BilancioIl commiato di Manuele Bertoli dal Governo dopo 12 anni
SwissTXT / red
31.3.2023
Nella conferenza stampa di commiato, il consigliere di Stato socialista ha ripercorso la sua carriera in Governo, tra successi e difficoltà.
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31.03.2023, 22:59
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Un'ora, a braccio, punto per punto. Così Manuele Bertoli venerdì, alla vigilia del fine settimana elettorale, ha ripercorso in conferenza stampa, snocciolando una lista dettagliata, i suoi 12 anni nel Governo ticinese. Ed è subito apparso chiaro che, pur occupandosi anche di cultura e sport, sia stata la scuola il centro del suo lavoro.
Dai milioni ottenuti per la digitalizzazione alla gestione della pandemia. 12 anni accompagnati da impegno, successi e difficoltà. E dal 2011, da quando siede in Consiglio di Stato, quella virata verso la scuola dell'obbligo dopo che il suo predecessore Gabriele Gendotti era stato impegnato con la nascita e lo sviluppo dell'università.
«Io credo che la scuola dell’obbligo sia davvero il centro della collettività, perché è quell’elemento forte che prepara gli adulti di domani», ha detto Bertoli ai microfoni della RSI. Una scuola che avrebbe voluto riformare di più, ma fu il popolo nel 2018 a bocciare «La scuola che verrà».
«Capita… capita nelle votazioni popolari. Credo però che il fatto che una parte consistente della riforma sia stata recuperata nel 2020, e penso che lo sarà anche in futuro, mi fa dire che le cose che devono essere fatte alla fine si impongono da sé».
Quell’entrata «difficile» in Governo e il rapporto con i docenti
Il ricordo corre anche all'elezione in Governo, nel 2011. E a quella seduta lunga e non facile che diede vita al nuovo Esecutivo, dove erano appena entrati Bertoli, Norman Gobbi e Paolo Beltraminelli.
«Poi alla fine si capì che i leghisti erano pronti a prendere il Dipartimento del territorio e quello delle Istituzioni, perché Norman era portato – diciamo così (ride, ndr) – per condurre la polizia e quella dimensione piuttosto militare… E così alla fine restammo io e Paolo Beltraminelli sul DSS e sul DECS, giungendo poi alla conclusione che doveva arrivare, perché erano ormai le 18 passate, con la soluzione che per me è sempre stata positiva».
Un impegno, quello del consigliere di Stato, che ha cambiato la sua gestione del tempo: «Delle volte mi è capitato anche di lavorare di notte, che può sembrare una cosa strana, ma è un momento che ben si presta per fare delle cose concettuali e di riflessione, senza nessuno che passa in ufficio, che scrive, che telefona, … che ti disturba».
E tra le lettere e le telefonate ricevute, ci sono state anche quelle di docenti, che hanno criticato il loro capo dipartimento, dicendosi poco ascoltati: «Posso dire che sarebbe sicuramente stato anche più facile fermarmi: avrei potuto non fare nulla, dare ogni tanto qualche ‹carezza›, affermare di capire il loro disagio… e avrei avuto forse meno nemici. Non è però questa la funzione di un Consigliere di Stato, non è la funzione di chi vuole fare progredire delle politiche».
E in quanto a trasloco, concludiamo, a che punto è? «Ho portato il pianoforte a Campo Blenio, dove ho un appartamento, e poi ho sistemato le mie casse con le mie cose, ma io non sono un accumulatore, per cui non ho molte cose da portare via… soprattutto qualche ricordo, qualche omaggio o regali legati a parti di questi dodici anni».