Proteggiamo la pelle Creme solari: ecco perché non bisogna mischiarle

Covermedia

14.12.2021 - 16:10

I ricercatori mettono in guardia dal sovrapporre filtri solari minerali e chimici, poiché possono limitare la protezione contro i raggi UVA.

14.12.2021 - 16:10

Riapplicare la crema solare all'aperto o in spiaggia è sempre una buona idea.

Tuttavia i ricercatori stanno ora mettendo in guardia le persone dal mischiare filtri solari minerali e chimici, in quanto potrebbero limitare la protezione contro i raggi UVA.

Il suggerimento fa seguito a uno studio, per il quale scienziati dell'Università dell'Oregon e dell'Università di Leeds hanno creato cinque diverse miscele chimiche per la protezione solare SPF 15: inclusi ingredienti di filtri UV a piccole molecole approvati per l'uso nell'Unione Europea e negli Stati Uniti.

I ricercatori hanno scoperto che questi filtri solari chimici o non minerali (senza ossido di zinco) dopo essere stati esposti ai raggi UV per due ore hanno avuto cambiamenti minimi nell'assorbimento dei raggi UVA: indicando che queste formulazioni proteggono in modo affidabile la pelle.

Tuttavia, una delle miscele che conteneva ossido di zinco aveva degradato altri assorbitori UV nella miscela. Hanno infatti scoperto che nella crema solare mescolata con particelle di ossido di zinco, il fattore di protezione UVA è stato ridotto tra l'84 e il 91 per cento.

Mentre nel fattore di protezione UVA, dopo l'esposizione ai raggi UV per due ore, la crema solare originale senza ossido di zinco ha mostrato solo una perdita del 15 per cento.

«Consigliamo comunque ai consumatori di utilizzare la protezione solare, ma suggeriamo di stare attenti ed evitare di mescolare la protezione solare con l'ossido di zinco», afferma il coautore dello studio, il professor Richard Blackburn.

«Sia intenzionalmente con filtri solari ibridi che combinano filtri UV a piccole molecole con ossido di zinco, o incidentalmente mescolando la protezione solare con altri prodotti contenenti ossido di zinco, come il trucco contenente SPF».

I risultati completi dello studio sono stati pubblicati su Photochemical & Photobiological Sciences.

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