Medio Oriente Israele attacca l'Iran, al via l'operazione «Giorni del pentimento»

SDA

26.10.2024 - 20:29

Israele ha tenuto sulla corda l'acerrimo nemico per quasi un mese ma alla fine, come promesso, ha colpito.

In questa immagine tratta da un video rilasciato dalle Forze di Difesa Israeliane sabato 26 ottobre 2024, il portavoce militare israeliano, il contrammiraglio Daniel Hagari, annuncia che l'IDF sta conducendo attacchi contro obiettivi militari in Iran. 
In questa immagine tratta da un video rilasciato dalle Forze di Difesa Israeliane sabato 26 ottobre 2024, il portavoce militare israeliano, il contrammiraglio Daniel Hagari, annuncia che l'IDF sta conducendo attacchi contro obiettivi militari in Iran. 
KEYSTONE/Israel Defense Forces via AP

Le esplosioni che hanno squarciato la notte di Teheran hanno annunciato agli iraniani l'imponente operazione lanciata dallo Stato ebraico con il dispiegamento di un centinaio di aerei: eluse le fragili difese antiaeree, in tre ore sono stati centrati almeno venti tra siti militari, postazioni di missili e sistemi radar.

Benyamin Netanyahu dal suo bunker ha seguito l'attacco, scattato come rappresaglia ai razzi lanciati dal regime degli ayatollah il primo ottobre. Un blitz significativo, ma comunque non devastante, per andare incontro alle richieste degli Usa di evitare un allargamento del conflitto su scala regionale.

Proprio nella logica di un'azione limitata, le autorità di Teheran sarebbero state informate attraverso terze parti prima che i caccia si alzassero in volo. E la reazione della Repubblica islamica, non a caso, è stata quella di minimizzare i danni. Un segnale che il botta e risposta, almeno per il momento, potrebbe chiudersi qui.

«L'attacco sarà letale, preciso e sorprendente», aveva assicurato nelle scorse settimane il ministro della Difesa Yoav Gallant. L'obiettivo, punire l'azzardo di Teheran, i suoi duecento missili balistici scagliati sul territorio israeliano per vendicare l'uccisione di Ismail Haniyeh e di altri quadri di Hezbollah.

Operazione «Giorni del pentimento»

Così nelle prime ore di sabato è scattata l'operazione 'Giorni del pentimento', con un imponente dispiegamento di forze. Prima i jet e i droni hanno messo fuori uso le batterie di difesa aerea e radar in Siria e Iraq, per impedire l'intervento delle milizie sciite locali, poi è iniziato il bombardamento sugli obiettivi in Iran, tra cui le basi militari intorno alla capitale e nelle province di Khuzestan e Ilam.

Attacchi «simultanei» a impianti di produzione di missili, postazioni di missili terra-aria e sistemi di difesa aerea, ha poi comunicato l'Idf dichiarando l'operazione conclusa, con il rientro «senza perdite» di tutti i velivoli. Tra gli obiettivi anche un 'componente speciale' usato per alimentare i missili a lungo raggio Khaybar e Qassem. L'Iran non subiva un attacco di tale portata sul suo suolo dalla guerra con l'Iraq negli anni '80.

Sempre il portavoce dell'esercito israeliano, Daniel Hagari, ha poi specificato che «ora abbiamo una maggiore manovrabilità aerea sull'Iran». Si è trattato quindi di una dimostrazione di forza e della propria potenza militare piuttosto che di un'azione diretta a infliggere gravi danni.

Un messaggio di deterrenza a Teheran, con l'avvertimento a non reagire che lo Stato ebraico – secondo Axios – ha inviato al suo rivale informandolo prima dei raid, «chiarendo in anticipo cosa avrebbe e cosa non avrebbe colpito». Circostanza però seccamente smentita da Netanyahu.

Faticoso pressing di Washington

La linea di un attacco moderato era quella auspicata da Washington, che aveva condotto un faticoso pressing sul premier israeliano per convincerlo a risparmiare le infrastrutture energetiche e gli impianti nucleari iraniani. Ed ora che il dado è stato tratto, Joe Biden ha espresso l'auspicio che l'operazione «Giorni del pentimento» ponga «fine» al ciclo di escalation.

A Teheran le reazioni del regime al bombardamento sono state ambigue. Nelle dichiarazioni pubbliche, la Repubblica islamica si è riservata il «legittimo diritto alla autodifesa, senza limiti, secondo la Carta Onu, e l'obbligo a difendere il Paese contro qualsiasi aggressione straniera».

Allo stesso tempo ha quasi irriso il nemico, affermando che «la montagna ha partorito un topolino»: ossia il raid avrebbe provocato solo danni limitati a qualche radar, oltre alla morte di quattro soldati. Nel frattempo i Pasdaran hanno imposto ai media si sottolineare l'insuccesso dell'attacco ed hanno ordinato ai cittadini di non parlare con la stampa straniera.

L'Iran non risponderà all'attacco?

Tutti indizi, secondo fonti americane, che il regime stia «cercando una scusa per evitare ulteriori ritorsioni». Indiscrezioni stampa hanno rivelato inoltre che Teheran avrebbe già fatto sapere a Israele che non risponderà all'attacco, nonostante le pressioni dei falchi. E ancora, lo spazio aereo è stato subito riaperto dopo l'offensiva israeliana, suggerendo che non ci sia una mobilitazione in atto.

La moderazione viene chiesta da tutti. Dagli Usa alla Russia, dall'Ue e all'Onu, fino ai Paesi arabi, pur nella condanna a Israele. Al momento i riflettori restano su Hezbollah e Hamas, che ovviamente hanno puntato il dito contro l'aggressione all'alleato. La risposta militare allo Stato ebraico per conto di Teheran, per ora, dovrebbe rimanere nelle mani dei miliziani in Libano e a Gaza.

SDA