Guerra in Ucraina Biden chiama gli alleati, l'Occidente scettico su Putin

SDA

29.3.2022 - 21:49

Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden
Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden
KEYSTONE/AP/Andrew Harnik

I negoziatori e le borse mondiali sembrano ottimisti su un possibile accordo di pace in Ucraina dopo i colloqui di Istanbul ma gli alleati transatlantici restano scettici e cauti, cercando di coordinare i prossimi passi comuni per evitare fughe in avanti da parte di Kiev o sorprese da parte di Putin, ritenuto ormai inaffidabile.

Per questo Joe Biden ha parlato per quasi un'ora con il premier britannico Boris Johnson, il cancelliere tedesco Olaf Scholz, il primo ministro Mario Draghi e il presidente francese Emmanuel Macron.

Secondo la versione della Casa Bianca, i leader «hanno ribadito la loro determinazione a continuare ad aumentare i costi contro la Russia per il suo brutale attacco in Ucraina, come pure a continuare a fornire all'Ucraina assistenza militare e umanitaria». Sollecitando in particolare un accesso umanitario per i civili a Mariupol, che neppure Macron è riuscito a strappare nella sua telefonata con Putin.

Il presidente Usa ha espresso così tutta le sue riserve sull'annunciata de-escalation russa: «Non leggo niente nelle parole della Russia, aspetto di vedere le azioni, oggi con i quattro leader europei abbiamo concordato di vedere quello che la Russia ha da offrire, nel frattempo continuiamo con le forti sanzioni e gli aiuti militari all'Ucraina affinché si possa difendere», ha sottolineato.

«Abbiamo concordato che non si può allentare la risolutezza dell'Occidente finché non sarà finito l'orrore inflitto all'Ucraina», gli ha fatto eco Downing Street dopo che un portavoce di Johnson aveva avvisato che il Regno Unito «giudicherà Putin e il suo regime dagli atti, non dalle parole».

Importanza di un coordinamento sull'aiuto a popolazione e istituzioni

La versione di Palazzo Chigi insiste sulla ribadita «importanza di uno stretto coordinamento sull'aiuto alla popolazione e alle istituzioni ucraine, con particolare attenzione al funzionamento dei corridoi umanitari e all'assistenza ai crescenti flussi di rifugiati».

Ma anche sulla «necessità di sostenere i negoziati in corso, assicurando al più presto il cessate il fuoco», senza dimenticare di citare il confronto sulla «diversificazione degli approvvigionamenti energetici».

«Non abbiamo visto segni di reale serietà» da parte della Russia nei colloqui con l'Ucraina, ha frenato da Rabat anche il segretario di Stato Usa Antony Blinken. «Un conto è quello che dice la Russia e un conto quello che fa. Noi siamo concentrati su quello che fa», ha proseguito, ricordando che Kiev tratta con «una pistola letteralmente puntata alla testa».

Prudente pure Bruxelles: «Trattiamo i negoziati a Istanbul con una certa cautela. La priorità, in questo momento, è che si arrivi a un cessate il fuoco duraturo sul campo, rispettato dalla Russia. Poi si vedrà se tutte le richieste hanno senso dal punto di vista politico».

Espulsione di decine di diplomatici russi

Intanto, poco dopo la fine dei colloqui, l'Olanda, l'Irlanda, il Belgio e la Repubblica Ceca hanno annunciato l'espulsione di decine di diplomatici russi sospettati di spionaggio. E la prossima settimana la Nato ha invitato al Consiglio Atlantico dei ministri degli Esteri anche l'Ucraina, la Georgia, la Finlandia, la Svezia ed altre nazioni che non fanno parte dell'Alleanza. Tutte mosse che fanno salire la tensione.

Ma l'Occidente non vuole accordi frettolosi o troppo cedevoli verso il Cremlino e soprattutto non si fida o si fida poco di Putin. A partire da Biden, che sembra aver rotto tutti i ponti con lo zar dopo averlo definito un «criminale di guerra», un «dittatore omicida», un «macellaio» che «non può restare al potere».

Per accrescere la pressione sulla Russia, intanto, il vice segretario al Tesoro Usa Wally Adeyemo ha iniziato a Londra una missione europea con due obiettivi: da un lato sanzionare istituzioni e individui che aiutano gli oligarchi russi a nascondere i loro tesori, dall'altro interrompere la catena di fornitura di «strumenti di guerra» per fermare la macchina bellica russa.

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