USA 2024 A 100 giorni dal voto volano gli insulti tra Trump e Harris

SDA

27.7.2024 - 20:53

«Una pezzente». «Uno a cui non vorresti sederti vicino neppure in un ristorante». Volano gli stracci tra Donald Trump e Kamala Harris a 100 giorni dall'Election day, in un duello sempre più testa a testa.

Donald Trump in una foto del 26 luglio.
Donald Trump in una foto del 26 luglio.
KEYSTONE/AP Photo/Alex Brandon

Secondo l'ultimo sondaggio del Wall Street Journal, la vicepresidente è indietro di sole due lunghezze (47% a 49%), nel margine di errore, dopo aver eroso però il vantaggio di sei punti che il tycoon aveva su Joe Biden prima del ritiro. Mentre in una gara con candidati terzi o indipendenti scavalca The Donald (45% a 44%).

È l'effetto luna di miele alimentato dai media e che potrebbe durare almeno sino alla convention dem (19-22 agosto), rimbalzando tra la nomination con roll call virtuale e l'attesissima scelta del vice (tra l'1 e il 7 agosto).

Alcune parole di Trump allarmano i democratici

Intanto Trump riappare per la prima volta senza la benda all'orecchio ferito nell'attentato in Pennsylvania e promette di continuare a fare comizi all'aperto, anche tornando nel luogo dove è stato colpito. «A nessuno può essere mai consentito di fermare o impedire la libertà di parola o di riunione!!!», ha avvisato su Truth, sfidando così la raccomandazione a non tenere raduni all'aperto da parte del Secret Service, che ora rafforzerà la sicurezza.

Nel suo ultimo comizio fiume a West Palm Beach al 'Summit dei credenti' del Pac di estrema destra Turning Point Action, l'ex presidente ha suscitato nuovamente tra i dem il timore di una deriva autoritaria dopo aver detto a una folla di sostenitori cristiani che non dovranno più andare alle urne, se lo faranno tornare alla presidenza.

«Cristiani, uscite e votate, anche col voto per posta o a domicilio (prassi che ha sempre condannato, ndr). Solo questa volta. Sistemeremo le cose così bene che tra 4 anni non dovrete più votare», ha promesso. Per il resto è stata una raffica di insulti a Kamala Harris, anche se il tycoon non sembra ancora aver trovato le giuste linee di attacco.

Insulti reciproci

«Fino a tre settimane fa era una pezzente, una vicepresidente fallita, la zarina del confine incapace di fermare l'invasione di milioni di migranti, carica che ora tutti tentando di negare», ha tuonato, storpiando il suo nome e dandole anche dell'antisemita e abortista estrema.

Su Truth invece ha rispolverato le sue frasi del 2020 quando era a favore del 'defund police', ossia tagliare i fondi alla polizia (ma la sinistra dem la criticava come 'Kamala the cop', Kamala la poliziotta).

Immediata la reazione della campagna di Harris contro il suo discorso «rancoroso, bizzarro e retrogrado»: «Trump non riusciva a pronunciare alcune parole, ha insultato la fede degli ebrei e dei cattolici americani, ha mentito sulle elezioni (di nuovo), ha mentito su altre cose, si è vantato di aver abrogato la Roe v. Wade, ha proposto di tagliare miliardi di dollari nei finanziamenti all'istruzione, ha annunciato che nominerà altri giudici estremisti, ha rivelato che ha intenzione di riempire la sua seconda amministrazione con altri criminali come lui, ha attaccato il voto legale... in generale sembrava qualcuno a cui non vorresti sederti vicino in un ristorante, figuriamoci se diventa il presidente degli Stati Uniti».

J.D. Vance sempre più controverso

La vicepresidente e candidata dem in pectore intanto è volata in Massachusetts per una raccolta fondi (1,4 milioni) mentre prosegue l'esame accurato dei suoi potenziali 'Vp': salgono le quotazioni del 60/enne Mark Kelly, senatore moderato dell'Arizona (stato in bilico), veterano di guerra, ex astronauta comandante di uno shuttle, ma soprattutto esperto sui problemi del confine col Messico, forse la più grande vulnerabilità della Harris.

Trump invece cerca nuovi terreni di caccia. Corteggiando il mondo dei bitcoin. E volando col suo sempre più controverso running mate J.D. Vance – ultima polemica per le dem 'gattare senza figli'- in Minnesota per allargare la roadmap elettorale: è uno stato che non vota un candidato presidenziale repubblicano dai tempi di Richard Nixon nel 1972 ma che la sua campagna considera ora contendibile, come la Virginia.

SDA