Cosa Nostra Morte di Messina Denaro, ecco chi c'era al suo capezzale

SDA

25.9.2023 - 20:55

Poco prima delle due della scorsa notte, nell'ospedale de l'Aquila, è calato il sipario sull'ultimo stragista di Cosa nostra, il boss Matteo Messina Denaro, stroncato, dopo giorni di agonia, da una grave forma di cancro al colon. Con lui la nipote Lorenza Guttadauro, che era anche il suo difensore e tutore legale, la sorella Giovanna e la figlia Lorenza, avuta durante la latitanza e riconosciuta solo pochi giorni prima di morire.

Il boss mafioso Matteo Messina Denaro.
Il boss mafioso Matteo Messina Denaro.
KEYSTONE/AP/Carabinieri

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  • Dopo l'autopsia, il corpo di Messina Denaro verrà portato nel paese di origine, Casterlvetrano, per la seportura. 
  • Non sono ancora chiari i particolari delle esequie.
  • Al capezzale del boss c'erano la nipote Lorenza Guttadauro, che era anche il suo difensore e tutore legale, la sorella Giovanna e la figlia Lorenza, avuta durante la latitanza e riconosciuta solo pochi giorni prima di morire.

La malattia ha sopraffatto il padrino di Castelvetrano da agosto ricoverato in ospedale, una vita da boss e latitante fino alla cattura il 16 gennaio scorso quando già il cancro lo aveva costretto a scombinare la sua vita clandestina.

L'autopsia sul corpo del capomafia è fissata per martedì. E la famiglia ha deciso di non nominare un proprio consulente. L'esame, dunque, si svolgerà alla presenza dell'esperto nominato dalla Procura abruzzese, un medico di Chieti, che, in accordo con i pubblici ministeri di Palermo, sta gestendo le fasi successive al decesso del boss.

Successivamente la salma sarà restituita ai parenti del padrino e verrà riportata nel paese d'origine della famiglia per la sepoltura. Non sono ancora chiari i particolari delle esequie.

Di certo non ci sarà un funerale religioso – la chiesa li vieta ai mafiosi e il boss, comunque, aveva espressamente lasciato scritto di non volerlo – e di certo Messina Denaro non sarà cremato come accadde, invece, per il capomafia Bernardo Provenzano.

Molto probabilmente il feretro verrà portato nel cimitero di Castelvetrano dove la famiglia ha una cappella e, all'alba e in forma strettamente privata, avverrà l'inumazione.

La malattia e il coma

Si conclude così la storia dell'ultimo capomafia stragista di Cosa nostra, arrestato dopo 30 anni di latitanza: il cancro al colon, scopertogli durante la latitanza, quando si faceva chiamare Andrea Bonafede, usando l'identità di un prestanome, non gli ha dato scampo.

La chemioterapia fatta nella clinica palermitana in cui è stato arrestato e poi, dopo la cattura, nell'ospedale San Giovanni de L'Aquila, e i quattro interventi chirurgici subiti non sono serviti a concedergli più tempo.

Sospese le cure, troppo invasive viste le condizioni del paziente, Messina Denaro è stato sottoposto solo alla terapia del dolore e poi sedato. Prima di perdere la lucidità ha lasciato scritto di non volere l'accanimento terapeutico: dopo la dichiarazione di coma irreversibile, dunque, i medici hanno smesso di alimentarlo. La morte è arrivata di notte, intorno alle 2 di lunedì.

Chi c'era al suo capezzale?

Al capezzale del boss c'erano la nipote Lorenza Guttadauro, che era anche il suo difensore e tutore legale, la sorella Giovanna e la figlia Lorenza, avuta durante la latitanza e riconosciuta solo pochi giorni prima di morire.

Un rapporto difficile quello tra il boss e la ragazza. Solo dopo l'arresto del capomafia i due si sono riavvicinati e parlati più volte. E solo pochi giorni fa il boss ha dato alla figlia il suo cognome.

A L'Aquila non c'erano invece la madre del padrino, malata e invalida ormai da anni, la sorella Bice e le altre due sorelle: Rosalia e Patrizia, entrambe in carcere per mafia.

Proprio mettendo una microspia nella gamba di una sedia in casa di Rosalia i carabinieri del Ros, a dicembre, trovarono il diario clinico del capomafia. Una scoperta fondamentale per la cattura: gli investigatori scoprirono che il boss era malato di cancro e attraverso una complessa indagine risalirono al suo alias e alla clinica de La Maddalena di Palermo in cui si sottoponeva alla chemioterapia.

Messina Denaro: «Se non fossi stato malato non mi avreste preso»

«Se non fossi stato malato non mi avreste preso», ha detto il boss ai magistrati che erano andati a interrogarlo. E ancora con sfida: «Io non mi farò mai pentito».

Il cancro lo ha costretto ad abbassare la guardia, ad esporsi, a cambiare forzatamente abitudini e luoghi dopo 30 anni di vita alla macchia.

A differenza di quanto accadde al padre: don Ciccio. Una telefonata anonima avvertì la polizia che c'era un corpo nelle campagne di Castelvetrano. Era il padrino latitante, morto di infarto e vestito di tutto punto per il funerale.

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