Tensioni Gli armeni del Karabakh: «Gli azeri minacciano la capitale»

SDA

22.9.2023 - 19:52

I separatisti armeni hanno detto che stanno trattando per il ritiro delle loro milizie dall'enclave. Intanto la popolazione di Stepanakert vive nel terrore di un possibile attacco sanguinoso.
I separatisti armeni hanno detto che stanno trattando per il ritiro delle loro milizie dall'enclave. Intanto la popolazione di Stepanakert vive nel terrore di un possibile attacco sanguinoso.
Keystone

Due giorni dopo il cessate il fuoco che ha fermato l'offensiva lampo azera, il pericolo di una ripresa delle ostilità nel Nagorno-Karabakh non appare scongiurato.

I separatisti armeni hanno detto che stanno trattando per il ritiro delle loro milizie dall'enclave, e intanto affermano che le truppe di Baku sono accampate ai limiti della principale città, Stepanakert, la cui popolazione vive nel terrore di un possibile attacco sanguinoso.

Un primo incontro tra armeni del Karabakh e rappresentanti del governo di Baku si è tenuto ieri nella città azera di Yevlakh per definire il quadro di quella che dovrebbe essere la reintegrazione nello Stato azero dell'enclave, fino ad oggi retta di fatto da un'amministrazione indipendente sotto il nome di Repubblica di Artsakh.

L'accordo per la tregua raggiunto mercoledì dopo 24 ore di combattimenti prevedeva che i separatisti deponessero le armi. Chi lo farà sarà libero di andarsene, hanno assicurato le autorità azere. Ma le forze separatiste dicono che prima di farlo vogliono avere garanzie sulla sicurezza propria e dei civili residenti nell'enclave.

A Stepanakert, una città di circa 50'000 abitanti capitale dell'autoproclamata Repubblica indipendente, la situazione umanitaria è «orribile», ha detto una portavoce dei separatisti, Armine Hayrapetyan, all'agenzia Afp. Le forze azere, ha aggiunto, sono posizionate ai limiti della città e i residenti «si nascondono negli scantinati» temendo che da un momento all'altro i soldati di Baku possano fare irruzione nel centro abitato e «cominciare ad uccidere».

Il primo ministro: «La situazione può cambiare in ogni momento»

Il primo ministro armeno Nikol Pashinian nega che vi sia una minaccia immediata per la popolazione civile, ma ammette che «la situazione è fluida e può cambiare in ogni momento». Quindi, sebbene «il piano A» di Erevan sia quello di fare in modo che i 120'000 armeni dell'enclave possano continuare a vivere nelle loro case, se ciò dovesse rivelarsi impossibile non rimarrebbe che l'evacuazione verso l'Armenia.

A pesare sulla popolazione civile non è solo il pericolo di uno spargimento di sangue, ma anche le carenze di cibo, medicinali, elettricità e combustibile a causa del blocco imposto da oltre nove mesi dall'Azerbaigian al cosiddetto corridoio di Lachin, l'unica arteria che collega il Karabakh al territorio armeno.

Il consigliere per la politica estera della presidenza azera, Hikmet Hajiyev, ha detto che Baku ha dato assicurazioni al Comitato internazionale della Croce rossa che potrà inviare beni di prima necessità ed evacuare i combattenti separatisti feriti verso l'Armenia. E il contingente dei circa 2000 peacekeeper russi ha riferito che le sue unità mediche stanno fornendo i farmaci necessari sia ai residenti rimasti feriti sia a coloro che soffrono di malattie croniche.

Erevan, tuttavia, non sembra più fidarsi dei peacekeeper russi tanto che ieri sera, in una riunione del Consiglio di Sicurezza a New York, il ministro degli Esteri Ararat Mirzoyan ha chiesto all'Onu di inviare nel Nagorno-Karabakh un contingente di caschi blu. Il premier Pashinian ha intanto ricevuto oggi l'inviato speciale dell'Ue per il Caucaso meridionale, Toivo Klaar, per un esame della situazione.

Proteste degli oppositori di Pashinian 

Pashinian si trova sempre a fare i conti con le proteste degli oppositori che ne chiedono le dimissioni accusandolo di non aver saputo difendere gli armeni del Karabakh. Secondo la polizia, un centinaio di manifestanti sono stati fermati oggi a Erevan.

Le opposizioni parlano invece di un numero ben più alto, cioè 350, e affermano che tra i fermati c'è Levon Kocharyan, figlio dell'ex presidente Robert Kocharyan, che secondo il suo avvocato sarebbe stato picchiato dalle forze di sicurezza al punto da dover essere trasportato in ospedale in ambulanza.