Medio OrienteBlinken insiste: «È ora di fermare la guerra a Gaza»
SDA
23.10.2024 - 20:50
Le ostilità in Libano e Gaza non accennano a rallentare, ma la diplomazia non si dà per vinta. Sono ancora una volta gli Stati Uniti a guidare gli sforzi per una de-escalation, con l'undicesima missione in Medio Oriente del ministro degli esteri Antony Blinken.
23.10.2024, 20:50
24.10.2024, 08:22
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«È il momento per porre fine alla guerra nella Striscia», da cui tutto è cominciato oltre un anno fa, è il messaggio rivolto ai principali interlocutori. All'alleato israeliano, a cui viene chiesto di contenere la rappresaglia all'Iran, mentre con i sauditi la chiave è la normalizzazione dei rapporti con lo Stato ebraico.
Appelli al momento stridenti, tuttavia, con il diluvio di bombe nella Striscia e con il fuoco incessante dell'organizzazione paramilitare islamista sciita e antisionista libanese Hezbollah e delle forze armate israeliane (Idf) nel Paese dei cedri.
Gli Stati Uniti considerano la morte di Yahya Sinwar – leader di Hamas, il movimento islamista al potere a Gaza – un possibile punto di svolta nella Striscia, che può aprire la strada alla pace, a liberare gli ostaggi israeliani detenuti a Gaza e a consentire ai civili «di ricostruire le loro vite libere da Hamas».
«Incredibile opportunità»
Blinken lo ha detto al premier israeliano Benyamin Netanyahu a Gerusalemme e lo ha ribadito al principe Mohammed bin Salman nella tappa saudita del suo tour. I due leader sono stati invitati a cogliere «l'incredibile opportunità» di stabilizzare le relazioni bilaterali. Riavviando il percorso virtuoso degli accordi di Abramo tra Israele e alcuni paesi arabi che si era interrotto bruscamente dopo il 7 ottobre.
Quella dell'intesa con Riad, secondo Washington, è una delle poche leve che potrebbero convincere Netanyahu ad accettare un cessate il fuoco nella Striscia. Su questo tema, oltre che sul Libano, Blinken si confronterà anche con il Qatar, prima di volare a Londra per incontrare i capi della diplomazia araba.
Hamas si muove
Sul fronte opposto si muove anche Hamas: un suo alto funzionario è volato a Mosca per discutere della «fine della guerra con Israele nella Striscia e degli sforzi per unire i palestinesi», ha spiegato una fonte della fazione. Che ormai non considera più un tabù una convivenza con l'Autorità nazionale palestinese (Anp).
La pacificazione tra Israele e arabi in chiave strategica punta a isolare l'Iran, nella speranza che smetta di alimentare le milizie sciite nella regione.
Nel frattempo anche Teheran tesse la sua tela, ed il presidente Masoud Pezeshkian, sfruttando il palco del vertice in Russia dei Brics (il gruppo delle economie mondiali emergenti formato dai paesi del precedente Bric con l'aggiunta di Sudafrica e poi di Egitto, Etiopia, Iran ed Emirati Arabi Uniti), ha chiesto alla comunità internazionale di «fermare i crimini e gli omicidi» di Israele.
La malcelata speranza del regime degli ayatollah è che il nemico non lo colpisca, ma da questo punto di vista i segnali continuano ad essere di segno opposto.
Il ministro della difesa dello Stato ebraico Yoav Gallant, visitando una base, ha infatti assicurato che «dopo aver colpito l'Iran, tutti capiranno cosa avete fatto nel processo di preparazione e addestramento». La vendetta per i missili lanciati il primo ottobre è irrinunciabile e farà male, è il senso del messaggio.
Intensificate le operazioni in Libano e Gaza
In attesa di mettere nel mirino la Repubblica islamica, le Idf hanno intensificato le operazioni in Libano e a Gaza. Nella Striscia hanno cinto d'assedio il campo profughi di Jabalya a caccia di miliziani di Hamas, facendo sfollare ventimila civili.
Le bombe in tutta l'enclave hanno costretto l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) a sospendere la campagna antipolio e secondo la rete televisiva satellitare qatariota Al Jazeera in 24 ore si sono contati 42 morti. Proprio questa emittente è tornata nel mirino di Israele, che l'accusa di fiancheggiare le milizie palestinesi.
In questo caso le Idf hanno annunciato di aver diffuso prove della collusione di sei giornalisti della televisione di Doha con Hamas e il Jihad islamico palestinese, «in servizio come agenti militari per le organizzazioni terroristiche».
Caccia israeliani fino a Tiro
Quanto al Libano, i caccia israeliani si sono spinti fino a Tiro, vicino all'area delle rovine romane patrimonio dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la cultura (Unesco). Con la consueta allerta diffusa alcune ore prima ai residenti con la richiesta di evacuare.
I miliziani sciiti dal canto loro hanno continuato a lanciare salve di razzi, oltre confine, ancora una volta fino a Tel Aviv. Il Partito di Dio (questo letteralmente significa Hezbollah) ha poi confermato l'uccisione nelle scorse settimane di Hashem Safieddine, che era considerato il più probabile successore di Hassan Nasrallah, ex segretario generale di Hezbollah. Non per questo il movimento ha rinunciato a combattere, ma il costo per tutto il Libano, già piegato da anni di crisi economia, sarà altissimo: secondo l'Onu il prodotto interno lordo rischia di crollare del 9% nel 2024.