«Fiasco diplomatico»Addio a Jiang Zemin, il «buon amico» che la Svizzera perse
bt, ats
30.11.2022 - 15:13
«Avete perso un buon amico». Era il 25 marzo 1999 e a pronunciare questa frase, entrata negli annali della diplomazia svizzera, fu il presidente cinese Jiang Zemin, rivolgendosi all'allora presidente della Confederazione Ruth Dreifuss.
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30.11.2022, 15:13
30.11.2022, 15:35
SDA
Il leader di Pechino, morto oggi a 96 anni, aveva così reagito senza mezzi termini a una sua movimentata visita su suolo elvetico, che assunse i contorni di un vero e proprio fiasco.
Furioso per le manifestazioni pro Tibet che lo accolsero al suo arrivo a Palazzo federale, Jiang Zemin aggiunse: «Non siete capaci di gestire questo Paese?».
Scusandosi per i toni «schietti», il presidente non fece nulla per nascondere il suo fastidio: riteneva che assicurare a un visitatore straniero un ambiente pacifico costituisse «il minimo dell'educazione». In dieci anni di trasferte nelle varie nazioni, «ho sempre ricevuto un ospitalità calorosa», si giustificò.
Reazione sincera «apprezzabile»
Il 25 marzo 1999, una selva di fischi diede il benvenuto ai funzionari cinesi giunti a Berna, tanto da provocare l'annullamento della prevista cerimonia con gli onori militari. Dopo aver fatto aspettare l'intero governo per mezz'ora sui gradini di Palazzo federale, un inviperito Jiang Zemin e il suo entourage si fiondarono direttamente nell'edificio.
Privo ormai di qualsiasi freno, il leader cinese disse al ministro di giustizia e polizia Arnold Koller di «non aver mai assistito a qualcosa del genere da nessuna parte». Nel disperato tentativo di metterci una pezza, Dreifuss disse che le manifestazioni avevano «ferito» il presidente e che la sua reazione sincera era comunque da apprezzare.
«Fa parte del nostro ordinamento giuridico permettere dimostrazioni delle minoranze o che danno voce alle opinioni dei cittadini», aveva tuttavia aggiunto la presidente della Confederazione.
Stando a Dreifuss, la delegazione cinese non aveva chiesto di far allontanare i manifestanti pro Tibet da Piazza federale o dai tetti nei dintorni dove si erano appollaiati per chiedere il rispetto dei diritti umani.
Il pompiere Adolf Ogi
All'epoca, i media non esitarono a definire l'episodio un «fiasco diplomatico», un incidente «tanto grave quanto raro» e un clamoroso «scatto d'ira» da parte di Jiang Zemin. L'immagine di quella giornata resta il volto sgomento dei membri dell'esecutivo, sotto shock per l'accaduto.
A indossare i panni del pompiere ci pensò Adolf Ogi: il consigliere federale bernese tirò fuori dalla tasca un cristallo di rocca e lo consegnò a Jiang Zemin.
Un anno dopo, stavolta in Cina, una stretta di mano fra i due stessi protagonisti chiuse simbolicamente questa pagina di storia.