Con il 'mago di Fusignano' il Milan ha vinto due Coppe dei Campioni e i suoi metodi hanno cambiato il calcio italiano e mondiale. Ha influenzato una generazione di allenatori, tra cui anche Carlo Ancelotti.
Difensore a livello dilettantistico mentre lavorava nel calzaturificio del padre, Sacchi ha allenato nelle serie inferiori romagnole. A 36 anni ha guidato il Cesena a un titolo nazionale giovanile, in seguito ha preso la guida del Rimini nella Serie C italiana. Dopo un successivo periodo nelle giovanili della Fiorentina, ha allenato il Parma in Serie B eliminando il Milan di Nils Liedholm dalla Coppa Italia nella stagione 1986/87 - un'impresa che convinse l'allora presidente rossonero Silvio Berlusconi ad affidargli le redini del suo Milan nel luglio del 1987.
A distanza di più di trent'anni l'UEFA, per bocca del suo presidente Aleksander Čeferin, ha deciso di rendere omaggio a uno dei più importanti allenatori di calcio di tutti i tempi, Arrigo Sacchi, scegliendolo come vincitore del Premio del Presidente UEFA 2022.
La stessa UEFA spiega perché l'italiano appartiene ai grandi del calcio.
Le motivazioni
- Relativamente sconosciuto quando è entrato a far parte del Milan nel 1987, Sacchi ha guidato i rossoneri alla conquista di due Coppe dei Campioni (oggi Champions League) nel 1988/89 e nel 1989/90.
- Ha guidato la nazionale italiana alla finale della Coppa del Mondo nel 1994, persa ai rigori contro il Brasile.
- Ha trasformato la mentalità italiana con il suo stile votato all'attacco; tra i suoi pupilli c'è il quattro volte vincitore della Champions League, Carlo Ancelotti.
Il suo credo
Impegnato in concetti come «intelligenza collettiva», Sacchi voleva «11 giocatori attivi in ogni momento della partita».
Per raggiungere ciò creò sessioni di allenamento che non erano altro che partite intere senza palla, dicendo ai giocatori dove si trovava la palla (immaginaria) in modo che potessero posizionarsi di conseguenza. Le squadre di Sacchi utilizzavano un 4-4-2 con marcatura a zona, una linea difensiva alta, un'efficiente trappola del fuorigioco e un pressing continuo sui portatori di palla avversari.
Quando i critici dissero che non poteva allenare un grande club perché non aveva mai giocato ad alto livello, la sua risposta fu: «Non ho mai saputo che per essere un fantino bisogna prima essere un cavallo».
Dicono di lui
«Arrigo ha cambiato completamente il calcio italiano: la filosofia, i metodi di allenamento, l'intensità, la tattica. Le squadre italiane si concentravano sulla difesa, mentre la nostra squadra difendeva attaccando e pressando». Carlo Ancelotti, ex centrocampista del Milan.
«Fino al suo arrivo i giocatori non davano mai tutto in allenamento; eravamo abituati a risparmiare energie. Lui ci ha convinto che per dare il cento per cento in partita bisogna fare lo stesso in allenamento. Abbiamo imparato molto da Sacchi». Mauro Tassotti, ex difensore del Milan.
«Da giocatore è stata dura perché lui era un perfezionista, chiedeva il massimo in ogni singolo allenamento; ma probabilmente è stata questa la chiave del nostro successo». Marco van Basten, ex attaccante del Milan.
«Sacchi ha dato il via a una rivoluzione nel calcio italiano, sia dal punto di vista mentale che tattico. Abbiamo sviluppato il nostro stile di gioco e abbiamo cercato d'imporlo a tutti gli avversari, dai dilettanti, in una partita di allenamento infrasettimanale, al Real Madrid al Bernabéu». Roberto Donadoni, ex centrocampista del Milan.
«Siamo incredibilmente orgogliosi che abbiano paragonato il nostro Barcellona al Milan di Sacchi. Quella era una squadra che ha fatto la storia del calcio». Xavi Hernández, ex centrocampista del Barcellona.
«Pochissime persone hanno rimodellato la filosofia del gioco nel modo in cui Arrigo Sacchi è riuscito a fare, tanto che lo stesso sport può essere osservato in due epoche - pre e post Sacchi. Le infinite innovazioni tattiche da lui introdotte sono oggi le fondamenta di ogni gioco del calcio, rispecchiate dalle generazioni di allenatori che sono seguite». Aleksander Čeferin, Presidente UEFA.
Lo ha detto l'Arrigo
«Il mio Milan è stato un esempio positivo per tutti. La squadra ha dimostrato a tutti che era meglio attaccare che essere attaccati; che era meglio dominare una partita che lasciarla agli altri. Lavoro duro, inclusione, bel calcio, divertimento e innovazione erano elementi da perseguire. Per me, una vittoria immeritata non era una vittoria».
«L'unico modo per costruire una squadra è mettere in campo giocatori che parlino la stessa lingua e che sappiano fare un gioco di squadra. Da soli non si può ottenere nulla, e se lo si fa, non dura a lungo».
«Il mio Milan era una squadra brillante perché era piena di grandi professionisti che volevano stare insieme e divertirsi».
«Una vittoria può rimanere nei libri dei record, ma il modo in cui l'hai ottenuta rimarrà nella mente della gente».
«La mia squadra di Milano non ha corso più degli altri. Abbiamo solo corso meglio».