Guerra in Ucraina Tra gli ebrei di Leopoli: «Il nazista è Putin»

SDA

12.3.2022 - 20:13

Notte di bombardamenti nei sobborghi di Kiev, dove lungamente hanno risuonato le sirene degli allarmi, così come a Leopoli, Cherasky, Charkiv e in altre città. 
Notte di bombardamenti nei sobborghi di Kiev, dove lungamente hanno risuonato le sirene degli allarmi, così come a Leopoli, Cherasky, Charkiv e in altre città. 
KEYSTONE/EPA/ZURAB KURTSIKIDZE

Il sabato di Leopoli è cominciato con un lungo allarme aereo, il più lungo dall'inizio della guerra. Ma appena cessato, alle prime luci dell'alba, la vita della nuova «capitale» ucraina ancora lontana dal fronte è ripresa con ostinata normalità, la passeggiata al parco con il cane, il passeggino, i primi caffè al bar ancora sonnecchiando.

E con la preghiera dello Shabbat per gli ebrei di Leopoli, decimati dai nazisti da 200.000 a poche migliaia di superstiti. «Ma il nazista ora è Putin, altro che denazificazione dell'Ucraina, adesso è lui che si comporta come Hitler», taglia corto una signora appena sente il nome del presidente russo.

La sinagoga Tsori Gilod è l'unica in città a essere sopravvissuta alla Seconda guerra mondiale, e solo perché fu trasformata in una stalla dalle truppe tedesche.

«Oggi pregano qui poche decine di fedeli, arrivano a un centinaio per le feste ebraiche più importanti», spiega il custode parlando con l'ANSA, mentre il luogo di culto resta inaccessibile per la funzione in corso. Gli altri «pregano in casa», o sono ebrei laici, non praticanti, come il presidente Volodymyr Zelensky.

Nel cortile esterno però l'attività è incessante: sono appena arrivati due pulmini di sfollati, con l'aiuto dell'ong israeliana Yad Ezer Lechaver, che in questi giorni ha portato in salvo anche due sopravvissute all'Olocausto, di 83 e 93 anni. Dopo giorni di viaggio da Kharkiv, quasi al confine russo, passando per Dnipro, un guasto meccanico e finalmente a Leopoli. Una ventina di persone, molti anziani, hanno portato con sé pochi pacchi, gatti e cagnolini.

«Tra poco raggiungiamo mia madre in Polonia»

Daria ha 12 anni, ed è l'unica che sorride: «Tra poco raggiungiamo mia madre in Polonia, lei lavora lì». Ma il nonno ha ancora gli occhi lucidi e le mani tremanti. A suoni si fa capire bene: «Boom..! boom..! boom...!», incessante e ritmato. «Abbiamo vissuto 14 giorni nella metropolitana di Kharkiv, non è umano, chi piangeva, chi prendeva freddo e tossiva. Noi non abbiamo fatto niente di male ai russi».

«La strada da Dnipro era tranquilla, ma all'altezza di Kropivnitskiy c'è stato un allarme aereo, ci siamo fermati per cercare un rifugio e per un guasto a uno dei pulmini», dice nonna Viktoria. «Sei ore fermi per un guasto», ripete con una risata nervosa.

«Siamo un popolo di pace»

«Io sono russa, sono arrivata dagli Urali a 7 anni, ma mi sento ucraina – racconta poi la signora Rima, la bisnonna di Daria, che si riscalda al sole tiepido del cortile -. Siamo un popolo di pace, non ci aspettavamo che ci bombardassero così, che colpissero gli asili nido, le case, che distruggessero tutto...».

Del ghetto di Leopoli, raso al suolo dai nazisti nel 1943 con tutti i suoi abitanti, resta il perimetro, con una stele e i nomi di alcune delle 136.800 vittime scalfiti nelle targhe sul prato.

Dall'altro lato della strada, tra la linea ferroviaria e il macabro suono di un treno che passa, il ghetto è stato parzialmente ricostruito nel museo «Territorio del terrore». Da Leopoli riuscì a sopravvivere Simon Wiesenthal.

«Per Putin gli ucraini sono nazisti? Niet – risponde la signora Rima -, qui nessuno ci offende. I russi vogliono farci vivere a modo loro, ma nessuno può dirmi come devo vivere». Né come morire.

SDA