PoliticaTerremoto di ultradestra nei Paesi Bassi, nell'UE è incubo Nexit
SDA
23.11.2023 - 21:27
Una vittoria monstre a cui forse non credeva nemmeno lui. E che nessuno, né a L'Aja né a Bruxelles, aveva visto arrivare. Subito dopo il trionfo per Geert Wilders è già tempo di mettersi alla ricerca di alleati per realizzare il sogno di diventare primo ministro dopo anni passati a trainare l'opposizione.
Keystone-SDA
23.11.2023, 21:27
23.11.2023, 22:19
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Subito dopo il trionfo per Geert Wilders è già tempo di mettersi alla ricerca di alleati per realizzare il sogno di diventare primo ministro dopo anni passati a trainare l'opposizione.
Il terremoto politico scatenato dalla cavalcata del suo Partito per la libertà (Pvv) si propaga in tutto il Continente.
Il rischio di una Nexit, l'uscita dei Paesi Bassi dall'Unione europea professata da Wilders, si sono affrettati ad assicurare da Palazzo Berlaymont, non esiste.
E il terremoto politico scatenato dalla cavalcata del suo Partito per la libertà (Pvv) si propaga in tutto il Continente. A partire dalle istituzioni Ue, dove l'agenda anti-Islam ed euroscettica del leader olandese fa suonare l'allarme.
Il rischio di una Nexit – l'uscita dei Paesi Bassi dall'Unione europea professata da Wilders -, si sono affrettati ad assicurare da Palazzo Berlaymont, non esiste. Ma, dopo le elezioni in Spagna, Slovacchia, Polonia e Paesi Bassi, il bilancio parla chiaro: quel «vento del cambiamento» salutato dai sovranisti di tutta Europa spira ancora e lascia aperti molti scenari per le Europee del giugno 2024.
Sottovalutato dai sondaggisti fino a quarantotto ore prima del voto, volato poi in testa ai pronostici della vigilia, Wilders non hai mai nascosto le sue ambizioni. Quando nei giorni scorsi davanti a lui sembrava esserci la candidata dei liberali di destra (Vvd) Dilan Yesilgoz, il leader islamofobo ed euroscettico aveva fatto sapere di gradire «molto» l'eventualità di «co-governare».
Precisando che con la ministra uscente della Giustizia, considerata l'erede di Mark Rutte dal pugno però più duro nei confronti dei migranti, potrebbe essere possibile realizzare il suo slogan di «riportare i Paesi Bassi al primo posto».
I numeri sono dalla sua parte
Ora però che i numeri sono tutti a suo favore – ben 37 i seggi conquistati -, e che l'ex bambina rifugiata dalle origini curde ha deluso le attese e si è piazzata terza (conquistando 24 seggi) alle spalle dei Laburisti-Verdi di Frans Timmermans (25), le prospettive che si aprono per il vincitore delle elezioni e i Paesi Bassi interi sono assai diverse.
Ago della bilancia per l'intero arco politico di destra, Wilders ha promesso di essere «primo ministro per tutti», assicurando di voler lasciare da parte l'incendiaria retorica contro i musulmani. Ma per conquistare Palazzo Binnenhof dovrà convincere gli altri partiti ad unirsi a lui. L'obiettivo sono 76 seggi sui 150 in palio alla Camera Bassa degli Stati Generali dei Paesi Bassi.
Il ruolo di Pieter Omtzigt
A essere determinante allora potrebbe essere l'anti-establishment PieterOmtzigt che, con il suo neonato Nuovo contratto sociale (Nsc), è riuscito a portare a casa 20 seggi. Finora aveva sempre escluso ogni possibile cooperazione con Wilders, precisando anche che nel suo governo ideale vorrebbe avere solo «ministri specializzati».
Ma a L'Aja inizia a farsi largo l'ipotesi che sarà proprio lui a sdoganare un'alleanza a destra con il leader del Pvv e Yesilgoz – arrivando a quota 81 seggi -, sostenuta anche dal movimento BBB a difesa degli agricoltori (7 seggi) e dal populista Thierry Baudet, fiaccato dai soli 3 seggi ottenuti.
Se però Omtzigt non scendesse a patti con loro, la strada del governo potrebbe aprirsi anche ad una coalizione moderata ed europeista con Timmermans – al quale per ora non resta che «difendere la democrazia e lo stato diritto» – tagliando di fatto fuori il trionfatore del voto.
I leader della destra sovranista europea tifano per Wilders
Scenari opposti davanti ai quali trovare una quadra sarà questione di settimane o, probabilmente, mesi. A tifare per Wilders premier sono tutti i leader della destra sovranista europea, subito accorsi a celebrare l'olandese: da Matteo Salvini al premier ungherese Viktor Orban, fino alla francese Marine Le Pen e allo spagnolo Santiago Abascal (che però in Ue è alleato di Fratelli d'Italia).
Per la casa della Lega al Parlamento europeo, Identità e democrazia, si tratta di un «segnale importante» che apre anche alla possibilità di portare un leader al tavolo del Consiglio europeo. Ma, guardando al voto del giugno 2024, il risultato olandese riporta in quota l'asse della destra unita, dai Conservatori (Ecr) di Giorgia Meloni al Partito popolare europeo (Ppe).
Dopo la netta presa di distanza dagli estremismi durante le elezioni in Polonia, il leader tedesco del Ppe Manfred Weber per ora resta a metà del guado: l'euroscetticismo è da combattere, ma su migrazione ed economia serve un cambio di passo.