Trovati altri cadaveri Dopo il dramma in Grecia è il giorno della rabbia, delle proteste e degli scioperi

SDA

2.3.2023 - 20:33

A Tebi i soccorritori continuano, anche se a fatica, a estrarre dalle carrozze accartocciate dei corpi carbonizzati. In molti mancano ancora all'appello. Nel resto del Paese intanto sale la rabbia, ci sono proteste e scioperi. Ma anche chi si mette in coda per andare a donare il sangue per i feriti.

Altri 14 corpi carbonizzati sono arrivati giovedì alla camera mortuaria di Larissa, portando il tragico bilancio della collisione di due treni a Tebi, poco fuori dalla città della Grecia centrale, ad almeno 57 vittime.

Un conto che è destinato a salire ancora, visto che secondo i Vigili del Fuoco ellenici ci sono 56 persone ufficialmente disperse e 48 feriti, sei dei quali in terapia intensiva.

E mentre cresce il numero dei morti, aumenta anche la rabbia di famiglie, sindacati e di tutta la società greca, scioccata da una tragedia che viene imputata a scarsa manutenzione, strutture vecchie e personale in numeri insufficienti.

Un solo imputato, un capro espiatorio?

Il primo e finora unico imputato è il capostazione di Larissa, un 59enne con poca esperienza che avrebbe ammesso il proprio errore, secondo i media greci. L'uomo – assunto solo pochi mesi fa – avrebbe detto al magistrato di aver indirizzato il treno sul binario sbagliato e di non essersi reso conto della svista fino al momento dell'incidente.

Ma molti, oggi, lo ritengono poco più di un capro espiatorio per un sistema che ha mostrato tutta la sua inadeguatezza – in particolare per l'assenza di sistemi automatici e segnali luminosi funzionanti – causando il peggior incidente ferroviario della storia greca.

Oltretutto, sarebbe emerso che sul convoglio passeggeri diretto a Salonicco, che si è scontrato frontalmente col merci che andava a Larissa, viaggiavano più persone del consentito. Molti di loro erano studenti che rientravano da Atene dopo le festività del Carnevale greco ortodosso.

Esplode la protesta: «Le privatizzazioni uccidono»

Mentre nella Valle di Tebi le operazioni di soccorso procedono – si prevede per tutta la mattina di venerdì – con difficoltà, attraverso l'utilizzo di gru per sollevare le lamiere dei vagoni accartocciate dall'impatto frontale e fuse dalle fiamme, ad Atene e in altre città la protesta è esplosa.

In giornata e nella serata di giovedì gruppi di dimostranti si sono radunati davanti alla sede ateniese della Hellenic Train – l'operatore dei treni passeggeri e merci, controllata da Trenitalia e dalla capogruppo FS italiane – per denunciare le carenze del sistema ferroviario.

Uno striscione denunciava «le privatizzazioni uccidono» (anche se la rete è gestita non da Hellenic Train ma dalla società statale greca Ose, che ha emesso il suo primo comunicato di cordoglio 40 ore dopo l'incidente) e nel corso della manifestazione in mattinata ci sono stati scontri tra dimostranti e polizia.

Sciopero pure venerdì, il Governo ammette lentezze

In serata, nuovo concentramento davanti agli uffici della società ferroviaria ma soprattutto a piazza Syntagma, davanti al Parlamento, dove circa 3.000 persone hanno sfidato la pioggia per prendere parte ad una marcia silenziosa di protesta.

E per tutta la giornata di giovedì e venerdì, nessun treno percorrerà le ferrovie greche, né si muoverà la metro di Atene, a causa dello sciopero proclamato dal sindacato di settore Pos.

Il governo – mercoledì ha dato le dimissioni il ministro dei Trasporti Kostas Karamanlis – ha ammesso attraverso il portavoce Yannis Oikonomou che i ritardi nella modernizzazione delle ferrovie «hanno origine nelle patologie croniche del settore pubblico greco e in decenni di debolezza».

In fila per donare il sangue

Ma tra i dimostranti c'è chi teme che l'inchiesta finisca in qualche palude dove non verranno accertate le diverse responsabilità: a Larissa, fuori da un ospedale dove sono stati portati i feriti è stato appeso uno striscione per denunciare possibili insabbiamenti nell'indagine in corso.

Accanto alla rabbia, la pena e il dolore dei parenti, molti dei quali si sottopongono al test del dna per consentire l'identificazione dei resti umani irriconoscibili estratti dalle lamiere.

Una tragedia che in Grecia tocca l'intero Paese che si stringe alle vittime: anche oggi lunghe file di donatori di sangue si sono formate davanti agli ospedali.