Guerra in Ucraina Armi a Kiev per la controffensiva, ma Berlino nega i tank

SDA

20.1.2023 - 22:37

Il segretario della Difesa americano Lloyd Austin
Il segretario della Difesa americano Lloyd Austin
EPA

L'ottava riunione della Lega per l'Ucraina presso la base aerea americana di Ramstein, in Germania, mostra una coalizione a due velocità. Da un lato, infatti, c'è un gruppo di Paesi disposto a correre – capitanato da Regno Unito e Polonia – e a fornire a Kiev armi finora considerate tabù, tipo i carri armati e persino i caccia F-16.

Dall'altro c'è chi frena, come la Germania. Berlino, nonostante le pressioni del pre-vertice, non ha dato il via libera all'esportazione dei suoi Leopard 2, che Kiev chiede a gran voce.

Gli USA però non hanno alcun interesse a porre l'accento sulle divergenze, sottolineando semmai «l'unità e la determinazione» della coalizione e notando che questo «potente» pacchetto di aiuti metterà l'Ucraina nelle condizioni di montare la «controffensiva di primavera».

A Ramstein – stando al conteggio del capo dello Stato Maggiore dell'esercito USA, generale Mark Milley – si sono incontrati «53 tra alleati e partner» e ognuno di loro ha dato il suo contributo.

A poche ore dall'inizio del vertice, che per la prima volta ha ospitato un intervento in videolink del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, nove Paesi europei in un comunicato congiunto hanno dato vita al «Patto di Tallinn» con l'impegno a donare all'Ucraina una serie di mezzi «senza precedenti» tra cui «carri armati, artiglieria pesante, difesa aerea, munizioni e veicoli da combattimento di fanteria».

«Nein» dalla Germania

̈Il gruppo – che comprende oltre a Gran Bretagna e Polonia anche Estonia, Lettonia, Lituania, Danimarca, Repubblica Ceca, Paesi Bassi e Slovacchia – ha poi promesso di voler «sollecitare» gli altri alleati e partner «a seguire l'esempio». Una moral suasion che a Ramstein si è infranta però sul 'nein' tedesco.

«Abbiamo parlato della possibile consegna dei Leopard» e «ci sono buone ragioni a favore e buone ragioni contro», ha detto il neoministro della Difesa tedesca Boris Pistorius. «Ma non c'è un'opinione unitaria sulla questione: la sensazione che ci sia una coalizione compatta e la Germania sia un ostacolo è sbagliata», ha sottolineato.

La ritrosia non viene dalla «paura» – è l'accusa di Kiev – ma dal senso di «responsabilità per la Germania e per l'Europa». Ovvero la possibile escalation militare che il Cremlino minaccia un giorno sì e l'altro pure. L'Occidente, ha tuonato infatti il portavoce di Putin Dmitry Peskov, si sta «illudendo» se pensa che l'Ucraina possa davvero vincere la guerra e la consegna dei tank non farebbe altro che accrescere il rischio di un coinvolgimento diretto della Nato.

Zelensky ha ringraziato gli alleati

Ma la partita non è finita qui. Zelensky ha ringraziato gli alleati per le nuove armi ma ha sottolineato che «non ci sono alternative» all'invio dei tank e Varsavia giura che ci sono 15 Paesi disposti a rompere gli indugi e che «la costruzione della coalizione» sui Leopard «si concluderà con un successo».

Il segretario della Difesa americano Lloyd Austin III ha però consigliato di non focalizzare troppo l'attenzione su «un mezzo solo» – ovvero i carri – e si è detto convinto che il pacchetto da 2,5 miliardi di dollari deciso da Washington, specie in combinazione con gli aiuti decisi dagli altri alleati, sarà sufficiente ("se usato in modo appropriato") a dare a Kiev una posizione di vantaggio sul campo di battaglia per «recuperare i territori occupati».

Ecco, sul punto Milley è stato forse più pragmatico: «È difficile», benché non «impossibile», che l'Ucraina possa «espellere tutte le forze russe dal suo territorio» nell'arco del 2023, semmai si potranno fare passi avanti «sostanziali». Chi gli chiedeva poi se fosse davvero caduto il veto americano sugli attacchi contro la Crimea con armi Usa si è trovato davanti a un no-comment: «Non discutiamo in pubblico le regole d'ingaggio».

Austin ha comunque suonato la carica, come al solito. «È il momento di non cedere, non indugeremo e non esiteremo ad aiutare l'Ucraina: questo è un momento decisivo per Kiev e per tutto il mondo, si tratta del futuro che vogliamo dare ai nostri figli e nipoti». Washington in serata ha designato come organizzazione criminale transnazionale la società militare privata russa Wagner (50 mila gli effettivi stimati in Ucraina), preannunciando ulteriori sanzioni la prossima settimana contro la compagnia di mercenari e il suo network di sostegno in vari continenti.

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