Elezioni Il Regno Unito svolta a sinistra, inizia l'era Starmer

SDA

4.7.2024 - 19:22

Il Regno Unito sterza verso il centro se non proprio a sinistra, tornando ad affidarsi al Labour Party sotto la leadership moderata di sir Keir Starmer.
Il Regno Unito sterza verso il centro se non proprio a sinistra, tornando ad affidarsi al Labour Party sotto la leadership moderata di sir Keir Starmer.
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Un ritorno al futuro sulla ruota di Londra. Se in Europa continentale c'è chi guarda a destra, l'isola della Brexit sterza stavolta in direzione opposta: verso il centro se non proprio a sinistra, tornando ad affidarsi al Labour – sotto la leadership moderata di sir Keir Starmer – dopo 14 anni di governi e convulsioni Tory.

4.7.2024 - 19:22

Lo spoglio notturno delle schede delle elezioni britanniche riguarda ormai solo i numeri destinati a fissare le dimensioni del trionfo laburista, frutto anche e soprattutto dell'annunciatissima disfatta dei conservatori del premier uscente Rishi Sunak, sospesi fra la prospettiva d'una batosta di portata storica e quella di un annichilimento epocale, come da indicazioni unanimi della vigilia.

A conclusione di una giornata di voto senza grandi nubi nelle quattro nazioni che formano il Regno Unito (Inghilterra, Scozia, Galles, Irlanda del Nord) anche a livello meteo, dopo un mercoledì grigio e piovigginoso.

Come a cancellare gli affanni di una campagna elettorale intensa, eppure priva di suspense: apparsa decisa nei suoi esiti sin dal giorno uno della convocazione a sorpresa delle urne da parte di Sunak, qualche mese in anticipo rispetto alla scadenza naturale.

Una scommessa kamikaze destinata in realtà a far scoccare giusto un po' prima del tempo l'ora di un risultato scontato, figlio d'un diffuso rigetto da fine ciclo del partito di governo uscente più che della capacità d'attrazione dell'offerta programmatica – prudente quanto vaga – starmeriana.

Una svolta generazionale

Scenario che si traduce ad ogni buon conto in una svolta generazionale. Nella fine di quasi tre lustri di governi a guida conservatrice segnati da crisi, scossoni, scandali, lacerazioni interne e cambiamenti di leader, fra responsabilità proprie e conseguenze di terremoti internazionali.

Oltre che dai contraccolpi – almeno per ora largamente negativi – di quella sorta di gioco di prestigio che è stato il referendum del 2016 sul divorzio dall'Ue, sfociato nella Brexit.

Una svolta che si consuma nel nome del ritorno alla normalità, caratteristica per ora dominante del profilo da ex procuratore della corona prestato alla politica del 61enne Starmer; e che gli elettori desiderosi d'un qualche cambiamento vero (oltre lo slogan elettorale indistinto del «change») sperano non significhi normalizzazione.

Ma che certo prefigura una cesura rispetto ai fuor d'opera di un Boris Johnson, il più controverso e divisivo (ma anche simbolicamente significativo) fra i 5 premier della girandola Tory di questi 14 anni.

Un uomo nato nella «soft left»

La super maggioranza in Parlamento che le previsioni tratteggiano lascia del resto se non altro margini di manovra all'uomo incaricato di riportare le insegne del laburismo a Downing Street dai tempi di Tony Blair e Gordon Brown.

Un uomo nato politicamente nella corrente intermedia della «soft left», salvo spostarsi passo dopo passo su posizioni sempre più centriste, il quale tuttavia promette di lavorare a un miglioramento più equo delle condizioni di vita della «gente comune» come antidoto alla «minaccia populista».

Sebbene escludendo di voler cavalcare i contrasti sociali o riaprire ferite come la stessa Brexit, a cui fu a suo tempo contrario, ma che adesso non intende rimettere in causa.

Ai Tories toccherà ripartire dal baratro

Le priorità programmatiche immediate riguarderanno semmai l'avvio accelerato d'iniziative legislative ordinarie su temi ecumenici quali «la stabilità e il rilancio dell'economia», la sanità, l'edilizia pubblica, la sicurezza e il contrasto (senza piano Ruanda) «dell'immigrazione illegale».

In un contesto, già benedetto dalle prime reazioni rilassate dei mercati e del business, a cui si affianca l'impegno alla continuità sulla trincea dei conflitti internazionali – sostegno senza quartiere all'Ucraina in primis – e alla lealtà a Stati Uniti e Nato.

Mentre ai Tories toccherà ripartire dal baratro, con un nuovo leader dopo l'addio inevitabile di Sunak. Per provare a riconsolidare almeno il primato indiscusso a destra, minacciato da Nigel Farage e dal suo Reform UK; e quello della leadership dell'opposizione parlamentare alla Camera dei Comuni, conteso – in uno scrutinio da incubo, senza precedenti in 190 anni di storia, per il partito che fu di Margaret Thatcher – dai redivivi Liberaldemocratici di Ed Davey.

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