«Vivere con il virus» «A volte, ho l’impressione di trovarmi in un film di zombie»

di Anna Kappeler

16.4.2020

«Disinfetto il volante e poi pulisco le mani per una seconda volta. Del resto, è meglio prevenire che curare», dichiara Fritz Haenni, autista di autobus.
«Disinfetto il volante e poi pulisco le mani per una seconda volta. Del resto, è meglio prevenire che curare», dichiara Fritz Haenni, autista di autobus.
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Il coronavirus impone a tutti una diversa quotidianità. Ma come adattarsi a questa nuova vita? «Bluewin» vi propone una serie di articoli nei quali, per una settimana, darà la parola, ogni giorno, ad un personaggio diverso. Cominciamo con un autista di autobus.

«Lavoro come autista di autobus al 100% a Friburgo per i trasporti pubblici cittadini (TPF). Com’è? No, non è piacevole lavorare durante questa crisi di m**** . Ma fortunatamente, il mio mestiere mi obbliga ad uscire di casa e a poter chiacchierare. Sono una persona socievole.

Ora, non bisogna fraintendere: il Consiglio federale ha assolutamente ragione nel dire a tutti coloro che possono farlo di restare a casa.

I servizi notturni sono davvero speciali. A volte, di sera tardi, quando attraverso la città di Friburgo deserta, ho l’impressione di trovarmi in un film di zombie. È davvero strano.

Sono contento che la porta anteriore del bus rimanga ferma e che la prima fila di sedili dietro di me resti vuota. Grazie alle barriere supplementari realizzate con dei nastri segnaletici, non ci sono mai stati incidenti con clienti che non volevano mantenere le distanze. Non vendo neppure biglietti sull'autobus. Ad ogni fermata apro tutte le porte posteriori. Queste misure di sicurezza mi bastano. Ad ogni modo, a bordo vi sono dalle cinque alle dieci persone, non di più.

Disinfetto una seconda volta: meglio prevenire che curare

Prima di ogni cambio d’autista, all’arrivo del bus nella stazione o nei grandi depositi, tutto lo spazio riservato ai conducenti viene disinfettato. È una buona cosa. Ma disinfetto un’altra volta il volante e le mani ogni volta che inizio il mio turno. Meglio prevenire che curare.

Invece ho difficoltà nel mantenere le distanze con i miei colleghi durante la pausa caffè. Bisogna fare attenzione. Il mio volante disinfettato non serve a nulla, se prima ho toccato la macchina per il caffè come tutti gli altri o mi sono seduto troppo vicino a un collega.

A proposito di Fritz Haenni

Fritz Haenni è autista di autobus a Friburgo per i trasporti pubblici della città (TPF). Il 57enne è anche presidente di sezione del Sindacato del personale dei trasporti (SEV).

Gli autisti che appartengono a gruppi a rischio non lavorano più

Da un po’ di tempo, tutti gli autisti che appartengono a gruppi a rischio restano a casa. Si tratta per esempio di persone affette da diabete, da ipertensione e cancro. Fortunatamente, continuano a percepire il 100% del loro salario.

Una carenza di autisti? No, per il momento la situazione non è drammatica. Ma a volte, i conducenti a riposo devono fare delle sostituzioni. È sopportabile perché tutti gli autobus durante la settimana circolano soltanto con la frequenza detta «sabato più», ovvero decisamente più di rado.

Molto più lavoro del solito

In questo momento, guidare un autobus è quasi un piacere. Oltre al mio mestiere di autista, sono anche presidente della sezione TPF del Sindacato del personale dei trasporti (SEV). Come sindacalista, invece, ora è incredibilmente dura, ho molto più lavoro del solito.

«In molti hanno paura. E non per il coronavirus, ma per la loro esistenza.»

Perché? Ebbene, perché sono il primo interlocutore per quegli autisti che hanno delle domande da porre. In molti hanno paura. E non per il coronavirus, ma per la loro esistenza. I lavoratori a tempo parziale o gli autisti sostitutivi, in particolare, temono di perdere il lavoro. Contano su questo stipendio, senza il quale la situazione diventerebbe rapidamente precaria.

A volte ho solo bisogno di disconnettermi

Il coronavirus crea problemi anche a casa, ovviamente. La mia compagna ha un salone di parrucchiere e dà lavoro a sette persone. Il suo salone dipende dal soccorso d’emergenza della Confederazione, senza il quale non avrebbe potuto mantenerlo e pagare il salario dei suoi impiegati. Così, grazie alle nuove misure, anche la situazione nel privato si è considerevolmente calmata.

Sono costantemente informato sull’evoluzione dell’emergenza virus. Ma a volte, ho bisogno di disconnettermi. Altrimenti, divento pazzo.»

La Serie «Vivere con il virus»

Come vive la Svizzera in tempo di coronavirus? Per una settimana, «Bluewin» dà ogni giorno la parola ad una persona diversa, in una serie di articoli dedicati alla loro nuova vita quotidiana. Queste persone svolgono professioni completamente diverse, per fornire una vasta panoramica su vite differenti.

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