono di mira la popolazione. Nel Lugansk, sono 13 i civili rimasti uccisi in 24 ore, secondo il governatore Serhiy Gaidai. Bilanci sempre più drammatici che si aggiungono agli orrori emersi quotidianamente nelle zone abbandonate dagli invasori.
«Crimini indicibili vengono segnalati dalle regioni liberate in Ucraina – ha denunciati anche l'Alto rappresentante Ue Josep Borrell -. La violenza sessuale come arma di guerra contro donne e bambini è tra le atrocità commesse dai soldati russi. Gli autori devono esserne considerati responsabili».