Giustizia Sentenza CEDU contro Svizzera, difensore elvetico era prevenuto?

ats

22.4.2024 - 09:00

L'operato del giurista Alain Chablais (a sinistra) è al centro di critiche.
L'operato del giurista Alain Chablais (a sinistra) è al centro di critiche.
Keystone

Il rappresentante della Confederazione nella causa sul clima persa davanti alla Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU) era prevenuto ed eventualmente non ha agito completamente nell'interesse del paese?

Il sospetto viene fatto planare dalla Neue Zürcher Zeitung (NZZ). L'Ufficio federale di giustizia (UFG) respinge in modo veemente l'accusa, ma un professore ritiene che nella vicenda un problema ci sia.

Ieri la NZZ ricordava come il giurista in questione, Alain Chablais, non si sia mostrato eccessivamente contrariato per aver perduto la vertenza contro le Klimaseniorinnen, le Anziane per il clima che hanno ottenuto una condanna della Confederazione per aver violato l'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, ovvero il diritto al rispetto della vita privata e familiare. Secondo i giudici Berna non ha adottato misure sufficienti per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici.

«Non appena l'inchiostro si è asciugato sulle motivazioni scritte della sentenza, Chablais ha improvvisamente parlato di 'sentenza storica', scrive la NZZ. Mentre l'UFG e i consiglieri federali sono stati prudenti o – nel caso della presidente della Confederazione (e giurista) Viola Amherd – 'sorpresi' subito dopo il verdetto della CEDU, Chablais sapeva esattamente quale direzione occorreva prendere: la Svizzera, ha dichiarato il suo uomo di riferimento a Strasburgo, deve prendere sul serio la sentenza e agire subito».

Stando al quotidiano nel frattempo appare chiaro anche il motivo per cui i rapporti tra il difensore elvetico e la Corte di Strasburgo siano così buoni: Chablais passerà infatti presto dal «banco degli imputati» a quello dei giudici. Mercoledì scorso – poco più di una settimana dopo il verdetto di colpevolezza – l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa ha eletto Chablais giudice della CEDU. Sostituirà Carlo Ranzoni il primo settembre e resterà in carica per i prossimi nove anni, praticamente fino al suo pensionamento.

Il doppio cittadino svizzero-francese è stato nominato ed eletto come rappresentante del Liechtenstein. Questo lo rende il quinto giudice CEDU del Principato dalla sua ratifica della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, avvenuta oltre quarant'anni oro sono. Sia il Cantone di Friburgo, suo cantone d'origine, sia il Liechtenstein, «suo sponsor di carriera» (così la NZZ), hanno espresso giovedì la loro soddisfazione e si sono congratulati pubblicamente con Chablais. Secondo il giornale il governo federale di Berna si è invece trattenuto in materia di congratulazioni e dietro le quinte la situazione sarebbe in fermento.

Come può un alto funzionario pubblico – si chiede la testata zurighese – rappresentare gli interessi della Svizzera sotto accusa quando potrebbe già essere, almeno mentalmente, dalla parte del suo futuro datore di lavoro, un tribunale internazionale? Ha fatto tutto il possibile per convincere i suoi futuri colleghi giudici dell'innocenza della Confederazione svizzera? «Le coincidenze lasciano spazio al dubbio».

Contattato dalla SonntagsZeitung (SoZ), l'Ufficio federale di giustizia respinge con forza le accuse: a suo avviso non è Alain Chablais a decidere la posizione della Svizzera nei procedimenti davanti alla Corte europea dei diritti dell'uomo, ma è la sentenza del Tribunale federale a essere decisiva. Inoltre nel caso presente, la cosiddetta «legittima suspicione» (legittimo sospetto) sarebbe escluso dalla tempistica: la Svizzera aveva già presentato la sua posizione alla Corte per iscritto il 5 dicembre 2022, mentre il Liechtenstein ha diffuso il bando ci concorso per il posto di giudice solo il 22 marzo 2023. L'udienza pubblica a Strasburgo si è però svolta il 29 marzo 2023, esattamente una settimana dopo la pubblicazione. «Questo non ha importanza», afferma Michael Schöll, direttore dell'UFG, in dichiarazioni riportate oggi dal domenicale. All'udienza pubblica, Chablais ha rappresentato la politica svizzera «in modo chiaro e inequivocabile», come aveva fatto in precedenza nella dichiarazione scritta.

Schöll era a conoscenza del fatto che Chablais si fosse candidato a giudice? Ha sempre tenuto informato il suo superiore sullo stato di avanzamento, risponde l'UFG. Anche prima dell'udienza? «Non posso dire con esattezza quando, ma certamente prima che si candidasse ufficialmente alla fine di aprile 2023», risponde Schöll.

Il professore di diritto penale Marcel Niggli non è convinto dell'argomentazione dell'autorità. «Ciò che conta non è se qualcuno è effettivamente di parte, ma se può sorgere l'apparenza di una parzialità», spiega alla SoZ. «L'Ufficio federale di giustizia si comporta ora come se Chablais fosse solo un burattino che legge qualcosa di preconfezionato all'udienza di Strasburgo». Anche se questo fosse vero, sarebbe preoccupante. «Allora avremmo una difesa piuttosto scadente». Ecco perché secondo l'accademico è chiaro: «Chablais avrebbe dovuto ricusarsi».

L'UFG ritiene per contro incomprensibile l'accusa di conflitto di interessi. «Il signor Chablais non sta improvvisamente lavorando per le Anziane per il clima, ma si sta trasferendo in un tribunale», afferma Schöll. Questo non ha alcun ruolo nell'elezione dei nuovi magistrati. «I nuovi giudici sono eletti dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, che è un organo indipendente dalla Corte di giustizia».

Niggli non è dello stesso parere. «Non sono solo i giudici a dover mantenere un'apparenza di imparzialità, ma tutti i rappresentanti legali», afferma. «Un avvocato difensore che sa che i suoi futuri colleghi sono seduti dall'altra parte può parlare in modo diverso». Tutto dipende dall'effetto che ha sul mondo esterno. «In questo caso, ho l'impressione che i responsabili non si siano preoccupati di come la giustizia svizzera apparisse davanti all'opinione pubblica».

Michael Schöll ribatte: «La registrazione dell'udienza è disponibile su Internet; chiunque può vedere che il signor Chablais ha difeso gli interessi della Svizzera con vigore e con i migliori argomenti». E sulle parole pronunciate dal giurista dopo il verdetto conclude:: «Dire che uno stato deve attenersi alla sentenza della Corte di giustizia è una questione di decenza istituzionale, anche se non si è contenti della sentenza», conclude.

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