Terrorismo Attentato a un ebreo a Zurigo: «Non è un caso isolato, sono possibili altri episodi»

hm, ats

7.3.2024 - 13:01

La comunità ebraica si trova di fronte a un pericolo aumentato.
La comunità ebraica si trova di fronte a un pericolo aumentato.
Keystone

L'attentato a un cittadino ebreo avvenuto sabato sera a Zurigo non rappresenta un caso isolato ed episodi simili potrebbero verificarsi ancora.

Lo sostiene Johannes Saal, accademico all'Università di Lucerna nonché specialista dei processi di radicalizzazione e di reti jihadiste nei paesi tedescofoni.

L'attacco di Zurigo «ha avuto luogo sullo sfondo di due sviluppi», spiega l'esperto in un'intervista pubblicata oggi dall'Aargauer Zeitung. «Da un lato, si tratta di un altro atto violento ispirato allo Stato Islamico (IS) sul territorio elvetico – il terzo nel frattempo – dopo l'attacco mortale con coltello a Morges (VD) nel settembre 2020 e l'attacco con coltello a due donne nei grandi magazzini Manor a Lugano nel novembre 2020».

Aumentano pure in Svizzera gli atti di antisemitismo

Secondariamente in primo piano vi è l'assalto terroristico di Hamas a Israele del 7 ottobre 2023 e le conseguenti azioni di guerra di Tel Aviv nella Striscia di Gaza.

«Nella narrativa dei gruppi jihadisti il conflitto tra israeliani e palestinesi sta diventando un conflitto tra ebrei e musulmani. Come per i precedenti conflitti in Medio Oriente questo ha il potenziale per ispirare atti di violenza terroristica anche in Europa».

«Come in tutta Europa, anche in Svizzera gli episodi di antisemitismo sono aumentati notevolmente dopo l'attacco di Hamas», prosegue il sociologo della religione e politologo.

«Questi si sono però manifestati soprattutto sotto forma di violenza verbale, commenti online o ai margini delle manifestazioni. La violenza fisica contro gli ebrei è stata finora estremamente rara in Svizzera. I tentativi di uccidere un individuo israelita semplicemente perché è ebreo rappresentano un nuovo livello di escalation».

Non è un caso isolato, ecco perché

Saal trova però difficile parlare di caso isolato in un contesto del genere. «Da un lato, come ho già detto, c'è una continuità con gli attacchi di Morges e Lugano, anch'essi ispirati all'IS.».

«E dall'altro lato anche se l'attentatore di Zurigo molto probabilmente non ha agito in modo coordinato e come parte di un gruppo di terroristi che operano insieme, come gli autori dell'attacco al Bataclan di Parigi nel novembre 2015, ha seguito il modus operandi che l'IS ha propagandato per molti anni: attacchi che richiedono poca preparazione e mezzi facilmente reperibili come i coltelli».

Svizzera, terreno fertile per le radicalizzazioni

Ci saranno quindi altri assalti dello stesso tipo in Svizzera? «È il terzo attacco di questo tipo nel nostro paese», risponde l'intervistato.

«Non ho mai escluso la possibilità di altri attacchi in Svizzera e non la escludo nemmeno ora. Potrebbero esserci reati di imitazione e potrebbero esserci nuovi casi indipendenti da questo.».

«Ciò che è chiaro è che in Svizzera esiste il potenziale per radicalizzare le persone e renderle capaci di compiere un atto del genere».

C'è un profilo tipo di questi aggressori?

Che tipo di persone? Le ricerche non rivelano un unico profilo, ci sono diversi fattori che possono favorire su questo tipo di evoluzione.

«Da un lato, l'età: i giovani o gli adolescenti tra i 13 e i 20 anni spesso si radicalizzano. Si tratta spesso di persone che hanno difficoltà a integrarsi socialmente, a farsi degli amici a scuola o nelle associazioni.».

«Inoltre, spesso c'è una difficile ricerca di identità. Secondo le prime dichiarazioni dell'ambiente scolastico e familiare, questi fattori erano presenti anche nell'attentatore di Zurigo: si trattava di un giovane musulmano proveniente da un contesto migratorio che aveva attirato l'attenzione in quanto solitario».

«La decisione di diventar un attentatore è molto individuale»

«Sappiamo dagli studi che questo tipo di persone spesso cerca inizialmente individui che condividono la loro visione del mondo e i loro interessi. Si tratta quindi di soggetti autonomi e non di semplici vittime di un lavaggio del cervello.»

«Al momento non sappiamo se l'attentatore di Zurigo abbia avuto contatti fisici con la scena islamista locale o se sia entrato in contatto via Internet. In generale, la decisione di diventare un attentatore è molto individuale.»

«Gli investigatori spesso non sono in grado di chiarirlo completamente», conclude lo specialista di fondamentalismi.

hm, ats