Medio Oriente Il cessate il fuoco a Gaza è fragile, terremoto politico per il Governo Netanyahu

SDA

19.1.2025 - 19:28

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu.
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu.
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L'entrata in vigore della fragile tregua a Gaza porta con sé la fuoriuscita del ministro di ultradestra Itamar Ben Gvir e del suo partito Otzma Yehudit dal governo di Benyamin Netanyahu, dando concretezza al terremoto politico che ha portato con sé l'accordo con Hamas per riportare a casa gli ostaggi ancora in mano ai miliziani palestinesi.

Keystone-SDA

La maggioranza resta – seppur appesa a un filo – grazie al sostegno del ministro Bezalel Smotrich, altro esponente dell'ultradestra che dopo aver criticato l'intesa, ha confermato il proprio impegno con l'esecutivo, ma a una condizione: Israele «deve occupare Gaza e creare un governo militare temporaneo perché non c'è altro modo per sconfiggere Hamas».

In caso contrario, «rovescerò il governo», è la promessa del titolare delle Finanze.

Insieme a Ben Gvir, che guidava il dicastero della Sicurezza, hanno lasciato il loro incarico il ministro per il Negev e la Galilea Yitzhak Wasserlauf e il ministro per il Patrimonio Amihai Eliyahu.

Il cessate il fuoco costituisce «una vittoria completa per il terrorismo», ha dichiarato Ben Gvir nella sua lettera di dimissioni indirizzata a Netanyahu, affermando in ogni caso che «non intendiamo lavorare per rovesciare il governo, ma sulle questioni ideologiche voteremo secondo la nostra prospettiva e la nostra coscienza».

«Non torneremo al tavolo del governo senza una vittoria completa contro Hamas e la piena realizzazione degli obiettivi della guerra», ha aggiunto.

Le dimissioni? L'epilogo di mesi di tensioni

Le dimissioni sono l'epilogo di mesi di tensioni con l'ala più dura del governo israeliano, che nel corso della guerra ha più volte criticato i tentativi di mediazione per raggiungere un accordo che portasse a una sospensione della guerra. Tensioni, che stando ad alcuni media, hanno portato anche a far slittare il voto del governo israeliano sul cessate il fuoco da giovedì a venerdì.

La coalizione di Netanyahu manterrà la maggioranza alla Knesset anche senza il partito di Ben Gvir, seppure molto più ristretta di prima: l'uscita di Otzma Yehudit riduce infatti i numeri di Netanyahu da 68 dei 120 parlamentari a 62 o 63, a seconda di accordi complessi che ora dovranno essere risolti tra il partito di Ben Gvir e il partito Sionismo Religioso di Smotrich, candidati con una lista congiunta alle elezioni del 2022 prima di separarsi.

In occasione dell'annuncio delle proprie dimissioni, Ben Gvir non ha perso occasione di differenziarsi dal suo collega dell'estrema destra: «Sono un uomo di principio», ha detto, sostenendo che l'accordo con Hamas prepara il terreno per futuri rapimenti.

In risposta, Smotrich ha difeso la sua decisione sostenendo di aver agito per senso del dovere nei confronti del Paese. «Ho una responsabilità nazionale» e «non scappo dal campo di battaglia nel mezzo della guerra, anche dopo una sconfitta schiacciante in una delle battaglie», ha affermato in un lungo post su Facebook.

Insistendo sul fatto che «era impossibile fermare l'accordo. Nemmeno minacciando di rovesciare il governo». Ma la decisione non è irrevocabile: il ministro ha infatti ribadito che il governo cadrà se non tornerà a combattere per prendere il controllo dell'intera Striscia.

L'accordo sulla tregua rimarrebbe intatto

Stando ai media israeliani, se anche lo schieramento di Smotrich dovesse abbandonare il governo, l'accordo sulla tregua rimarrebbe intatto e potrebbe essere implementato durante i tre mesi necessari di campagne elettorali.

Inoltre, i leader dell'opposizione Yair Lapid e Benny Gantz hanno già ribadito la loro promessa di fornire una «rete di sicurezza politica» a Netanyahu affinché l'accordo vada a buon fine, se necessario. Ma è chiaro che la fuoriuscita di Sionismo Religioso darebbe a Israele una crisi politica ora più che mai da evitare con la fragile tregua che muove i suoi primi passi.