WikiLeaksÈ davvero l'ultima spiaggia per Assange contro la consegna agli Stati Uniti
SDA
20.2.2024 - 21:02
L'ultima spiaggia di fronte alla giustizia britannica per cercare di evitare a Julian Assange l'estradizione negli Stati Uniti e, verosimilmente, di finire i suoi giorni in una galera d'oltre oceano.
20.02.2024, 21:02
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Si gioca in una due giorni di udienze iniziata oggi, martedì, sotto lo sguardo di due giudici imparruccati dell'Alta Corte di Londra il destino della partita a scacchi con la morte del cofondatore di WikiLeaks.
Inseguito senza tregua da quasi 15 anni dalle autorità degli Stati Uniti a per aver divulgato, a partire dal 2010, circa 700'000 documenti riservati – autentici e non privi di rivelazioni imbarazzanti – sottratti al Pentagono e al Dipartimento di Stato.
Udienze dal cui esito potrebbe dipendere la sopravvivenza dell'australiano, battitore libero del giornalismo globale online, nelle parole di sua moglie Stella, convinta che in gioco «per Julian» ci sia il rischio di fare la stessa fine di Alexey Navalny: l'oppositore di Vladimir Putin stroncato in questi giorni dalla prigionia in una colonia penale russa, fra lo sdegno dell'occidente.
Assange in aula non c'è arrivato
Ma udienze che hanno preso il via in assenza del protagonista, costretto a dare forfait a causa di una condizione di salute psicofisica descritta dai suoi legali come sempre più precaria, dopo 5 anni di detenzione preventiva (in parte in isolamento) nel carcere di massima sicurezza londinese di Belmarsh.
Le sue condizioni sono state certificate da varie perizie mediche e dalla rare immagini circolate oltre le mura della prigione d'un uomo ormai invecchiato ben oltre i suoi 52 anni d'età.
Cosa deve decidere la Corte?
Da un punto di vista tecnico, l'Alta Corte di Londra dovrà pronunciarsi in secondo grado sul ricorso della difesa contro il «no» opposto in prima istanza all'ammissibilità di un estremo appello concepito per provare a inceppare la macchina dell'estradizione.
Con la contestazione della regolarità del via libera al trasferimento firmato due anni fa, a causa ancora in corso, da Priti Patel, allora ministra dell'Interno del governo conservatore britannico.
I timori degli avvocati
Ma in effetti gli avvocati di Assange, Edward Fitzgerald e Mark Summers, sollevano in parallelo pure questioni di merito.
Lo fanno evocando «una persecuzione contro la legittima attività giornalistica» del loro assistito; il rifiuto di esaminare in precedenti gradi di giudizio nuovi «elementi di prova concreti»; o ancora le informazioni svelate negli ultimi anni sui piani affidati alla CIA o ad altre agenzie americane ai tempi dell'amministrazione di Donald Trump per un possibile rapimento extra giudiziale di Assange e, in caso estremo, per il suo assassinio.
Vie legali esaurite
Il verdetto è atteso in ogni modo dopo la seconda udienza. E se il «no» al ricorso fosse confermato, le possibilità di azione legale in seno alla giurisdizione del Regno Unito risulterebbero esaurite.
Cosa che aprirebbe la strada all'estradizione dall'isola negli Usa entro un termine di 28 giorni salvo l'opzione – di dubbia efficacia, dati i precedenti – di un'istanza sospensiva d'urgenza alla Corte europea dei diritti umani da presentare entro 24 ore.
Cosa rischia Assange negli Stati Uniti?
Sulla carta, Assange rischia come pena massima negli Stati Uniti una condanna fino a 175 anni di reclusione per aver fatto circolare file che secondo Washington avrebbero messo a repentaglio la vita di agenti, informatori e interlocutori vari; ma che hanno pure contribuito a svelare crimini di guerra attributi alle forze americane dall'Iraq all'Afghanistan.
E il tutto sulla base di accuse – tanto inedite quanto contestate – di violazione dell'Espionage Act del 1917, vecchia legge mai applicata per vicende di pubblicazione mediatica di documenti.
«Un attacco alla verità»
«Julian è un prigioniero politico e la sua vita è in pericolo: ciò che è successo a Navalny in Russia potrebbe succedere a lui in America», ha sintetizzato da parte sua Stella Assange, rivolgendosi dinanzi alle Royal Courts of Justice ai reporter e a qualche centinaio di sostenitori tornati in piazza sotto le insegne di 'FreeAssange': campagna a cui aderiscono in molti nel mondo, dal governo australiano del laburista Anthony Albanese a ong come Amnesty International e agenzie dell'Onu.
«L'attacco a Julian è un attacco ai giornalisti di tutto il mondo, un attacco alla verità e un attacco al diritto dell'opinione pubblica di conoscerla», ha poi rincarato la madre dei due figli di Assange. Non senza avvertire che la decisione finale sulla sorte del marito, come in tutti i casi d'estradizione, sarà comunque «politica, non giudiziaria».