Nella serata speciale a lui dedicata Luciana Littizzetto commuove Maria De Filippi: «Maurizio, sei stato il talk show»

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22.2.2024 - 13:01

Luciana Littizzetto
Luciana Littizzetto

Nella serata speciale «Dedicato a Maurizio Costanzo», la comica ha letto una lunga, emozionante, lettera al compianto conduttore.

Luciana Littizzetto si è distinta per la sua emozionante lettera dedicata a Maurizio Costanzo nello speciale televisivo intitolato «Dedicato a Maurizio Costanzo», andato in onda su Canale 5.

Lo show ha visto la partecipazione di volti noti del mondo dello spettacolo italiano per celebrare la memoria e l'eredità di uno dei più grandi giornalisti televisivi italiani, nonché inventore del talk show in Italia.

La serata, condotta da Maria De Filippi e Fabio Fazio, ha incluso un ricco elenco di ospiti, tra cui Paolo Bonolis, Enrico Mentana, Mara Venier, Carlo Verdone, Christian De Sica, Renzo Arbore, oltre a Fiorello, Luciana Littizzetto, Vittorio Sgarbi, Enzo Iacchetti, Giobbe Covatta, Vladimir Luxuria, Platinette e Michele Santoro. Quest'ultimo ricordato anche per la famosa staffetta televisiva Rai3-Canale 5 contro la mafia insieme a Costanzo.

La lettera della Littizzetto a Maurizio Costanzo, scritta e recitata in stile «Che tempo che fa», è stata accolta con calore, soprattutto dall’ex moglie Maria.

«Ciao Maurizio, o Maury come ti chiamano qui, o Costanzo come ti chiamano gli italiani. Te ne sei andato da un anno e da allora la tv non è più la stessa. Qui è un po’ come il Louvre senza la Gioconda o Atene senza il Partenone o Sanremo senza Vessicchio. Certo, si va avanti, ma ti accorgi che manca qualcosa. Perché tu sei stato la televisione, più della parabola, del telecomando o del tubo catodico. Sei stato l’invenzione, quello che prima non c’era, in tv c’è un avanti C e un dopo C, dove C sta per Costanzo. E sei stato il talk show, l’alto e il basso che si mescolano, le vite della gente che diventano storia. Se la Rai con il maestro Manzi ci ha insegnato a leggere, tu ci hai insegnato cosa leggere, cosa ascoltare o vedere. Tu che hai aperto il sipario a un sacco di giovani comici dall’animo in tempesta che su questo palco sono riusciti a trovare la rotta. Tu ti accorgevi, ci scrutavi e sgamavi quella scintilla che avevamo dentro, anche se era così piccola che nemmeno noi la vedevamo. Hai dato una chance anche a me, una piccola comica torinese agli inizi. Poi è arrivata la chiamata ›le andrebbe di venire?’. Nemmeno il tempo di riagganciare che ero già in stazione. Poi quei minuti in attesa passati davanti alla porta del tuo camerino insieme agli altri ospiti della puntata, tra politici, magistrati, scrittori, ballerine, giornalisti, scappati di casa, sembrava il bar di Guerre Stellari. Poi tu ci chiamavi ed entravamo uno ad uno come dal medico della mutua. Mentre fumavi una delle nove sigarette che avevi in mano ci ascoltavi e dopo pochi minuti ci congedavi: «Ci vediamo dopo» dicevi. E noi a chiederci: «Ma avrà capito?». Ma tu capivi tutto benissimo. Adesso te lo posso confessare: tu non hai idea dell’ansia che avevo. Quando ero qui sopra, se con la coda dell’occhio vedevo che le cose non andavano come speravi il mio sangue diventava granita, ma bastava che ti avvicinassi con il tuo sgabello un po’ più vicino a me, appoggiandoti alla cartellina come fosse un davanzale per sentire che ti stavi fidando e anche io riprendevo fiato. Volevo dirti grazie anche come spettatrice, per tutte le volte che mi sono svegliata sul divano e ho trovato il tuo faccione ad ammansire il pubblico: «Boni, state boni», mentre Sgarbi mandava qualcuno a quel paese. Grazie per avermi fatto scoprire un nuovo artista o ritrovarne uno del passato. Grazie per aver parlato di mafia in modo facile, limpido, che capissero tutti, purtroppo però l’hanno capito anche loro troppo bene. E grazie per aver parlato in uno show di intrattenimento di omofobia, omosessuali, transgender, di aids, per aver abbassato il provincialismo bigotto della nostra nazione. E voglio dire grazie a Maria per avermi fatto salire qui su questo palco a ricordare il tuo Maurizio. Il tempo non cambia nulla del dolore, ma ricordare insieme è una specie di carezza che lo rende un po’ più lieve. Siete una bella coppia. PS: Maurizio, almeno da lassù, cambiando prospettiva, hai capito cosa c’è dietro l’angolo?».

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