Medio Oriente «Via i palestinesi da Gaza», i no arabi al piano di Trump

SDA

26.1.2025 - 18:30

«Ripulire» Gaza spostando i palestinesi in Egitto e Giordania: Donald Trump, sprezzante verso le regole essenziali della politica internazionale, ha offerto il suo 'rivoluzionario' piano per la Striscia parlando con i giornalisti a bordo dell'Air Force One. Ma a stretto giro sono arrivati i 'no' del Cairo e di Amman, oltre a quelli più scontati di Hamas e Anp.

Donald Trump in un'immagine d'archivio.
Donald Trump in un'immagine d'archivio.
KEYSTONE/EPA/JIM LO SCALZO / PISCINA

Keystone-SDA

«Ho parlato con il re di Giordania Abdullah e gli ho detto che vorrei che si occupasse di più della questione, l'intera Striscia di in questo momento è un vero disastro», ha raccontato Trump esprimendo anche la volontà di parlare della sua idea con l'egiziano al-Sisi. «Preferirei impegnarmi con alcune nazioni arabe e costruire alloggi in un luogo diverso dove possano vivere finalmente in pace», ha aggiunto il presidente statunitense.

Un assist inaspettato per i leader dell'estrema destra israeliana che non hanno mancato si prendere la palla al balzo. «Dopo 76 anni in cui la popolazione di Gaza vive in condizioni difficili per l'aspirazione di distruggere Israele, l'idea di aiutarli a trovare altri posti in cui iniziare una vita nuova è eccellente», ha commentato il ministro Bezalel Smotrich. Sullo stesso piano l'ex ministro incendiario Itamar Ben Gvir. «Promuoviamo l'emigrazione volontaria», ha dichiarato.

Israele nega

Israele tuttavia ha ufficialmente negato di avere piani del genere. L'idea della deportazione, che piace molto al presidente tornato alla Casa Bianca, è stata comunque respinta al mittente, attraverso dichiarazioni ufficiali, sia dalla Giordania che dall'Egitto. Così come ha fatto l'Anp dopo una lunga pausa di riflessione presumibilmente a causa dell'imbarazzo derivante da quello che gli osservatori non esitano a definire come un passo falso commesso dal leader dell'Autorità.

I notiziari palestinesi della Cisgiordania hanno infatti trasmesso il video della telefonata di congratulazioni di Abu Mazen al terrorista di Jenin Yasser Abu Bakr. Rilasciato sabato nello scambio con le soldatesse, Abu Bakr stava scontando una pena di 115 anni per aver armato la cellula che nel 2002 ha sparato in un hotel uccidendo una bambina di 9 anni, un passante, due agenti e ferito 50 persone.

Uno scivolone etico e politico per il presidente dell'Anp, che con il presidente Usa si è fortemente candidato a governare Gaza dopo la guerra. Puntuale e attesa è arrivata poi anche la reazione di Hamas all'idea di Trump.

Secondo Bassem Naim, membro dell'ufficio politico dell'organizzazione, «i palestinesi faranno fallire l'idea» di mandarli via da Gaza. «Come hanno sventato ogni piano di spostamento e di patrie alternative nel corso dei decenni – ha aggiunto – anche questa volta il nostro popolo sventerà tali progetti». Ancora più netta la posizione assunta dalla Jihad islamica palestinese, secondo la quale l'idea di Trump non fa che incoraggiare i crimini di guerra.

Nuove forniture d'armi a Israele

Il presidente americano non si è però limitato a lanciare una proposta che suona come una provocazione alle orecchie dei palestinesi. Il tycoon ha anche annunciato la decisione di dare il via libera alle forniture di nuove armi ad Israele, forniture bloccate a suo tempo dall'amministrazione Biden, in particolare quelle di bombe da 2000 libbre. Una notizia che è stata ovviamente salutata con grande soddisfazione dal ministro degli esteri israeliano Gideon Saar e dal premier Benyamin Netanyahu.

Tutto ciò mentre le due tregue, in Libano e a Gaza, scricchiolano pericolosamente. Da una parte, al 60mo giorno di cessate il fuoco, l'Idf ha sparato su una massa di civili libanesi che con le bandiere gialle di Hezbollah premevano per tornare a casa nel sud del Paese. Nonostante tanto Beirut, quanto l'esercito, non abbiano dato il via al ritorno nella zona est poiché l'esercito del Paese non ha ancora concluso il dispiegamento completo, come invece ha fatto nella parte ovest.

E nell'area permane la presenza dei fondamentalisti sciiti sostenuti dall'Iran che ancora non si sono spostati del tutto a nord del fiume Litani. Con l'Idf che accusa Hezbollah di aver spinto di proposito sfollati civili alla rivolta, inviando provocatori sciiti per creare incidenti e far saltare la tregua. Il bilancio della giornata è per ora di 22 morti e 124 feriti, tutti libanesi.

La tensione a Gaza resta alta

A Gaza, la tensione non è meno alta, anche se per ora non si registrano vittime. Per tutta la giornata, migliaia di sfollati si sono assiepati sulla strada costiera in attesa di poter tornare al nord della Striscia. Lo prevedeva l'accordo, ma il mancato rilascio ieri della rapita 29 enne Arbel Yehud, civile e donna, e la mancata consegna da parte di Hamas della lista dei restanti 26 ostaggi da liberare nella prima fase – con la specifica se siano vivi o morti – ha fatto decidere a Benyamin Netanyahu di bloccare i gazawi nel centro.

Le fazioni terroristiche palestinesi hanno dichiarato che Arbel sarà liberata venerdì in cambio di 30 ergastolani palestinesi, ma questo non è previsto nell'intesa per il rilascio di civili, solo per i militari. Israele ha quindi fatto sapere che la crisi non è per niente risolta.